Civile

Ricorsi dei migranti, attese troppo lunghe. E i giudici chiedono rinforzi

Quasi 100mila ricorsi pendenti e oltre tre anni per una decisione: a rischio il taglio dei tempi del 40% previsto dal Pnrr

di Valentina Maglione

Quasi 100mila ricorsi in attesa di giudizio a fine 2020 e tempi lunghi, oltre tre anni in media, per arrivare a una decisione in primo grado. È la «situazione allarmante» delle cause in materia di immigrazione, per la stragrande maggioranza ricorsi degli stranieri contro i dinieghi della protezione internazionale decisi dalle commissioni territoriali del ministero dell’Interno. A denunciarla, nero su bianco, sono i magistrati presidenti delle sezioni specializzate in materia di immigrazione dei tribunali che versano nelle condizioni più critiche.

Nelle scorse settimane hanno scritto due note, una indirizzata al Csm (firmata da 17 presidenti) e l’altra al ministero della Giustizia, per sollecitare attenzione e suggerire soluzioni. A partire da una considerazione: «Il settore immigrazione - scrivono - è il principale ostacolo alla realizzazione degli obiettivi del Pnrr», che mira a ridurre del 40% la durata media dei giudizi civili.

La situazione

Il percorso dei cittadini afghani portati in Italia nei giorni scorsi a cui è stato subito riconosciuto (doverosamente, vista la tragedia) lo status di rifugiati rappresenta un’eccezione. Di norma la maggioranza delle domande di asilo - circa il 60% nei primi mesi del 2021, gli ultimi monitorati dal ministero dell’Interno - viene bocciata dalle commissioni territoriali. Un «no» contro cui i migranti possono presentare ricorso.

L’IMPENNATA DELL’ARRETRATO…

Competenti a giudicare sono le sezioni specializzate in materia di immigrazione, istituite nel 2017 nei 26 tribunali distrettuali (che si trovano nelle città anche sede di corte d’appello) con l’obiettivo di accelerare la trattazione di queste cause, ma dove, al contrario, in pochi anni l’arretrato e la durata media dei giudizi si sono impennati. Tanto che nel 2020 l’attesa media, secondo la formula Cepej, è arrivato a 1.192 giorni, dieci volte di più rispetto al termine di 120 giorni previsto dalla legge. E l’arretrato delle sezioni, calcolano i presidenti, rappresenta il 15% del contenzioso civile complessivo dei tribunali distrettuali (usando i parametri del Pnrr).

… E QUELLA DEI TEMPI MEDI

Numeri che dipendono, scrivono, da «risorse ampiamente insufficienti a far fronte alle sopravvenienze del settore». Nel 2019, in particolare, c’è stato il boom di nuovi ricorsi, per due fattori: l’aumento delle decisioni delle commissioni territoriali, che erano state potenziate; e la crescita dei loro dinieghi, saliti all’80% delle richieste, per l’abrogazione della protezione umanitaria stabilita dal decreto sicurezza del 2018. Su quest’ultimo punto la rotta sta cambiando, dopo la riforma della protezione speciale a fine 2020.

Nel 2020, complici i blocchi dovuti alla pandemia, le sopravvenienze sono calate, ma l’arretrato è sceso di appena il 2% rispetto al 2019.

Le proposte

Di qui la richiesta di rinforzi. In primo luogo attingendo ai tirocinanti da assumere con i fondi Recovery per l’ufficio per il processo, che nelle sezioni immigrazione è già realtà: i presidenti chiedono al ministero di destinare loro da 1.200 a 1.500 neoassunti (il primo concorso bandito è da 8.171 posti), da distribuire in base alle pendenze.

I TRIBUNALI CON PIÙ ARRETRATO…

I presidenti chiedono inoltre di dare la precedenza alle risorse già formate, valorizzando la collaborazione con i research officers dell’Ufficio europeo per il sostegno all’asilo (Easo): dopo i progetti pilota avviati su iniziativa delle sezioni, dall’anno scorso, grazie all’accordo tra Easo e il ministero, sono entrati in tutti i tribunali per supportare in magistrati soprattutto nella ricerca delle informazioni sui Paesi di origine dei migranti. Il servizio prestato presso le sezioni è valutato come titolo preferenziale per il concorso per l’ufficio per il processo, ma i magistrati guardano anche al rinnovo dell’accordo.

… E QUELLI CON PIÙ NUOVI RICORSI

Oltre che sulle figure di supporto - sottolineano i presidenti - occorre incidere sul numero dei magistrati nelle sezioni: incrementando gli extradistrettuali (oggi 20) e agevolando la proroga delle assegnazioni (oggi di 18 mesi più sei), mettendo in opera il meccanismo delle piante organiche flessibili distrettuali (previsto dalla legge di Bilancio 2020) e ampliando la pianta organica.

Non solo: è opportuno - scrivono i magistrati - un intervento sui software per permettere di inserire, al momento del deposito del ricorso, i dati disaggregati (ad esempio su nazionalità e genere) che possono aiutare l’ufficio a valutare, ad esempio, l’urgenza della domanda.

E si chiede di creare un tavolo tecnico permanente tra i ministeri della Giustizia e dell’Interno per avviare un confronto costante anche sull’interpretazione delle norme.

Perché - affermano i presidenti - il fenomeno migratorio, finora affrontato come emergenza, è strutturale e richiede soluzioni stabili.

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