Amministrativo

Il Giudice deve rigettare la pretesa ostensiva se i documenti sono irreperibili

Lo sottolinea il Consiglio di Stato con la sentenza 7896/2022

di Pietro Alessio Palumbo

Il giudizio in materia di accesso, pur seguendo lo schema impugnatorio, è rivolto all'accertamento della sussistenza o meno del diritto dell'istante all'accesso medesimo. E in tal senso si atteggia quale giudizio sul rapporto come desumibile dallo stesso codice del processo amministrativo secondo cui il giudice amministrativo, sussistendone i presupposti, deve ordinare l'esibizione dei documenti richiesti. Pertanto – ha evidenziato il Consiglio di Stato con la sentenza n.7896 del 12 settembre scorso - per poter giudicare sulla fondatezza della pretesa sostanziale occorre valutare l'integrazione dei presupposti fondanti il diritto di accesso documentale; ed in primis, sul piano fattuale, l'esistenza materiale stessa dei documenti richiesti. In assenza dei quali nessuna sentenza di condanna all'ostensione potrebbe essere emessa e, dunque, nessuna pronuncia di accoglimento del ricorso potrebbe essere resa. Ciò specie nelle ipotesi - quale quella sottoposta all'esame del giudice di Palazzo Spada - in cui è la stessa amministrazione pubblica che, attraverso il rigetto dell'istanza, abbia rappresentato l'inesistenza dei documenti richiesti; in tale modo introducendo una ragione ostativa all'ostensione da delibare in sede di cognizione; atteso l'obbligo per il giudice procedente di valutare la legittimità delle ragioni di diniego opposte in ambito amministrativo con l'atto censurato in giudizio.

La responsabilità di dichiarare la mancata detenzione o custodia dei documenti richiesti
Il Consiglio di Stato ha chiarito che l'istanza di accesso ai documenti amministrativi deve riferirsi a ben specifici documenti e non può comportare la necessità di una attività di elaborazione di dati da parte del soggetto pubblico destinatario della richiesta: l'ostensione degli atti non costituisce uno strumento di controllo generalizzato sull'operato della amministrazione pubblica nei cui confronti l'accesso viene esercitato. Tutto ciò con la conseguenza che l'onere della prova anche dell'esistenza dei documenti, rispetto ai quali si intende esercitare il diritto di accesso, incombe sulla parte che agisce in giudizio, al fine di evitare che la richiesta di accesso sia formulata inutilmente, o per così dire al buio, da parte dell'accedente; non potendo quest'ultimo, per espresso divieto normativo, formulare una richiesta meramente perlustrativa ovvero di controllo. Pur tuttavia, una volta indicati puntualmente, per categoria, i documenti rispetto ai quali è formulata la domanda ostensiva e aver dimostrato che detti documenti, in virtù di obiettive ragioni collegate alle competenze dell'amministrazione, costituiscono ordinariamente patrimonio dell'archivio dell'ente anche con riferimento ad uno specifico procedimento, l'onere della prova può dirsi assolto dalla parte interessata; incombendo in capo all'amministrazione il dovere - in ragione del principio di leale collaborazione tra l'amministrazione pubblica e il privato cittadino, previsto dalla normativa ordinaria ed evidente precipitato dei principi costituzionali - di assumersi la responsabilità di dichiarare la mancata detenzione o custodia dei documenti richiesti.

Il rigetto della pretesa ostensiva per carenza del suo oggetto
Per l'effetto di quanto evidenziato – secondo il Consiglio di Stato – una volta specificati i documenti richiesti e la loro correlazione con le competenze istituzionali dell'ente intimato (come avvenuto nella vicenda sottoposta all'esame del giudice amministrativo) spetta alla parte resistente assumersi la formale responsabilità di dichiarare e così comprovare, al di là di ogni ragionevole dubbio, se le categorie di atti richiesti, ivi compresi documenti ad essi assimilabili, siano presenti o meno nei propri archivi cartacei o digitali; nonché se, parimenti, siano detenuti documenti di tipologia diversa ma recanti i dati di interesse del richiedente. Qualora la parte resistente, personalmente - e non a mezzo del difensore, di regola non legittimato a compiere atti dispositivi della sfera giuridica sostanziale del proprio cliente - si assuma una tale responsabilità, dichiarando l'impossibilità oggettiva e assoluta dell'accesso per l'inesistenza sia essa originaria ovvero sopravvenuta di quanto richiesto dall'istante; nonché provveda a specificare puntualmente le ragioni per le quali i documenti richiesti non siano stati mai formati; ovvero, se formati, non siano più detenuti; il Giudice Amministrativo procedente deve prendere atto dell'inesistenza materiale dei documenti in questione e, per l'effetto, rigettare la pretesa ostensiva per carenza del suo oggetto. Tutto ciò non potendo ordinarsi l'esibizione, alla luce del principio ad impossibilia nemo tenetur, di documenti non più esistenti ovvero mai formati. E questo sempre che non sussistano elementi probatori contrari, che facciano dubitare della veridicità di quanto dichiarato dalla parte resistente. A ben vedere neppure potrebbe rimettersi alla fase del giudizio di ottemperanza la questione riguardante l'inesistenza materiale dei documenti oggetto di istanza ostensiva, invero discorrendosi di un presupposto sostanziale per l'accoglimento della domanda di parte.

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