Casi pratici

Invalidità delle delibere condominiali

Attribuzioni dell'assemblea condominiale

di Lina Avigliano

la QUESTIONE

Quali regole disciplinano la validità delle delibere assembleari condominiali alla luce della riforma del condominio? Quali sono i diritti dei condomini in caso di delibera viziata? In quali casi la delibera è nulla?


L'assemblea condominiale è una riunione di più condomini in un luogo e in un tempo determinato, in cui ciascuno può esprimere la propria opinione mediante il voto, nelle materie oggetto di interesse comune. L'assemblea condominiale costituisce quindi l'organo deliberativo del condominio. L'assemblea, ai sensi dell'art. 1135 c.c. provvede:
1) alla conferma dell'amministratore e all'eventuale sua retribuzione;
2) all'approvazione del preventivo delle spese occorrenti durante l'anno e alla relativa ripartizione tra i condomini;
3) all'approvazione del rendiconto annuale dell'amministratore e all'impiego del residuo attivo della gestione;
4) alle opere di manutenzione straordinaria e alle innovazioni.
A tal proposito la legge 11 dicembre 2012, n. 220 di riforma del condominio, ha previsto obbligatoriamente la costituzione di un fondo speciale di importo pari all'ammontare dei lavori. L'amministratore non può ordinare lavori di manutenzione straordinaria, salvo che rivestano carattere urgente, ma in questo caso deve comunque riferirne nella prima assemblea.
La legge n. 220 del 2012 ha aggiunto un'ulteriore attribuzione all'assemblea conferendole il potere di autorizzare l'amministratore a partecipare e collaborare a progetti, programmi e iniziative territoriali promossi dalle istituzioni locali o da soggetti privati qualificati, anche mediante opere di risanamento di parti comuni degli immobili nonché di demolizione, ricostruzione e messa in sicurezza statica, al fine di favorire il recupero del patrimonio edilizio esistente, la vivibilità urbana, la sicurezza e la sostenibilità ambientale della zona in cui il condominio è ubicato (art. 1135, comma 3, c.c.). L'assemblea può essere convocata in via straordinaria dall'amministratore quando lo ritiene necessario o quando ne è fatta richiesta da almeno due condomini che rappresentano un sesto del valore dell'edificio. Decorsi inutilmente dieci giorni dalla richiesta, i detti condomini possono provvedere direttamente alla convocazione (art. 66 disp. att. c.c.).


Costituzione dell'assemblea e maggioranze
L'assemblea in prima convocazione è regolarmente costituita con l'intervento di tanti condomini che rappresentino i due terzi del valore dell'intero edificio e la maggioranza dei partecipanti al condominio (art. 1136, comma 1, c.c.). Sono valide le deliberazioni approvate con un numero di voti che rappresenti la maggioranza degli intervenuti e almeno la metà del valore dell'edificio (art. 1136, comma 2, c.c.).
Se l'assemblea in prima convocazione non può deliberare per mancanza di numero legale, l'assemblea in seconda convocazione delibera in un giorno successivo a quello della prima e, in ogni caso, non oltre dieci giorni dalla medesima. L'assemblea in seconda convocazione è regolarmente costituita con l'intervento di tanti condomini che rappresentino almeno un terzo del valore dell'intero edificio e un terzo dei partecipanti al condominio. La deliberazione è valida se approvata dalla maggioranza degli intervenuti con un numero di voti che rappresenti almeno un terzo del valore dell'edificio (art. 1136, comma 3, c.c.).
La seconda convocazione è condizionata dall'inutile e negativo esperimento della prima, sia per completa assenza dei condomini, sia per insufficiente partecipazione degli stessi in relazione al numero e al valore delle quote. La verifica di tale condizione deve essere espletata nella seconda convocazione, sulla base delle informazioni orali rese dall'amministratore, il cui controllo può essere svolto dagli stessi condomini, che o sono stati assenti alla prima convocazione, o, essendo stati presenti, sono in grado di contestare tali informazioni.
La mancata costituzione dell'assemblea, regolarmente convocata in prima seduta, costituisce il presupposto per la validità delle deliberazioni assunte in seconda convocazione.
L'assemblea in seconda convocazione non può tenersi nel medesimo giorno solare della prima (art. 66, comma 5, disp. att. c.c.).


L'avviso di convocazione
La delibera condominiale per essere valida deve essere regolarmente convocata dall'amministratore o dai condomini in caso di assemblea straordinaria e di inerzia dell'amministratore.
Il potere di convocazione dell'assemblea spetta anche all'amministratore la cui nomina assembleare non sia stata immediatamente seguita dall'accettazione (Cass. 13 giugno 2013, n. 14930).
L'art. 66 delle disp. att. del codice civile, prevede che l'avviso di convocazione, contenente specifica indicazione dell'ordine del giorno, deve essere comunicato almeno cinque giorni prima della data fissata per l'adunanza in prima convocazione, a mezzo di posta raccomandata e anche a mezzo posta elettronica certificata, fax o tramite consegna a mano, e deve contenere l'indicazione del luogo e dell'ora della riunione o, se prevista in modalità di videoconferenza, della piattaforma elettronica sulla quale si terrà la riunione e dell'ora della stessa.
Devono essere cinque giorni liberi. Il mancato rispetto di tale termine produce l'annullabilità della delibera assembleare.
Si è affermato che il termine di cinque giorni previsto per la comunicazione dell'avviso di convocazione dell'assemblea ai partecipanti, va computato con riferimento alla data di prima convocazione e a ritroso, escludendo il giorno in cui deve tenersi l'assemblea, ma computando quello in cui la comunicazione è ricevuta (Trib. Genova 24 ottobre 2012, n. 3428).
In caso di omessa, tardiva o incompleta convocazione degli aventi diritto, la deliberazione assembleare è annullabile ai sensi dell'articolo 1137 c.c. su istanza dei dissenzienti o assenti perché non ritualmente convocati (art. 66, comma 3, disp. att. c.c.).
Pertanto la mancata comunicazione, a taluno dei condomini, dell'avviso di convocazione dell'assemblea condominiale comporta, non la nullità, ma l'annullabilità della delibera condominiale, la quale, ove non impugnata nel termine di trenta giorni previsto dall'art. 1137, terzo comma, c.c. (decorrente, per i condomini assenti, dalla comunicazione, e, per i condomini dissenzienti, dalla sua approvazione), è valida ed efficace nei confronti di tutti i partecipanti al condominio.
In ogni caso l'amministratore ha facoltà di fissare più riunioni consecutive in modo da assicurare lo svolgimento dell'assemblea in termini brevi, convocando gli aventi diritto con un unico avviso nel quale sono indicate le ulteriori date e ore di eventuale prosecuzione dell'assemblea validamente costituitasi (art. 66, comma 5, disp. att. c.c.).
L'assemblea non può deliberare se non consta che tutti i condomini siano stati invitati alla riunione (art. 1136 c.c.).
L'onere di provare che tutti i condomini siano stati tempestivamente convocati per l'assemblea condominiale grava sul condominio, non potendosi addossare al condomino che deduca l'invalidità dell'assemblea la prova negativa dell'inosservanza di tale obbligo (Cass. 4 marzo 2011, n. 5254). Infatti la presunzione di conoscenza ex art. 1335 c.c. degli atti recettizi in forma scritta giunti all'indirizzo del destinatario, opera per il solo fatto oggettivo dell'arrivo dell'atto nel luogo indicato dalla norma. Ed invero ai fini della prova della decorrenza del termine dilatorio di cinque giorni antecedenti l'adunanza di prima convocazione, condizionante la validità delle deliberazioni, è sufficiente e necessario che il condominio dimostri la data in cui esso è pervenuto all'indirizzo del destinatario, ex art. 1335 c.c. Detta data coincide con quella di rilascio dell'avviso di giacenza del plico presso l'ufficio postale, in quanto idoneo a consentirne il ritiro,  nell'ipotesi di invio dello stesso con lettera raccomandata ove questa non sia consegnata per l'assenza del destinatario (Cass. 6 ottobre 2017, n. 23396). Al contrario, si è detto che l'invio del plico contenente la convocazione nel luogo ove la parte sia già risultata in precedenza irreperibile, non è idoneo a far scattare la presunzione di conoscenza dell'atto ai sensi dell'art. 1335 c.c. (Corte App. Napoli 11 gennaio 2012, n. 37). L'onere di provare l'avvenuto recapito all'indirizzo del destinatario, è a carico del mittente, salva la prova da parte del destinatario medesimo dell'impossibilità di acquisire in concreto l'anzidetta conoscenza per un evento estraneo alla sua volontà.
La convocazione può essere fatta anche oralmente, salvo che il regolamento non prescriva particolari modalità di notifica del detto avviso. Solo il regolamento di condominio può derogare alla libertà della forma, imponendo particolari modalità di notifica dell'avviso.
L'avviso deve essere comunicato soltanto alle persone che risultano intestatarie di una porzione dell'edificio come risultanti dai registri immobiliari, cioè al condomino effettivo, e non al "condomino apparente", cioè colui che si sia comportato nei rapporti con i terzi, come condomino senza esserlo. Non a caso, tra le nuove attribuzione dell'amministratore vi rientrano quelle di curare la tenuta del registro di anagrafe condominiale contenente le generalità dei singoli proprietari e dei titolari di diritti reali e di diritti personali di godimento, comprensive del codice fiscale e della residenza o domicilio, i dati catastali di ciascuna unità immobiliare, nonché ogni dato relativo alle condizioni di sicurezza. Anche sotto questo profilo l'avviso di convocazione dell'assemblea al condomino non effettivo, rende tale delibera annullabile e come tale impugnabile.
In caso di immobile concesso in locazione dovrà essere inviato l'avviso di convocazione all'inquilino per le delibere relative alle spese e alla gestione del servizio di riscaldamento e condizionamento d'aria (art. 10 legge n. 392/1978).
Convocazione in videoconferenza
La partecipazione all'assemblea può avvenire in modalità di videoconferenza, previo consenso della maggioranza dei condomini, anche ove non espressamente previsto dal regolamento condominiale.
In tal caso, il verbale, redatto dal segretario e sottoscritto dal presidente, è trasmesso all'amministratore e a tutti i condomini con le medesime formalità previste per la convocazione (art. 66, comma 6,  disp. att. cc.).


Contenuto dell'avviso e ordine del giorno
L'avviso di convocazione deve contenere, la data, il luogo e l'orario della prima e della seconda convocazione o, se prevista in modalità di videoconferenza, della piattaforma elettronica sulla quale si terrà la riunione e dell'ora della stessa, nonché la specifica indicazione dell'ordine del giorno (art. 66, comma 3, disp. att. c.c.) sì da consentire a ciascun condomino di comprenderne esattamente il tenore e l'importanza, e di poter ponderatamente valutare l'atteggiamento da tenere, in relazione sia all'opportunità o meno di partecipare, sia alle eventuali obiezioni o suggerimenti da sottoporre ai partecipanti alla riunione.
L'ordine del giorno deve individuare con esattezza gli argomenti da discutere in assemblea, costituisce quindi il limite della competenza assembleare. Pertanto, ai fini della validità delle delibere assembleari, occorre non solo che tutti i condomini siano stati invitati alla riunione ma anche i partecipanti siano stati preventivamente informati dell'oggetto delle medesime. In un caso il Tribunale ha dichiarato illegittima la decisione di impedire l'installazione di una canna fumaria, poiché la detta decisione non era stata posta all'ordine del giorno ma trattata, impropriamente, tra la voce varie ed eventuali (Trib. Roma, 14 dicembre 2012, n. 21746).
L'incompletezza dell'ordine del giorno, non determina la nullità assoluta, bensì la semplice annullabilità della relativa delibera, con la conseguenza che questa dovrà essere impugnata nel termine di trenta giorni, ai sensi dell'art. 1137 c.c.


L 'approvazione a maggioranza semplice
Il comma 2 dell'art. 1136 c.c. impone come regola prevalente, ai fini dell'approvazione delle delibere assembleari, quella maggioritaria. In base a tale principio sono valide le deliberazioni approvate con un numero di voti che rappresenti la maggioranza degli intervenuti e almeno la metà del valore dell'edificio nelle seguenti materie:
1) le deliberazioni dell'assemblea che concernono la nomina e la revoca dell'amministratore;
2) le deliberazioni concernenti le liti attive e passive in materie che esorbitano le attribuzioni dell'amministratore;
3) le deliberazioni concernenti la ricostruzione dell'edificio;
4) le deliberazioni concernenti le riparazioni straordinarie;
5) le deliberazioni concernenti l'installazione di impianti di videosorveglianza sulle parti comuni ai sensi dell'art. 1122-ter;
6) le deliberazioni di cui all'art. 1135, comma 3, c.c.;
7) le deliberazioni concernenti l'approvazione o la revisione del regolamento di condominio;
8) le deliberazioni concernenti lo scioglimento del condominio; qualora la divisione non possa attuarsi senza modificare lo stato delle cose e occorrano opere per la sistemazione diversa dei locali o delle dipendenze tra i condomini, lo scioglimento del condominio deve essere deliberato dall'assemblea con la maggioranza prescritta dal quinto comma dell'art. 1136 c.c. e cioè con un numero di voti che rappresenti la maggioranza dei partecipanti al condominio e i due terzi del valore dell'edificio (art. 62 dip. att. c.c.);
9) le delibere concernenti la tutela delle destinazioni d'uso. La legge di riforma ha introdotto la nuova disposizione di cui all'art. 1117-quater. Questa prevede che in caso di attività che incidono negativamente e in modo sostanziale sulle destinazioni d'uso delle parti comuni, l'amministratore o i condomini, anche singolarmente, possono diffidare l'esecutore e possono chiedere la convocazione dell'assemblea per far cessare la violazione, anche mediante azioni giudiziarie. L'assemblea delibera in merito alla cessazione di tale attività con la maggioranza di cui all'art. 1136 c.c. (con un numero di voti che rappresenti la maggioranza degli intervenuti e almeno la metà del valore dell'edificio).
Devono sempre essere approvate con un numero di voti che rappresenti la maggioranza degli intervenuti e almeno la metà del valore dell'edificio (art. 1136, comma 2, c.c.) le deliberazioni concernenti le innovazioni che hanno a oggetto ai sensi dell'art. 1120, comma 2,c.c.:


1) le opere e gli interventi volti a migliorare la sicurezza e la salubrità degli edifici e degli impianti;


2) le opere e gli interventi previsti per eliminare le barriere architettoniche, per il contenimento del consumo energetico degli edifici e per realizzare parcheggi destinati a servizio delle unità immobiliari o dell'edificio, nonché per la produzione di energia mediante l'utilizzo di impianti di cogenerazione, fonti eoliche, solari o comunque rinnovabili da parte del condominio o di terzi che conseguano a titolo oneroso un diritto reale o personale di godimento del lastrico solare o di altra idonea superficie comune;


3) l'installazione di impianti centralizzati per la ricezione radiotelevisiva e per l'accesso a qualunque altro genere di flusso informativo, anche da satellite o via cavo, e i relativi collegamenti fino alla diramazione per le singole utenze, a esclusione degli impianti che non comportano modifiche in grado di alterare la destinazione della cosa comune e di impedire agli altri condomini di farne uso secondo il loro diritto.
A tal fine l'amministratore è tenuto a convocare l'assemblea entro trenta giorni dalla richiesta anche di un solo condomino interessato all'adozione delle predette deliberazioni. La richiesta deve contenere l'indicazione del contenuto specifico e delle modalità di esecuzione degli interventi proposti. In mancanza, l'amministratore deve invitare senza indugio il condomino proponente a fornire le necessarie integrazioni (art. 1120, comma 3, c.c.).
Per effetto dell'introduzione dell'art. 71-ter disp. att. c.c. a opera della legge di riforma, l'amministratore è tenuto ad attivare un sito internet del condominio su richiesta dell'assemblea che delibera con la maggioranza di cui al comma 2 dell'art. 1136 c.c., e cioè con un numero di voti che rappresenti la maggioranza degli intervenuti e almeno la metà del valore dell'edificio.


L'approvazione a maggioranza qualificata
In generale, quando si intende procedere alle innovazioni nel condominio, le relative delibere devono essere approvate con una maggioranza particolare. Ai sensi del primo comma dell'art. 1120 c.c. tali delibere devono essere sempre approvate con le maggioranze di cui all'art. 1136, comma 5, c.c., cioè con un numero di voti che rappresenti la maggioranza dei partecipanti al condominio e i due terzi del valore dell'edificio (art. 1136, comma 5, c.c.). Anche le deliberazioni che hanno a oggetto l'installazione di impianti non centralizzati di ricezione radiotelevisiva e di produzione di energia da fonti rinnovabili di cui all'art. 1122-bis devono essere sempre approvate con un numero di voti che rappresenti la maggioranza dei partecipanti al condominio e i due terzi del valore dell'edificio. L'assemblea può prescrivere, sempre con la maggioranza di cui al quinto comma dell'articolo 1136 c.c., adeguate modalità alternative di esecuzione o imporre cautele a salvaguardia della stabilità, della sicurezza o del decoro architettonico dell'edificio e ai fini dell'installazione degli impianti per la produzione di energia da fonti rinnovabili di cui all'art. 1122-bis, comma 2, c.c. destinati al servizio di singole unità del condominio sul lastrico solare, su ogni altra idonea superficie comune e sulle parti di proprietà individuale dell'interessato, provvede, a richiesta degli interessati, a ripartire l'uso del lastrico solare e delle altre superfici comuni, salvaguardando le diverse forme di utilizzo previste dal regolamento di condominio o comunque in atto. L'assemblea, con la medesima maggioranza, può altresì subordinare l'esecuzione alla prestazione, da parte dell'interessato, di idonea garanzia per i danni eventuali (art. 1122-bis, comma 3, c.c.).


Delibere adottate all'unanimità
In alcune particolari materie le relative delibere devono essere approvate con l'unanimità dei condomini in quanto queste incidono sulle quote di comproprietà di ciascun condomino, quali quelle sull'alienazione o l'acquisto di una parte comune, o per la costituzione di diritti reali sull'immobile. Le clausole dei regolamenti che limitino i diritti dei condomini sulle proprietà esclusive o comuni e quelle che attribuiscono ad alcuni di loro maggiori diritti rispetto agli altri hanno natura contrattuale e possono essere adottate soltanto con il consenso unanime dei partecipanti alla comunione. È richiesta l'unanimità quando la delibera abbia a oggetto la ricostruzione in maniera difforme dell'edificio rispetto a quello preesistente (Cass. n. 12204/1997). Occorre l'unanimità anche per le delibere concernenti le modifiche al regolamento contrattuale di condominio. Anche il contratto stipulato da un condominio per consentire a terzi l'installazione del ripetitore sul lastrico solare del fabbricato condominiale, richiede l'approvazione di tutti i condomini quando la relativa durata sia convenuta per più di nove anni (Cass. Sez. Un. 30 aprile 2020, n. 8434).  Le delibere con le quali siano stabiliti o modificati, per il futuro, i generali criteri di ripartizione delle spese previsti dalla legge o dalla convenzione devono essere approvate all'unanimità,  pena la loro nullità (Cass. Sez. Un. 14 aprile 2021, n. 9839).
L'assemblea non può deliberare, se non consta che tutti gli aventi diritto sono stati regolarmente convocati (art. 1136, comma 6, c.c.).
Delibera semplificata per gli interventi condominiali con applicazione del superbonus al 110%
Per l'approvazione degli interventi condominiali che danno diritto agli incentivi per l'efficienza energetica, sisma bonus e fotovoltaico previsti dall'articolo 119 del D.L. 34 del 19 maggio 2020, convertito in legge, con modifiche, dalla L. 17.07.2020, n. 77, il quorum assembleare necessario è la maggioranza degli intervenuti e almeno un terzo del valore dell'edificio (art. 119, comma 9 bis introdotto dall'art. 63 del D.L. n.104 del 14.7.2020).


Impugnazione della delibera assembleare
Il diritto di prendere parte all'assemblea ed il potere di impugnare le deliberazioni condominiali competono, per il combinato disposto dell'articolo 1137 c.c. e dell'articolo 67 disp. att. c.c., ai soli titolari di diritti reali sulle singole unità immobiliari, e ciò anche in caso di locazione della singola unità immobiliare, salvo che per le delibere relative alle spese e alle modalità di gestione dei servizi di riscaldamento e di condizionamento d'aria, per le quali, ai sensi della L. 27 luglio 1978, n. 392, articolo 10, comma 1, la decisione e, conseguentemente, la facoltà di adire l'autorità giudiziaria, sono attribuite ai conduttori (Cass. 23 gennaio 2012, n. 869; Cass. 22 aprile 1995, n. 4588 e Cass. 18 agosto 1993, n. 8755). La Suprema Corte ha escluso per locatario del leasing il potere di impugnare le deliberazioni condominiali sull'assunto che lo stesso è titolare non di un diritto reale, ma di un diritto personale derivante da un contratto ad effetti obbligatori, che rimette il perfezionamento dell'effetto traslativo ad una futura manifestazione unilaterale di volontà del conduttore (Cass. 25 ottobre 2018, n. 27162).
Le deliberazioni prese dall'assemblea condominiale sono obbligatorie per tutti i condomini. Contro le deliberazioni contrarie alla legge o al regolamento di condominio ogni condomino assente, dissenziente o astenuto può adire l'autorità giudiziaria chiedendone l'annullamento nel termine perentorio di trenta giorni, che decorre dalla data della deliberazione per i dissenzienti o astenuti e dalla data di comunicazione della deliberazione per gli assenti (art. 1137, comma 2, c.c.). La legge di riforma ha aggiunto "gli astenuti" tra i legittimati a proporre impugnazione equiparandoli ai dissenzienti. È stato altresì soppresso il termine "ricorso" che in passato ha suscitato discussioni sulla forma da adottare per l'impugnazione della delibera assembleare. In giurisprudenza si era affermato che le impugnazioni delle delibere dell'assemblea, in applicazione della regola generale dettata dall'art. 163 c.p.c., andavano proposte con citazione, non disciplinando l'art. 1137 c.c. la forma di tali impugnazioni; potevano, comunque, ritenersi valide le impugnazioni proposte impropriamente con ricorso, sempreché l'atto risultasse depositato in cancelleria entro il termine stabilito dall'art. 1137 (cfr. Cass., Sez. Un., 14 aprile 2011, n. 8491). Alla luce del riformato articolo 1137 c.c. l'impugnazione ora dovrà avvenire necessariamente con atto di citazione. L'azione di annullamento non sospende l'esecuzione della deliberazione, salvo che la sospensione sia ordinata dall'autorità giudiziaria.
L'istanza per ottenere la sospensione proposta prima dell'inizio della causa di merito non sospende né interrompe il termine per la proposizione dell'impugnazione della deliberazione. Per quanto non espressamente previsto, la sospensione è disciplinata dalle norme di cui al libro IV, titolo I, capo III, sezione I, cioè le norme che regolano i procedimenti cautelari, con l'esclusione dell'articolo 669-octies, comma 6, c.p.c. In sostanza, si può ottenere la sospensione della delibera impugnata, ma nello stesso tempo, dovrà essere proposta impugnazione nei termini di legge. Nel caso di impugnazione di una delibera che vincola il condominio e, quindi tutti i condomini, deve essere garantita la presenza in giudizio anche dell'ente di gestione, in persona dell'amministratore pro tempore, al fine di permettere che la sentenza non sia inutiliter data nei confronti dei condomini non evocati in causa (Cass. 6 ottobre 2011, n. 1617).


L'interesse all'impugnazione
L'impugnazione di una delibera presuppone un interesse all'impugnazione. Anche l'impugnazione per vizi formali pur non essendo condizionata al riscontro della concreta incidenza sulla singola situazione del condomino, postula comunque che la delibera in questione sia idonea a determinare un mutamento della posizione dei condomini nei confronti dell'ente di gestione, suscettibile di eventuale pregiudizio (Cass. 10 maggio 2013, n. 11214).  Il condomino regolarmente convocato non può impugnare la delibera per difetto di convocazione di altro condomino, in quanto l'interesse a far valere un vizio che renda annullabile una deliberazione dell'assemblea, non può ridursi al mero interesse alla rimozione dell'atto, ovvero ad un'astratta pretesa di sua assoluta conformità al modello legale, ma deve essere espressione di una sua posizione qualificata, diretta ad eliminare la situazione di obiettiva incertezza che quella delibera genera quanto all'esistenza dei diritti e degli obblighi da essa derivanti (Cass. 28 maggio 2020, n. 10071).
In giurisprudenza di merito si ritiene illegittima, e per questo soggetta ad annullamento in sede giurisdizionale, la deliberazione dell'assemblea condominiale che, nel dare atto dell'intervenuta approvazione di lavori di rifacimento di parti comuni, con conseguente riparto della relativa spesa, a maggioranza, omette in tutto o in parte la indicazione nominativa dei condomini dissenzienti. L'espressione a maggioranza, invero, lascia chiaramente intendere che non tutti i partecipanti all'assemblea hanno espresso voto favorevole all'approvazione degli argomenti trattati e discussi, circostanza questa che determina la necessità della indicazione nominativa dei condomini dissenzienti con i rispettivi valori millesimali, al fine di consentire il controllo circa la sussistenza o meno del quorum deliberativo prescritto dalla legge. Nella specie, dunque, l'omissione dei menzionati elementi impedisce di fatto di procedere al predetto controllo, con conseguente illegittimità dell'impugnata delibera, mentre nessun rilievo assume l'avvenuta approvazione, nella medesima riunione, di spese ulteriori da parte di tutti i condomini, nemmeno costituendo la medesima una contraddizione rispetto all'altra parte del verbale recante l'indicazione dell'approvazione a maggioranza (Trib. Foggia 19 settembre 2012, n. 1113).
Ai sensi del combinato disposto di cui agli artt. 5 D.Lgs. n. 2010 e 71 quater disp. att. c.c., chi vuole impugnare una delibera condominiale deve obbligatoriamente fare precedere tale azione giudiziale dall'esperimento di un tentativo di mediazione secondo quanto previsto dall'articolo 71 quater disp. att. c.c.. 


Delibere nulle e annullabili
Con riguardo alle deliberazioni dell'assemblea dei condomini la categoria giuridica della nullità ha una estensione del tutto residuale rispetto alla generale categoria della annullabilità.
In particolare, secondo l'insegnamento della Suprema Corte di Cassazione, Sezioni Unite, 14 aprile 2021, n. 9839 la deliberazione dell'assemblea dei condomini deve ritenersi affetta da nullità nei seguenti casi:


1) "Mancanza originaria degli elementi costitutivi essenziali" (volontà della maggioranza; oggetto; causa; forma), tale da determinare la deficienza strutturale della deliberazione: e' il caso, ad es., della deliberazione adottata senza la votazione dell'assemblea; o della deliberazione priva di oggetto, ossia mancante di un reale decisum ovvero con un oggetto non determinato ne' determinabile; o della deliberazione priva di causa, carente cioè di una ragione pratica giustificativa della stessa che sia meritevole di tutela giuridica; o della deliberazione non risultante dal verbale dell'assemblea, sprovvista perciò della necessaria forma scritta.


2) "Impossibilità dell'oggetto, in senso materiale o in senso giuridico", da intendersi riferito al contenuto (c.d. decisum) della deliberazione. L'impossibilità materiale dell'oggetto della deliberazione va valutata con riferimento alla concreta possibilità di dare attuazione a quanto deliberato; l'impossibilità giuridica dell'oggetto, invece, va valutata in relazione alle "attribuzioni" proprie dell'assemblea. In ordine all'impossibilità giuridica dell'oggetto l'assemblea, quale organo deliberativo della collettività condominiale, può occuparsi solo della gestione dei beni e dei servizi comuni; essa e' abilitata ad adottare qualunque provvedimento, anche non previsto dalla legge o dal regolamento di condominio (avendo le attribuzioni indicate dall'articolo 1135 c.c. carattere meramente esemplificativo), purchè destinato alla gestione delle cose e dei servizi comuni. Perciò, l'assemblea non può perseguire finalità extracondominiali (Cass., Sez. 2, n.5130 del 06/03/2007); e neppure può occuparsi dei beni appartenenti in proprietà esclusiva ai singoli condomini o a terzi, giacche' qualsiasi decisione che non attenga alle parti comuni dell'edificio non può essere adottata seguendo il metodo decisionale dell'assemblea, che e' il metodo della maggioranza, ma esige il ricorso al metodo contrattuale, fondato sul consenso dei singoli proprietari esclusivi.
E allora, il potere deliberativo dell'assemblea in tanto sussiste in quanto l'assemblea si mantenga all'interno delle proprie attribuzioni; ove l'assemblea straripi dalle attribuzioni ad essa conferite dalla legge, la deliberazione avrà un oggetto giuridicamente impossibile e risulterà viziata da "difetto assoluto di attribuzioni". Il "difetto assoluto di attribuzioni" e' un vizio che non attiene al quomodo dell'esercizio del potere, ma attiene all'an del potere stesso; esso non dipende dal cattivo esercizio in concreto di un potere esistente, ma dalla carenza assoluta in astratto del potere esercitato: in tali casi, la deliberazione non e' idonea a conseguire l'effetto giuridico che si proponeva, risultando affetta da nullità radicale per "impossibilità giuridica" dell'oggetto.
Non così avviene, invece, quando l'assemblea adotti una deliberazione nell'ambito delle proprie attribuzioni, ma eserciti malamente il potere ad essa conferito; quando essa adotti una deliberazione violando la legge, ma senza usurpare i poteri riconosciuti dall'ordinamento ad altri soggetti giuridici: in tali casi, la deliberazione "contraria alla legge" è semplicemente annullabile, secondo la regola generale posta dall'articolo 1137 c.c.
3) "Illiceità". Si tratta di quei casi in cui la deliberazione assembleare, pur essendo stata adottata nell'ambito delle attribuzioni dell'assemblea, risulti avere un "contenuto illecito" (articolo 1343 c.c.), nel senso che il decisum risulta contrario a "norme imperative", all'"ordine pubblico" o al "buon costume".
Sono nulle, innanzitutto, le deliberazioni assembleari che abbiano un contenuto contrario alle norme imperative. Le norme imperative sono quelle norme non derogabili dalla volontà dei privati, poste a tutela degli interessi generali della collettività sociale o di interessi particolari che l'ordinamento reputa indisponibili, assicurandone comunque la tutela. Nella disciplina del condominio degli edifici, le norme inderogabili sono specificamente individuate dall'articolo 1138 c.c., comma 4, e articolo 72 disp. att. c.c.. Parimenti vanno ritenute nulle le deliberazioni assembleari che abbiano un contenuto contrario all'ordine pubblico, inteso quale complesso dei principi generali dell'ordinamento (tale sarebbe, ad es., una deliberazione che introducesse discriminazioni di sesso o di razza tra i condomini nell'uso delle cose comuni); ovvero che abbiano un contenuto contrario al buon costume, inteso quest'ultimo come il complesso delle regole che costituiscono la morale della collettività sociale in un dato ambiente e in un determinato tempo. In questi casi, la deliberazione assembleare, nonostante verta su una materia rientrante nelle attribuzioni dell'assemblea, si pone pero' in tale contrasto con i valori giuridici fondamentali dell'ordinamento da non poter trovare alcuna tutela giuridica, sicchè la sua nullità può essere fatta valere in ogni tempo da chiunque vi abbia interesse (anche da parte del condomino che abbia votato a favore della sua approvazione).
Al di fuori di tali ipotesi ogni violazione di legge o del regolamento condominiale determina la mera annullabilità della deliberazione, che può essere fatta valere solo nei modi e nei tempi di cui all'articolo 1137 c.c. (Cass. Sez. Un. 14 aprile 2021, n. 9839).
Sanatoria
La sostituzione della delibera impugnata con altra adottata dall'assemblea in conformità della legge, facendo venir meno la specifica situazione di contrasto fra le parti, determina la cessazione della materia del contendere e sana conseguentemente la prima delibera invalida. Ed invero la cessazione della materia contendere conseguente alla revoca assembleare della delibera impugnata si verifica anche quando la stessa sia stata sostituita con altra dopo la proposizione dell'impugnazione ex articolo 1137 del Cc, in quanto la sussistenza dell'interesse ad agire deve valutarsi non solo nel momento in cui è proposta l'azione, ma anche al momento della decisione (Cass. 8 giugno 2020, n. 10847)
Sul punto la Corte di Cassazione ha affermato che l'adozione, da parte dell'assemblea del condominio di edifici regolarmente convocata, di una delibera vertente sui medesimi argomenti di quella oggetto di impugnazione, in quanto assunta nonostante la mancata e/o irregolare comunicazione dell'avviso di convocazione a taluno dei condomini, determina la cessazione della materia del contendere nel giudizio promosso per l'annullamento della prima deliberazione, in quanto sostanzialmente sostituita da quella successivamente adottata (Cass. 17 aprile 2013 n. 5397).
Anche la nullità della delibera assembleare per omessa comunicazione dell'avviso di convocazione dell'assemblea può essere sanata quando il condomino nei cui confronti la comunicazione è stata omessa è presente in assemblea e quindi si presume che ne abbia avuto comunque notizia, rimanendo l'eventuale irregolarità della sua convocazione conseguentemente sanata.


Considerazioni conclusive
La legge 11 dicembre 2012, n. 220 di riforma del condominio, ha ampliato notevolmente la competenza dell'assemblea condominiale nelle materie di interesse comune attribuendogli prerogative di impulso nell'attività dell'amministratore, nonché la possibilità di incidere sulla destinazione d'uso delle cose comuni, potendo deliberare, anche su iniziativa di un solo condomino, sulla legittimità di comportamenti che incidono in modo sostanziale sulla destinazione d'uso.
L'ampliamento delle competenze determina un maggior controllo dell'ente di gestione sull'operato dell'amministratore e dei singoli condomini. La circostanza che, per effetto della riforma, anche gli astenuti possono impugnare la delibera allo stesso modo dei dissenzienti, comporta una estensione della legittimazione attiva e conseguentemente, una maggiore sindacabilità delle delibere, con gli inevitabili riflessi sull'incremento del contenzioso.

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Irene Tricomi

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