Professione e Mercato

"La Giustizia che vogliamo" - L'Anf presenta la 'Rassegna degli avvocati italiani'

Nuovo avvio in digitale per la storica rivista dell'Associazione nazionale forense. La presentazione durante l'evento "La Giustizia che vogliamo - Le proposte degli avvocati italiani"

di Giampaolo Di Marco *

Il 20 febbraio 1987, Enzo Tortora, nel momento in cui ritornava sulle scene dopo essere stato assolto da una serie di accuse ingiuste, salutò il pubblico televisivo esordendo con la frase: "Dunque, dove eravamo rimasti?".

Ci piace usare questa frase per presentare il nuovo avvio dell'attività editoriale della Rassegna degli Avvocati Italiani, storica rivista di ANF – Associazione Nazionale Forense, che a partire da questo numero cambia pelle e diviene una rivista on-line, distribuita su nuovi canali anche grazie ad una partnership con IlSole24Ore.

La presentiamo venerdì 24 febbraio a Roma presso l'Hotel Nazionale , durante l'evento "La Giustizia che vogliamo – Le proposte degli avvocati italiani", occasione di confronto e proposte in merito all'amministrazione della Giustizia in Italia.

Enzo Tortora pronunciava il suo "dove eravamo rimasti?" all'inizio di un nuovo percorso professionale, dopo aver attraversato grandi sofferenze a causa di uno dei più celebri casi di errore giudiziario. Concludendo l'apertura di quella puntata, diceva: "sono qui, e lo sono anche, per parlare per conto di quelli che parlare non possono, e sono molti, e sono troppi. Sarò qui, resterò qui, anche per loro. Ed ora cominciamo, come facevamo esattamente una volta".

Come i nostri lettori sapranno, l'ANF è la più antica associazione italiana di Avvocati, fondata il 13 aprile 1964 e rappresenta da sempre una delle maggiori associazioni professionali forensi italiane, con circa 50 sedi locali. La Rassegna degli Avvocati Italiani ne è da lungo tempo la sua voce ed una delle sedi privilegiate di elaborazione del suo pensiero, nel quale, appunto, si cerca di dare voce anche a quelli che non possono in un settore, come quello della Giustizia, dove il contradditorio viene relegato al processo (finché resiste), ma il confronto tra gli operatori del diritto è ormai cosa assai rara.

Questa rivista compirà fra poco più di un anno i suoi cinquant'anni, essendo stata fondata nel 1974, durate la segreteria dell'avvocato romano Luigi Cavalieri, in un'epoca in cui ANF non aveva ancora il nome attuale, si chiamava infatti FESAPI. In quasi dieci lustri, la Rassegna ha accompagnato costantemente la vita di ANF.

Le sue pagine costituiscono una testimonianza inestimabile di storia sindacale e alla direzione della Rassegna si sono alternati colleghi che hanno fatto la storia dell'avvocatura.

Anche oggi, attraverso le pagine di questa rivista, la nostra Associazione desidera raccontare sé stessa, il suo pensiero e al contempo parlare dell'avvocatura, del suo ruolo in un mondo in cambiamento vorticoso e della nuova identità che essa va assumendo nel tempo.

Ma non parleremo solo di politica forense e di istituzioni dell'avvocatura. Ci sarà spazio anche per riflessioni di sistema, contenuti tecnici e per l'approfondimento di tematiche pratiche, novità giurisprudenziali e angoli dedicati allo studio delle numerose riforme che sono in corso di realizzazione.

La scelta di passare dal formato cartaceo ad una versione on-line è una testimonianza della volontà di adeguarsi all'evoluzione della comunicazione e delle sue nuove forme, senza però rinunciare ad esprimere la complessità del pensiero e piegarsi alla dittatura dei testi ultra-brevi o della comunicazione solo per immagini e video.

Abbiamo scelto di dare nuova linfa all'esperienza di un House Organ, in un periodo in cui questa forma editoriale appare scarsamente praticata. Questa scelta può apparire difficile, ma noi crediamo che una realtà come ANF, che ambisce a rappresentare quella ampia fetta dell'avvocatura italiana e che crede in una professione forense più moderna e capace di autorinnovamento, non possa prescindere dall'avere una sede di riflessione articolata e di espressione ancor prima che di comunicazione e/o informazione.

Viviamo in un'epoca in cui l'Avvocatura deve misurarsi con la sfida della digitalizzazione e, quindi, con la necessità di acquisire e sfruttare le nuove competenze necessarie per svolgere la professione dove nel giro di pochi anni gli strumenti di base del mestiere sono passati dall'essere i quattro codici e gli oggetti di cancelleria necessari, a collazionare gli atti alle banche dati semantiche e gli strumenti di firma digitale con crittografia asimmetrica; una professione che oggi è chiamata a rispondere alle nuove esigenze di tutela di un mondo che cambia velocemente, in cui spariscono i rapporti di soccida e si moltiplicano le questioni legate alla comunicazione social.

Certo, però, non sfugge il fatto che la nostra epoca si porta dietro anche una profonda crisi identitaria dell'avvocatura e delle professioni in generale.

Sono i numeri a parlare: i partecipanti all'esame di Stato sono in diminuzione costante da anni. Nel 2017 erano oltre 24.800, sono scesi a 23.130 nel 2018 e a 22.199 nel 2019. Né è stato significativo l'aumento del 2020, quando se ne sono registrati 22.750; e, in base ai primi dati forniti dal ministero, che includono anche chi poi eventualmente non si presenta al test, sono in caduta libera le domande alla sessione 2021, conclusa a dicembre 2022 (meno di 20mila), e 2022, in corso (meno di 16mila). A crescere è stato invece il tasso di promossi all'esame, da sempre il più basso tra quelli di Stato: fino al 2019 la quota di promossi è rimasta sul 37%, mentre nel 2020 è balzata al 52,7 per cento, con 2.700 abilitati in più rispetto al 2017.

Il forte sviluppo tecnologico ha significato la possibilità per chiunque di accedere ad una quantità di informazioni rilevanti e senza precedenti e oggi di sfruttare strumenti di intelligenza artificiale sempre più presenti nella vita di tutti i giorni. La massimizzazione della conoscenza, derivante dalla cospicua diffusione delle informazioni porta con sé una nuova dimensione culturale, politica e intellettuale della società in cui cambiano i paradigmi sociali e per certi versi antropologici. La società dell'informazione, che avrebbe dovuto portare ad un aumento della conoscenza e delle competenze culturali a tutti i livelli, porta spesso ad un livellamento verso il basso, che si accompagna ad una crescente incapacità di attribuire valore alle competenze sofisticate o al pensiero complesso. Si profila all'orizzonte una possibile era dell'incompetenza (secondo la felice definizione di Thom Nichols, in La conoscenza e i suoi nemici: L'era dell'incompetenza e i rischi per la democrazia) un'epoca nella quale egualitarismo di facciata e asimmetrico sembrano avere la meglio sul sapere e sulla dimensione empirica e sociologica che lo permea.

Questi seppur brevi spunti di riflessione inducono a porsi una domanda: abbiamo ancora bisogno di professionisti intellettuali, ossia di figure che sappiano, attraverso un uso ponderato e ragionevole del sapere specialistico?

La figura del professionista intellettuale, nella temperie dell'informatizzazione digitale, non viene più vista come la figura cui affidarsi per ricevere un parere qualificato, ma è talvolta vissuto come una sorta di portatore di un sapere elitario, che si contrappone all'immediatezza di un sapere semplificato ed istantaneamente accessibile a tutti.

La nostra Associazione pensa che sia necessario contrastare la pericolosa illusione di un mondo in cui si possa fare a meno delle professioni intellettuali.

In tale cornice assiologica e culturale e proprio nel mentre il principio di competenza specialistico-intellettuale va svilendosi, è necessario recuperare la funzione ed il ruolo che chi ha conoscenze utili al dibattito pubblico per la crescita socio-culturale potrebbe dare.

In tale ottica, rivangare una sorta di intellettualismo del passato senza offrire nuove prospettive di impulso culturale, di sapere specialistico e per certi versi sociologico, rischia di dar vita ad una figura di intellettuale la cui competenza sia del tutto autoreferenziale e avulsa dalla possibilità che questi possa porsi quale "guida" del dibattito pubblico-specialistico sulla scena sociale.

In tal senso, l'avvocatura deve e può porsi quale soggetto interlocutore capace di ripensare il proprio ruolo atto a recuperare quella funzione sociale, di competenza e, per certi versi, anche pedagogica e antropologica, con uno sguardo, tuttavia, che nella valorizzazione e nel rispetto dei propri saperi specialistici, si apre e non trascuri i problemi del mondo reale.

Questa rivista si propone di essere uno strumento di rinnovamento comunicativo della Nostra Associazione, ma anche come strumento di rinnovamento dell'idea di avvocatura e di professione intellettuale per ricordarci sempre che il diritto è una scienza, che come tale si evolve, nei modi e nelle forme tempo per tempo più utili alla prosecuzione di una democratica e pacifica convivenza.

* Avvocato del foro di Vasto, civilista e amministrativista, collabora con la cattedra di Diritto Privato della Scuola di Giurisprudenza dell'Università degli Studi di Bologna. Arbitro, mediatore e formatore nella mediazione, è l'attuale Segretario Generale dell'ANF

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