Amministrativo

Concessioni senza gara, contratti esterni non d’obbligo

di Guglielmo Saporito

I concessionari di servizi (acqua, energia, trasporti, poste) non sono più tenuti ad affidare all’esterno l’80% dei contratti di lavori servizi forniture. Lo afferma la Corte costituzionale con sentenza 23 novembre 2021 n. 218, eliminando una norma del codice degli appalti (Dlgs 50/2016, articolo 177, commi 2 e 3). Un principio comunitario in tema di appalti prevedeva, in caso di concessioni assentite o prorogate senza gara, che il concessionario fosse obbligato a recuperare questo vantaggio concorrenziale (aver evitato la gara) mediante l’obbligo di affidare a terzi, questa volta con gara, una quota consistente dei successivi lavori.

La norma oggi azzerata dal giudice costituzionale aveva identificato nella percentuale dell’80% la quota dei lavori che i concessionari, all’indomani del rapporto sorto senza gara, a monte, dovessero esternalizzare mediante l’esperimento di gare di appalto a valle, ad evidenza pubblica. Solo il restante 20% dei contratti inerenti la concessione stessa poteva essere affidato a società in house o comunque controllate o collegate. Ora, queste limitazioni sono state ritenute misure irragionevoli e sproporzionate rispetto al fine, peraltro condivisibile, di voler garantire l'apertura al mercato e alla concorrenza di opere, servizi e forniture da eseguire “a valle”.

Secondo i giudici, è corretto perseguire la finalità di aprire al mercato di lavori necessari per eseguire la concessione, ma tale finalità deve comunque rispettare il limite della ragionevolezza e della necessaria considerazione degli interessi dei soggetti coinvolti, cioè degli stessi concessionari. Questi, infatti, sono anch’essi a loro volta protetti dalla garanzia dell'articolo 41 della Costituzione, norma che tutela l’iniziativa economica privata e, al massimo, prevede indirizzi e coordinamento a fini sociali.

La pronuncia ribadisce quindi che il legislatore può intervenire a limitare la libertà d'impresa (nel caso specifico, del concessionario), in funzione della tutela della concorrenza, e quindi la legge può porre rimedio, imponendo un obbligo di esternalizzazione, alla situazione squilibrata derivante da passati affidamenti diretti. Se infatti tali affidamenti sono avvenuti al di fuori delle regole del mercato, cioè senza gara, gli atti successivi devono rimanere sottoposti alle regole del mercato e cioè gli appalti di opere servizi forniture devono essere affidati dai concessionari con gare pubbliche, ma ciò entro limiti di ragionevolezza.

Infatti, la libertà d'impresa non può subire, nemmeno in ragione del doveroso obiettivo di piena realizzazione dei principi della concorrenza, interventi che ne determinino un radicale svuotamento, come avverrebbe sacrificando completamente la facoltà dell'imprenditore (il concessionario) di compiere le scelte organizzative tipiche della stessa attività imprenditoriale. La Consulta ha quindi ritenuto che il legislatore, imponendo un obbligo particolarmente incisivo e ampio, ha omesso di considerare non solo l’interesse dei concessionari, ma anche quelli dei concedenti, degli eventuali utenti del servizio e del personale occupato nell’impresa. Interessi, tutti, che per quanto comprimibili se bilanciati con altri interessi ritenuti meritevoli di protezione da parte del legislatore, non possono essere tuttavia completamente ignorati.

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