Professione e Mercato

Lo stato di emergenza per l'avvocatura durante la pandemia da Covid-19

L'organizzazione del lavoro forense si è dovuta adattare a soluzioni per il rispetto delle norme di distanziamento, di riduzione della mobilità e di contrasto alla diffusione del contagio - La mediazione della tecnologia ha ridotto il valore relazionale e intangibile della prestazione professionale

di Lorica Marturano*

Come noto, gli anni 2020 e 2021 sono stati tristemente caratterizzati dall'emergenza sanitaria per Covid-19 che ha fortemente impattato, a tanti livelli, costringendo a ripensare alle modalità consuete di vivere e di lavorare.

In tale contesto, è stato necessario convertire in modalità telematica lo svolgimento di tutte le attività, a partire dalla modalità di deposito delle pratiche da parte degli iscritti all'Ordine degli Avvocati.

L'organizzazione del lavoro forense si è dovuta adattare a soluzioni che rispettassero le norme di distanziamento, di riduzione della mobilità e di contrasto alla diffusione del contagio. Il contatto a distanza con i clienti, gli scambi con i colleghi e in generale le relazioni di lavoro hanno avuto bisogno di una fase di apprendimento, certamente utile per allargare il raggio d'azione attraverso le piattaforme di comunicazione, ma in fin dei conti, la mediazione della tecnologia ha ridotto il valore relazionale e intangibile della prestazione professionale.

Occorre, a tal proposito ricordare l'iter normativo che ha accompagnato, supportato e contenuto gli sviluppi della pandemia da Covid-19, gestendone, altresì, gli effetti.
In Italia, il 31 gennaio 2020, il Consiglio dei Ministri ha ufficializzato, lo stato di emergenza, per sei mesi dalla data del provvedimento, al fine di consentire l'emanazione delle necessarie ordinanze di Protezione civile, in deroga ad ogni disposizione vigente e nel rispetto dei principi generali dell'ordinamento giuridico; ha deliberato, inoltre, lo stanziamento dei fondi necessari per dare attuazione alle misure precauzionali derivanti dalla dichiarazione di emergenza internazionale effettuata dall'O.M.S. Il provvedimento è stato prorogato sino al 31 dicembre 2021 dall'art. 6 del decreto legge n.105 del 23 luglio 2021 convertito con la legge 16 settembre 2021, n. 126 recante: «Misure urgenti per fronteggiare l'emergenza epidemiologica da COVID-19 e per l'esercizio in sicurezza di attività sociali ed economiche».

All'approssimarsi di tale scadenza, larghi strati della popolazione hanno contestato l'adozione di questo provvedimento ritenendolo illegittimo, nel silenzio della Carta costituzionale. La Costituzione italiana infatti non prevede disposizioni in merito all'emergenza sanitaria, ma, unicamente, lo "stato di guerra" all'art. 78, che deve essere deliberato dalle Camere e dichiarato dal Presidente della Repubblica ex art. 87 Cost., e in costanza del quale il Parlamento deve conferire al Governo i «poteri necessari».

Pertanto, non essendovi alcuna norma in Costituzione che prevede lo stato di emergenza, diventa difficile stabilire un termine finale per la dichiarazione dello stesso.

Seppur non previsto dalla Costituzione, lo stato di emergenza riceve pertanto una disciplina a livello di legge ordinaria, la cui prima regolamentazione si deve alla legge n. 225 del 1992 (istitutiva del Servizio nazionale della protezione civile), in ultimo compiutamente riformata con il d.lgs. n. 1 del 2018 ( Codice della protezione civile ).

La vecchia dizione della proclamazione dello stato di emergenza prevedeva un periodo di giorni 180, prorogabile di ulteriori 180. Ora il comma 3 dell'art. 24 del Decreto Legislativo n.1/2018, raddoppia tale periodo (12 mesi prorogabile di altri 12).

Inoltre, l'art. 7 del Codice della Protezione Civile prevede tre gradi crescenti di emergenza fra cui, il più elevato, quello previsto dalla lettera c) del comma 1, che così recita: "emergenze di rilievo nazionale connesse con eventi calamitosi di origine naturale o derivanti dall'attività dell'uomo che in ragione della loro intensità o estensione debbono, con immediatezza di intervento, essere fronteggiate con mezzi e poteri straordinari da impiegare durante limitati e predefiniti periodi di tempo ai sensi dell'art. 24".

La dichiarazione dello stato di emergenza, pertanto, attribuisce poteri speciali al servizio nazionale di Protezione Civile, consentendo l'emanazione delle ordinanze previste dall'art. 25, adottate in deroga ad ogni disposizione vigente nel rispetto dei principi generali dell'ordinamento giuridico e delle norme dell'Unione Europea. Le ordinanze sono emanate acquisita l'intesa delle Regioni e, ove rechino deroghe alle leggi vigenti, devono contenere l'indicazione delle principali norme a cui si intende derogare e devono essere specificamente motivate.

Per quanto concerne il Presidente del Consiglio dei Ministri, il comma 7 dell'art. 24 del Decreto Legislativo n.1/2018 statuisce che "Con direttiva da adottarsi ai sensi dell'art. 15 sono disciplinate le procedure istruttorie propedeutiche all'adozione della deliberazione dello stato di emergenza di rilievo nazionale e i relativi adempimenti di competenza dei Presidenti delle Regioni e Province autonome e del Cap del Dipartimento della protezione civile".

Invece, l'art. 15 regola le "Direttive del Presidente del Consiglio dei ministri e le conseguenti indicazioni operative" e prescrive che "le direttive del Presidente del Consiglio dei ministri assicurano, sul piano tecnico, l'indirizzo unitario, nel rispetto delle peculiarità dei territori …". Si ritiene che i DPCM emanati nel corso della pandemia da Covid-19 siano stati emanati ai sensi del citato art. 15 del Decreto Legislativo n. 1/2018.

Sussistono, poi, dei limiti dei poteri dello stato di emergenza derivanti dalla normativa internazionale ed in primis quelli previsti dalla Convenzione Europea dei Diritti dell'Uomo, la quale stabilisce all'art. 15 che le misure adottate non devono essere in conflitto con gli altri obblighi del diritto internazionale. Anche la Convenzione Internazionale sui Diritti Civili e Politici delle Nazioni Unite adottata nel 1966 ed entrata in vigore il 23 marzo del 1976 all'art. 4 disciplina lo stato di emergenza e dà la possibilità di derogare agli obblighi assunti dalla sottoscrizione della Convenzione salvo che ciò non determini discriminazioni basate sulla razza, colore, sesso, lingua, religione e ceto. Al riguardo si ritiene che la normativa emanata in Italia durante la pandemia da Covid-19 sia stata rispettosa di tali disposizioni.

Pertanto, si è dell'avviso che, in assenza di una disciplina costituzionale dello stato di emergenza, anche il termine dei due anni previsto dal Decreto Legislativo n.1/2018 per la dichiarazione di tale stato, possa essere superato con l'azione di un provvedimento normativo ad hoc, non certo con un semplice DPCM.

Con D.L. n. 105/2021 del 23 luglio 2021 , recante "Misure urgenti per fronteggiare l'emergenza epidemiologica da COVID-19 e per l'esercizio in sicurezza di attività sociali ed economiche", l'art. 1 «in considerazione del rischio sanitario connesso al protrarsi della diffusione degli agenti virali da COVID-19» proroga lo stato di emergenza al 31 dicembre 2021, includendo tutte le misure anti-COVID per la giustizia civile e penale.

Nello specifico, vengono prorogate le «disposizioni di cui all'art. 221, commi 3, 4, 5, 6, 7, 8 e 10 del d.l. 34/2020, convertito, con modificazioni, dalla l. 77/2020, nonche' le disposizioni di cui all'art. 23, commi 2, 4, 6, 7, 8, primo, secondo, terzo, quarto e quinto periodo, 8-bis, primo, secondo, terzo e quarto periodo, 9, 9-bis, 10, e agli artt. 23-bis, commi 1, 2, 3, 4 e 7, e 24 del d.l. 137/2020, convertito, con modificazioni, dalla l. 176/2020».

Si prevede inoltre che «le disposizioni cui all'art. 23, commi 8, primo, secondo, terzo, quarto e quinto periodo, e 8-bis, primo, secondo, terzo e quarto periodo, e all'art. 23-bis, commi 1, 2, 3, 4 e 7, del d.l. 137/2020 non si applicano ai procedimenti per i quali l'udienza di trattazione è fissata tra il 1° agosto 2021 e il 30 settembre 2021».

Per quanto riguarda il processo civile, l'art. 7 prevede:
• il deposito telematico obbligatorio per tutti gli atti;
• la trattazione cartolare;
• il ricorso alla video udienza (la possibilità del giudice di collegarsi online per parteciparvi);
• le note scritte per la separazione consensuale e divorzio;Per ciò che attiene il processo penale, invece, lo stesso articolo prevede, tra le varie misure:
• gli atti da remoto nelle indagini preliminari;
• le udienze in videoconferenza per i detenuti;
• il deposito telematico e via PEC per gli atti;
• l'udienza cartolare in appello.

Di fronte a questa situazione d'eccezione, le compensazioni e le indennità previste dal governo e veicolate attraverso le casse previdenziali delle professioni hanno in parte ridotto il disagio economico che ha seguito la caduta libera del fatturato dei professionisti.

Come già si temeva, in data 14 dicembre 2021 è stato approvato il decreto legge che estende di altri tre mesi (fino al 31 marzo 2022) le misure legate al contrasto della pandemia: "In considerazione del rischio sanitario connesso al protrarsi della diffusione degli agenti virali da Covid-19, lo stato di emergenza dichiarato con deliberazione del Consiglio dei ministri del 31 gennaio 2020, è ulteriormente prorogato fino al 31 marzo 2022".

La Corte Costituzionale, con sentenza n. 231 del 2021, pubblicata in G.U. del 17.11.2021, nella parte conclusiva aveva lanciato "un monito" al legislatore sostenendo che, se l'eccezionalità della pandemia da COVID-19 giustifica, nell'immediato e per un limitato periodo di tempo, la sospensione dell'esecuzione dei provvedimenti di rilascio degli immobili, d'altra parte però questa misura emergenziale è prevista fino al 31 dicembre 2021 e deve ritenersi senza possibilità di ulteriore proroga, avendo la compressione del diritto di proprietà raggiunto il limite massimo di tollerabilità, pur considerando la sua funzione sociale (art. 42, secondo comma, Cost.).

Molti comportamenti, considerati consueti e consolidati, sono mutati in qualcosa di nuovo di cui non si conoscono ancora tutte le implicazioni. Di non poco rilievo le difficoltà connesse alla necessità di spiegare, tempestivamente, ai clienti interessati a procedimenti pendenti presso le giurisdizioni di ogni ordine e grado, la girandola di decreti legge, dpcm, circolari, nuovi termini di sospensione, etc. che hanno travolto l'attività giurisdizionale.

L'emergenza Coronavirus - ormai lo abbiamo purtroppo assimilato - crea incertezza, agitazione, dubbi in ogni principale ambito di attività di uno studio legale, con conseguenze che hanno avuto un forte impatto sull'attività degli avvocati.

Secondo il rapporto Censis del 2021, il 35,0% degli italiani considera la riforma della Giustizia la prima cosa da fare per fare uscire il Paese dalla crisi economica e tornare a crescere. Tale affermazione si associa alla necessità di rinnovamento di un sistema chiamato a tutelare i diritti dei cittadini, che attualmente non è più in grado di fare.

In altre parole, s'impone il dovere di reagire e di ricostruire su basi nuove i processi che governano lo sviluppo del Paese e che possono ancora migliorare il benessere materiale e immateriale della società.In tale scenario, non andrà mai svilito il ruolo e l'importanza degli avvocati che, come scrisse il grande Pietro Calamandrei, "non sono né giocolieri da circo, né conferenzieri da salotto: la giustizia è una cosa seria".

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*A cura di Lorica Marturano, Partner 24 ORE Avvocati, Avvocato d'Affari, esperto in Relazioni Istituzionali e Public Affairs, Curatore Fallimentare

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