Penale

Per l'inchino della processione davanti alla casa del boss scatta il reato di turbamento delle funzioni religiose

La Cassazione con la sentenza 2242/2022 ha confermato la condanna a sei mesi di reclusione

di Camilla Insardà

Con la sentenza del 20 gennaio 2022 n. 2242, la III Sezione della Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso presentato dall'imputato avverso la pronuncia della Corte d'Appello di Palermo, confermando così la condanna a sei mesi di reclusione per aver ordinato ai portatori del fercolo di fermarsi innanzi all'abitazione di un noto boss mafioso per rendere omaggio alla famiglia e per aver conseguentemente turbato il regolare svolgimento della processione in presenza dell'officiante.

Il reato contestato
Fra i delitti contro il sentimento religioso e contro la pietà dei defunti di cui al Titolo IV del Libro II del Codice Penale, per la precisione nell'ambito del Capo I relativo ai reati contro le confessioni religiose, l'articolo 405 punisce il "Turbamento di funzioni religiose del culto di una confessione religiose", con la reclusione sino a due anni. In particolare, la norma colpisce chiunque impedisca o turbi l'esercizio di funzioni, cerimonie o pratiche religiose che si svolgono in presenza dell'officiante, in un luogo destinato al culto, in luogo pubblico o aperto al pubblico.

Il concetto di cerimonia religiosa
Del generale concetto di "cerimonia religiosa" si è occupata la risalente giurisprudenza di legittimità del 1967 n. 369, per cui in tale concetto rientrano "tutte quelle attività attraverso le quali si estrinsecano le azioni liturgiche, compresi gli stessi atti rituali di culto religioso".
Come messo in rilievo dalla consolidata giurisprudenza citata nel caso di specie, il reato si può realizzare sia attraverso l'impedimento della funzione, cioè ostacolandone l'inizio o lo svolgimento sino a comportarne l'interruzione, sia mediante la turbativa, alterandone cioè l'ordinario decorso.
Quanto all'elemento soggettivo, gli operatori del diritto sono concordi nel richiedere il solo dolo generico dato dall'intenzione di compere atti che impediscano o turbino i riti religiosi, senza che sia altresì necessaria la consapevolezza di offendere il sentimento religioso, offesa già insita nella realizzazione della condotta.
Nel risolvere il caso del discusso "inchino" davanti alla casa del boss, la sentenza 2242/2022 ripercorre l'esegesi della "turbatio sacrorum", concentrandosi sul bene giuridico tutelato dalla disposizione e sulla condotta materiale.
Secondo l'innovativa interpretazione del Legislatore fascista, il sentimento religioso costituiva un aspetto della libertà individuale – intesa come libertà di culto – rispetto al quale lo Stato non poteva rimanere estraneo. La prospettiva muta con l'entrata in vigore della Costituzione che dopo aver sancito l'autonomia e l'indipendenza dell'ordinamento statale e di quello ecclesiastico, riconosce a tutti i cittadini la libertà di professare la propria fede, spostando così il fulcro della tutela penale dallo Stato alla persona.
Ciononostante, la giurisprudenza più risalente ha continuato ad interpretare il reato ex articolo05 c.p. come fattispecie contro la religione in sé considerata e non come fatto lesivo di una libertà individuale. In un secondo momento, attraverso una lettura costituzionalmente orientata, la Consulta ha iniziato ad intendere il sentimento religioso come un tratto della coscienza individuale, che può accomunare più persone. Solo recentemente, attraverso la lente del principio di laicità dello Stato, da intendersi come equidistanza e non come indifferenza, la Corte Costituzionale ha affermato la rilevanza costituzionale del sentimento religioso quale corollario della libertà di religione.
La riforma dei reati di opinioni, intervenuta con la Legge 85/2006, ha eliminato dal Codice Rocco ogni riferimento alla religione di Stato, in favore di una più ampia tutela dei culti e di ogni loro manifestazione.

La strumentalizzazione
Con la sentenza 2242/2022, la Cassazione ha osservato che la dimensione spirituale dell'individuo trova una concreta proiezione materiale nelle diverse pratiche religiose, delle quali deve essere garantito il regolare svolgimento e che non devono essere strumentalizzate per scopi diversi ed offensivi per la sensibilità dei partecipanti. In altre parole, la "turbatio sacrorum" è configurabile "non solo e non tanto sotto il profilo materiale ma anche sotto quello della strumentalizzazione della funzione a scopi totalmente contrari al sentimento religioso di chi vi prende parte, ai valori da esso espressi, nei quali il sentimento religioso di ciascuno si riconosce e che la funzione intende evocare e "onorare"".
Incontestabile e condivisibile è la conclusione alla quale è pervenuta la III Sezione della Cassazione, la quale ha riscontrato un'evidente strumentalizzazione della processione, pratica normalmente che si propone di onorare le divinità "extra moenia" con la presenza di un ministro del culto, per rendere invece omaggio ad una famiglia storicamente legata ad associazioni di stampo mafioso.

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