Amministrativo

Nel nome del favor partecipationis

Prende avvio l'ennesima riforma del cd. Codice appalti, attualmente al vaglio del Senato per l'approvazione definitiva, è recentemente intervenuta un'importante pronuncia dei giudici lussemburghesi che incide profondamente sulle modalità, previste dalla normativa interna, di partecipazione alla gare pubbliche da parte di un raggruppamento di imprese

di Anna Maria Desiderà e Alice De Martin*

Quando il principio della massima partecipazione rischia (forse) di compromettere l'affidabilità dell'operatore.

Mentre prende avvio l'ennesima riforma del cd. Codice appalti, attualmente al vaglio del Senato per l'approvazione definitiva, è recentemente intervenuta un'importante pronuncia dei giudici lussemburghesi che incide profondamente sulle modalità, previste dalla normativa interna, di partecipazione alla gare pubbliche da parte di un raggruppamento di imprese.

Con la sentenza del 28 aprile 2022 , resa nella causa C-642/2020, la Corte di Giustizia dell'Unione Europea ha infatti affermato la non conformità al diritto eurounitario dell'art. 83, comma 8, III periodo, del D.lgs. 50/2016 nella parte in cui dispone che "La mandataria in ogni caso deve possedere i requisiti ed eseguire le prestazioni in misura maggioritaria" .

In particolare la Corte ha ravvisato un contrasto con l'art. 63 della direttiva 2014/24/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, il quale, ad avviso della Corte, "deve essere interpretato nel senso che esso osta ad una normativa nazionale secondo la quale l'impresa mandataria di un raggruppamento di operatori economici partecipante a una procedura di aggiudicazione di un appalto pubblico deve possedere i requisiti previsti nel bando di gara ed eseguire le prestazioni di tale appalto in misura maggioritaria".

La pronuncia in esame trae origine dalla domanda sollevata in via pregiudiziale dal Consiglio di Giustizia Amministrativa della Regione Siciliana, con l'ordinanza n. 1106 del 24 novembre 2020, in seno ad un ricorso relativo ad una procedura di aggiudicazione di un appalto per il servizio di spazzamento, raccolta e trasporto di rifiuti in 33 comuni siciliani.

Il Consiglio, investito dell'appello dell'ATI aggiudicataria dell'appalto, la cui mandataria non soddisfaceva da sola le condizioni previste dal bando, ha invero richiesto alla Corte UE di pronunciarsi in merito alla conformità dell'art. 83 comma 8 succitato con l'art. 63 della direttiva 2014/24, relativo all'istituto dell'avvalimento, nonché con i principi di libertà di stabilimento e di libera circolazione di servizi, di cui agli articoli 49 e 56 TFUE .

Investita della questione, la Corte ha osservato che la disciplina comunitaria, segnatamente l' art. 63 della direttiva 2014/24/UE , prevede la possibilità per un partecipante in RTI di fare affidamento sulle capacità delle altre imprese del raggruppamento stesso per quanto riguarda i criteri relativi alla capacità economica e finanziaria e i criteri relativi alle capacità tecniche e professionali, specificando altresì, al comma 2, che in determinati tipi di appalti - quali, in particolare, gli appalti di servizi - "le amministrazioni aggiudicatrici possono esigere che taluni compiti essenziali siano direttamente svolti dall'offerente stesso o, nel caso di un'offerta presentata da un raggruppamento di operatori economici (…), da un partecipante al raggruppamento".

Ad avviso della Corte la previsione per la quale le amministrazioni aggiudicatrici hanno la facoltà di esigere che "taluni compiti essenziali" siano svolti da un partecipante di un RTI, è espressione della volontà del legislatore europeo di prevedere dei limiti alla partecipazione solo in determinati casi ed esclusivamente sulla base di un approccio qualitativo e non meramente quantitativo.

Al contrario, secondo la Corte, l 'art. 83, comma 8, terzo periodo, del d.lgs. 50/2016 "impone, in modo orizzontale, per tutti gli appalti pubblici in Italia, che il mandatario del raggruppamento di operatori economici esegua la maggior parte delle prestazioni" fissando in tal modo una condizione di partecipazione più restrittiva rispetto alla norma europea, ed "eccede[ndo] i termini mirati impiegati all'articolo 63, paragrafo 2, della direttiva 2014/24 e pregiudica[ndo] così la finalità, perseguita dalla normativa dell'Unione in materia, di aprire gli appalti pubblici alla concorrenza più ampia possibile e di facilitare l'accesso delle piccole e medie imprese" .

In forza della pronuncia della Corte di Giustizia europea, quindi, il sopra citato periodo dell'art. 83 comma 6 del Codice non può più trovare applicazione; del pari dovrà essere oggetto di aggiornamento il bando-tipo ANAC n.1/202 nella parte in cui riproducevano la medesima previsione (al par. 6.4).

Il principio sotteso alla pronuncia in esame è evidentemente quello, cardine nel diritto eurounitario, di tutela della concorrenza, nella sua declinazione più ampia di favor alla partecipazione alle gare pubbliche anche delle imprese medio-piccole e meno strutturate che potranno d'ora in poi partecipare, in raggruppamento, svolgendo un ruolo importante nell'esecuzione ad un appalto benché prive dei requisiti prescritti dal bando. Ben diversa era, invece, la ratio sottesa al censurato art. 83 comma 8, volto ad assicurare preminenza alla mandataria, primo garante della corretta esecuzione dell'appalto in ragione del suo apporto "maggioritario" nella dimostrazione dei requisiti di partecipazione e nell'esecuzione della prestazione richiesta dall'amministrazione.

Ponendosi dal punto di vista dell'Amministrazione, l'interpretazione della disciplina dei raggruppamenti temporanei di imprese offerta della Corte europea con la sentenza in parola, intesa a confermare ancora una volta la centralità del principio della massima concorrenzialità, solleva forse qualche dubbio in merito all'evidente sacrificio di quei presidi previsti dal Legislatore interno a garanzia della solidità dell'operatore economico con cui l'ente pubblico stipulava il contratto, consentendo una frammentazione eccessiva dell'interlocutore dell'amministrazione e della responsabilità dell'esecuzione.

* Anna Maria Desiderà, Associate Partner, Avvocato, Rödl & Partner e Alice De Martin, Associate, Avvocato, Rödl & Partner

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