Casi pratici

Concessioni balneari e occupazione abusiva

L'occupazione dei beni demaniali marittimi

di Serena Gentile

la QUESTIONE

Quando si realizza il reato di abusiva occupazione di spazio demaniale previsto dall'art. 1161 Codice Navigazione? Che rapporto intercorre con il reato di invasione di terreni o edifici di cui all'art. 633 c.p.? L'incompatibilità della normativa interna con quella europea in materia di concessioni demaniali può condurre alla configurabilità criminosa delle fattispecie in esame?

Di primigenia rilevanza ai fini della trattazione delle questioni oggetto del presente contributo è l'analisi del concetto di bene demaniale, nel quale si collocano le coste e le spiagge.
Ai sensi dell'art. 822 c.c. i beni demaniali sono quelli che appartengono al patrimonio dello Stato, delle Provincie o dei Comuni, distinguendosi tra:
• demanio necessario, costituito da beni che per loro natura non possono che appartenere allo Stato o ad altri enti pubblici territoriali, quali: il demanio idrico (i fiumi, i torrenti, i laghi e le altre acque definite pubbliche dalle leggi in materia); il demanio militare (le opere destinate alla difesa nazionale) e il demanio marittimo (il lido del mare, la spiaggia, le strade e i porti);
• demanio accidentale (o eventuale), costituito da beni che non appartengono naturalmente allo Stato e che, tuttavia, possono entrare a far parte del patrimonio statale se di proprietà di uno degli enti pubblici territoriali.
Qualunque spazio o bene demaniale, pertanto, non può essere occupato se non attraverso una specifica autorizzazione da parte dell'ente di appartenenza. Con precipuo riguardo all'occupazione di fasce costiere e di spiagge è necessaria la cosiddetta concessione del demanio marittimo.
A tutela del libero godimento dei beni demaniali marittimi la legge predispone una serie di strumenti, tra i quali il presidio di natura penalistica avverso qualunque comportamento che impedisca alla collettività di accedere al lido del mare. Tant'è che, in assenza di una concessione balneare, il soggetto autorizzato all'attività economica di ombrelloni e lettini risponde dell'ipotesi contravvenzionale contemplata dall'art.1161 Cod. Nav. qualora non siano gli utenti ad installare siffatta attrezzatura in spiaggia (in tal senso, Cass. pen., Sez.III, sentenza 11 febbraio 2022, n. 11613).

Il reato previsto dall'art. 1161 del Codice della Navigazione
L'art. 1161 del Codice della Navigazione, rubricato «Abusiva occupazione di spazio demaniale e inosservanza di limiti alla proprietà privata», prevede che «Chiunque arbitrariamente occupa uno spazio del demanio marittimo o aeronautico o delle zone portuali della navigazione interna, ne impedisce l'uso pubblico o vi fa innovazioni non autorizzate, ovvero non osserva i vincoli cui è assoggettata la proprietà privata nelle zone prossime al demanio marittimo od agli aeroporti, è punito con l'arresto fino a sei mesi o con l'ammenda fino a euro 516,00, sempre che il fatto non costituisca un più grave reato.Se l'occupazione di cui al primo comma è effettuata con un veicolo, si applica la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da euro 103,00 (4) a euro 619,00 (5); in tal caso si può procedere alla immediata rimozione forzata del veicolo in deroga alla procedura di cui all'articolo 54».
Si tratta di una fattispecie di parte speciale, di natura permanente, che contempla quattro ipotesi contravvenzionali: «l'arbitraria occupazione di spazio dei demanio marittimo», l'esercizio di attività che ne «impediscono l'uso pubblico», l'esecuzione in tali zone di «innovazioni non autorizzate» e l'«inosservanza delle disposizioni degli artt. 55, 714 e 716 del Codice della Navigazione».
L'elemento materiale del reato, pertanto, non pùò prescindere dall'esatta qualificazione dello spazio oggetto della condotta illecita, dovendosi trattare necessariamente di un bene del demanio marittimo, aeronautico o portuale secondo quanto statuito dalla legge. Dal punto di vista soggettivo, vertendosi in area contravvenzionale, il reo è punibile per dolo o per colpa.
L'ipotesi fattuale più problematica tra quelle contemplate dall'art. 1161 c.c. è l'occupazione arbitraria dello spazio demaniale marittimo, da doversi ritenere integrata in assenza di un valido ed efficace titolo concessorio, rilasciato in precedenza, non surrogabile da altri atti, ovvero allorquando il provvedimento autorizzativo sia scaduto o inefficace (in tal senso, Cass.Pen., Sez. 3, sentenza 24 novembre 2017, n. 4763). Non di rado accade che dinanzi ad un'occupazione del demanio non arbitraria sussistano, tuttavia, violazione di tipo urbanistico e/o paesaggistico per la realizzazione o il mantenimento di opere non autorizzate dall'ente di competenza.

Il concorso con il reato di cui all'art. 633 c.p.
Secondo la giurisprudenza di legittimità, la permanenza della contravvenzione di cui all'articolo 1161 Codice della Navigazione cessa con l'estromissione dell'occupatore abusivo e quindi con il sequestro del bene. In tal caso, tuttavia, potrebbe configurarsi anche il reato di cui all'art.633 c.p., atteso che, sebbene tale fattispecie presupponga che l'occupante non abbia il possesso del bene, a seguito del sequestro e della conseguente estromissione dal possesso deve considerarsi che l'occupante perde la disponibilità del suolo demaniale occupato, conservando la mera detenzione dello stesso nella qualità di custode giudiziario nominato dall'autorità giudiziaria. Da ciò consegue che qualora il soggetto agente, violando i sigilli apposti a garanzia della conservazione della cosa, continui ad occupare i beni oggetto di sequestro, risponde di un'ulteriore condotta criminosa anch'essa di natura permanente. In ipotesi di tal fatta, a tenore dei principi espressi dalla corte di Cassazione, la contravvenzione di cui all'art. 1161 cod. nav., che ha natura permanente, può concorrere con il delitto di cui all'articolo 633 c.p., anch'esso eventualmente permanente. Vi è, infatti, un'obiettiva diversità degli interessi tutelati e delle condotte illecite ipotizzate dalle norme incriminatici: nel delitto di cui all'articolo 633 c.p. l'elemento materiale è costituito dall'introduzione arbitraria e per un congruo lasso di tempo in terreni o edifici altrui allo scopo di occuparli e trarne profitto con dolo specifico; invece, la contravvenzione di cui all'art. 1161 cod. nav. Si configura con l'effettiva occupazione del demanio marittimo a titolo di dolo o colpa (ex multis, Cassazione Penale, Sez. III, sentenza 9 novembre 2004, sentenza n. 48520).

Il divieto di proroga automatica delle concessioni balneari
Il tema della prorogabilità e del rinnovo delle concessioni demaniali marittime, di recente, è stato oggetto di pronunce epocali emesse dalla Corte di Giustizia, dalla Corte Costituzionale e dal Consiglio di Stato.
L'art. 1, c. 2, del D.L. n. 400/1993, convertito in Legge n. 494/1993, stabiliva che le concessioni dei beni demaniali marittimi «hanno durata di sei anni» e «alla scadenza si rinnovano automaticamente per altri sei anni e così successivamente ad ogni scadenza». L'articolo 37 del codice della navigazione, altresì, disponeva in caso di rinnovo di una concessione demaniale marittima "la preferenza" in favore del concessionario uscente rispetto alle nuove istanze (c.d. diritto di insistenza).
Questa impostazione veniva superata dall'art. 1, c. 18, del D.L. n. 194 del 2009, convertito in Legge n. 25/2010, che introduceva – per la fase transitoria – una proroga automatica e generalizzata di alcune delle concessioni in essere. Il contenuto dispositivo di tale ordito normativo dava luogo all'apertura di una procedura d'infrazione comunitaria contro lo Stato italiano per la violazione dell'art. 43 del Trattato CE (ora art. 49 del TFUE), poi estesa al mancato adeguamento all'art. 12, c. 2, della direttiva n. 2006/123/Ce (c.d. Direttiva Bolkestein), che limita la durata del rapporto concessorio e vieta procedure di rinnovo automatico o altri vantaggi al prestatore uscente.
Nonostante la procedura di infrazione, veniva disposta un ulteriore proroga sino al 31 dicembre 2020 delle concessioni demaniali in essere alla data del 30 dicembre 2009 ed in scadenza entro il 31 dicembre 2015.
La Corte di Giustizia dell'Unione Europea, nel 2016, pronunciandosi in materia di servizi nel mercato interno e con specifico riguardo allo svolgimento di attività economiche che prevedono l'utilizzo di risorse naturali scarse (secondo una valutazione di scarsità che "spetta al giudice nazionale"), ha cristallizzato alcuni principi cui gli Stati membri devono attenersi:
1)l'art. 12 della Direttiva Bolkeinstein deve essere interpretato nel senso che osta a una misura nazionale che prevede la proroga automatica delle autorizzazioni demaniali marittime e lacuali in essere per attività turistico-ricreative, in assenza di qualsiasi procedura di selezione tra i potenziali candidati;
2)l'art. 49 TFUE, che presidia la libertà di stabilimento, deve essere interpretato nel senso che osta a una normativa nazionale che consente una proroga automatica delle concessioni demaniali pubbliche in essere per attività turistico-ricreative, nei limiti in cui tali concessioni presentano un interesse transfrontaliero certo.
La rilevanza della problematica concessoria e l'ostinazione statale ad attuare siffatte proroghe ha dato la stura ad un acceso dibattito dottrinale e giurisprudenziale, sfociato nelle recenti sentenze n. 17 e n. 18 del 2021 pronunciate dall'Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato.
Il Supremo Consesso di Palazzo Spada sembra aver posto una pietra miliare sulle pretese dei concessionari, affermando a chiare lettere l'incompatibilità delle proroghe generalizzate rispetto alla normativa europea posta a tutela della concorrenza e della libertà di stabilimento. Più specificamente, l'Adunanza Plenaria Adunanza plenaria ha enunciato i seguenti principi di diritto:
« 1. Le norme legislative nazionali che hanno disposto (e che in futuro dovessero ancora disporre) la proroga automatica delle concessioni demaniali marittime per finalità turistico-ricreative – compresa la moratoria introdotta in correlazione con l'emergenza epidemiologica da Covid-19 dall'art. 182, comma 2, d.l. n. 34/2020, convertito in legge n. 77/2020 – sono in contrasto con il diritto eurounitario, segnatamente con l'art. 49 TFUE e con l'art. 12 della direttiva 2006/123/CE. Tali norme, pertanto, non devono essere applicate né dai giudici né dalla pubblica amministrazione.
2. Ancorché siano intervenuti atti di proroga rilasciati dalla P.A. (e anche nei casi in cui tali siano stati rilasciati in seguito a un giudicato favorevole o abbiamo comunque formato oggetto di un giudicato favorevole) deve escludersi la sussistenza di un diritto alla prosecuzione del rapporto in capo gli attuali concessionari. Non vengono al riguardo in rilievo i poteri di autotutela decisoria della P.A. in quanto l'effetto di cui si discute è direttamente disposto dalla legge, che ha nella sostanza legificato i provvedimenti di concessione prorogandone i termini di durata. La non applicazione della legge implica, quindi, che gli effetti da essa prodotti sulle concessioni già rilasciate debbano parimenti ritenersi tamquam non esset, senza che rilevi la presenza o meno di un atto dichiarativo dell'effetto legale di proroga adottato dalla P.A. o l'esistenza di un giudicato. Venendo in rilievo un rapporto di durata, infatti, anche il giudicato è comunque esposto all'incidenza delle sopravvenienze e non attribuisce un diritto alla continuazione del rapporto.
3. Al fine di evitare il significativo impatto socio-economico che deriverebbe da una decadenza immediata e generalizzata di tutte le concessioni in essere, di tener conto dei tempi tecnici perché le amministrazioni predispongano le procedure di gara richieste e, altresì, nell'auspicio che il legislatore intervenga a riordinare la materia in conformità ai principi di derivazione europea, le concessioni demaniali per finalità turistico-ricreative già in essere continuano ad essere efficaci sino al 31 dicembre 2023, fermo restando che, oltre tale data, anche in assenza di una disciplina legislativa, esse cesseranno di produrre effetti, nonostante qualsiasi eventuale ulteriore proroga legislativa che dovesse nel frattempo intervenire, la quale andrebbe considerata senza effetto perché in contrasto con le norme dell'ordinamento dell'U.E.».

Considerazioni conclusive
La peculiare vicenda del divieto delle proroghe automatiche ex lege delle concessioni balneari rappresenta terreno fertile per la configurabilità della fattispecie criminose disciplinate dagli artt. 1161 Codice della Navigazione e dall'art. 633 c.p.
Prima che intervenissero le sentenze chiarificatrici del Consiglio di Stato del 2021, il conflitto interpretativo ha condotto, in alcuni casi, alla contestazione di tali ipotesi di reato contro alcuni concessionari ai quali era stata intimata la scadenza del titolo autorizzativo in applicazione delle regole unionali. Ovviamente, l'affermata postergazione dell'inefficacia delle proroghe concessorie alla data del 31 dicembre 2023, onde consentire al Parlamento di formulare una legislazione compiuta ed ossequiosa dei vincoli europei, rinvia anche l'eventuale realizzazione di ipotesi di reato per coloro che, nonostante la scadenza del titolo, continueranno ad occupare gli spazi marittimi invocando le proroghe ormai vietate.

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a cura della Redazione Diritto

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