Famiglia

Assegno di divorzio, per ricostruire i redditi non basta la dichiarazione

Documenti inattendibili o non depositati: il giudice deve cercare altri elementi

di Giorgio Vaccaro

Per riconoscere l’assegno divorzile, il giudice deve in prima battuta accertare lo squilibrio tra i redditi degli ex coniugi, che è il «prerequisito fattuale», e poi deve valutare la riconducibilità al ruolo svolto all’interno della famiglia. E per stabilire la situazione economica, non sono sufficienti le dichiarazioni dei redditi (che possono essere non attendibili o incomplete), ma occorre tenere conto anche di altri elementi. Lo ha ricordato la Cassazione che, con due recenti ordinanze (32644 del 7 novembre 2022 e 33381 dell’11 novembre 2022), ha dato indicazioni sulle modalità per l’accertamento e la valutazione dei redditi.

In particolare, l’ordinanza 32644 ha confermato la decisione dei giudici di merito di non attribuire l’assegno divorzile alla ex moglie che lo richiedeva per mancanza di squilibrio tra i suoi redditi e quelli dell’ex marito. Infatti, per la Cassazione, la Corte d’appello ha ricostruito correttamente la situazione economica, valutando «inattendibili» le dichiarazioni fiscali presentate dalla ex moglie e considerando altri elementi: il fatto che la ex moglie abbia costituito e amministrato una società di consulenza immobiliare, di cui detiene il 95% delle quote; e il fatto che abbia avuto, dopo la separazione, un tenore di vita denotante l’autosufficienza economica.

Con l’ordinanza 33381, la Cassazione ha invece confermato la decisione della Corte d’appello che aveva attribuito l’assegno divorzile alla ex moglie sul presupposto della disparità reddituale e del difetto dell’autonomia economica, a nulla rilevando il mancato o tardivo deposito dei suoi documenti reddituali. Afferma infatti la Cassazione come «la mancata esibizione delle dichiarazioni reddituali da parte del coniuge richiedente l’assegno non si traduce nella presunzione dell’insussistenza delle condizioni per ottenere l’assegno, né tantomeno nella presunzione della percezione di un reddito equivalente a quello» dell’altro coniuge, ma si traduce in un onere per il giudice, che deve «motivare, anche sulla base di elementi presuntivi, sull’esistenza della disparità di redditi, di patrimoni e dell’effettivo tenore di vita». La Corte d’appello ha «elencato una serie di fatti che nella loro valutazione complessiva consentivano di accertare il requisito della disparità di situazione economica e dell’assenza di mezzi adeguati dell’ex moglie e della sua impossibilità a procurarseli». La Corte d’appello ha quindi valutato che «nella specie non potesse trascurarsi il criterio assistenziale, in presenza di un quadro probatorio che conduceva al difetto dell’autosufficienza». Tale analisi, insieme al fatto che la ex moglie abbia provato di essersi dedicata alla conduzione della vita familiare in via pressoché esclusiva durante il matrimonio, ha portato a confermare l’assegno divorzile.

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