Amministrativo

Legittimo il meccanismo premiale sulla parità di genere per l'aggiudicazione dell'appalto

Lo ha precisato il Tar Lazio con la sentenza 8 marzo 2923 n. 3873

di Camilla Insardà

Con sentenza dell'8 marzo 2023 n. 3873, la V Sezione del Tar per il Lazio di Roma ha rigettato il ricorso proposto da una srl avverso gli atti relativi all'aggiudicazione di un appalto e alla composizione della commissione aggiudicatrice, ritenuti illegittimi per violazione di legge nella scelta dei criteri di valutazione, fondati su meccanismi premiali riguardanti la parità di genere.
Sorvolando sul secondo motivo di impugnazione, dichiarato dal Collegio privo di fondamento, sulla base della conformità del provvedimento ai principi di competenza e di trasparenza, ex articolo 77 e 216 del c.d. Codice dei contratti pubblici (Dlgs 50/2016), la pronuncia mette ben in evidenza alcuni aspetti riguardanti la concreta applicabilità del canone dell'economicità, a fronte di particolari esigenze di natura sociale.

Presenza femminile e discriminazione di genere
Il bando di gara impugnato, infatti, assegnava un punteggio ulteriore alle imprese caratterizzate da una percentuale femminile in ruoli apicali e dall'assenza di verbali di discriminazione di genere.
Secondo la tesi di parte ricorrente, simile previsione, (introdotta dall'articolo 47, comma IV del Dl 77/2021 convertito in legge 108/2021) per le selezioni inerenti a contratti pubblici PNRR e PNC, non poteva applicarsi a procedure – come quella specifica – non finanziate con risorse europee.
Com'è noto, l'articolo 1 della L. 241/1990 impronta l'azione amministrativa ai principi di economicità, di efficacia, di imparzialità, di pubblicità e di trasparenza, richiedendo un impiego corretto delle risorse (economiche, materiali ed umane), il raggiungimento dell'interesse perseguito, un comportamento obiettivo, chiarezza e comprensibilità.
In tema di appalti pubblici, norma di riferimento è l'articolo 30 del Dlgs 50/2016, il cui I comma ricorda l'applicabilità, nelle procedure di affidamento e di esecuzione dei contratti, dei principi di economicità, efficacia, tempestività e correttezza ed il necessario rispetto, da parte delle stazioni appaltanti, dei principi di libera concorrenza, non discriminazione, trasparenza, proporzionalità e pubblicità.

La posizione del Tar
Nel caso di specie, il Tar per il Lazio di Roma non ha avuto difficoltà nell'affermare che clausole sociali, come quella di gratificare gli imprenditori che adottano misure anti-discriminatorie all'interno delle proprie aziende, possano prevalere sul canone dell'economicità, che – appunto – predente un corretto utilizzo delle risorse (umane e finanziarie) a disposizione.
Richiamandosi testualmente al citato I comma dell'articolo 30 del Codice dei contratti pubblici, il Collegio ha evidenziato che "il principio di economicità può essere subordinato, nei limiti in cui è espressamente consentito dalle norme vigenti e dal presente codice, ai criteri, previsti nel bando, ispirati a esigenze sociali".
L'assunto trova ulteriore conforto nel disposto di cui al successivo articolo 95, anch'esso individuato dalla sentenza 3873/2023, dedicato ai "Criteri di aggiudicazione dell'appalto".
In proposito, è opportuno evidenziare che tale norma, insieme all'articolo 93, è stata recentemente modificata dall'articolo 34 del Dl 36/2022 conventito in legge 79/2022. Benché il Collegio si sia occupato di quest'aspetto solamente al termine dell'analisi del motivo di impugnazione, preme rilevare che questo particolare intervento ha inteso estendere le tutele premiali contemplate dal sopracitato Decreto Semplificazioni Bis a procedure selettive diverse da quelle indicate dal suo articolo 47, non necessariamente connesse, cioè, all'attribuzione di fondi europei.

La promozione della pari opportunità
Appare subito evidente, quindi, l'infondatezza delle affermazioni ricorrenti. Tornando al disposto di cui all'articolo 95, la norma esclude il riconoscimento, in capo all'appaltante, di una facoltà di scelta illimitata dell'offerta, evidenziato che detti parametri si propongono, da un lato di garantire l'effettiva concorrenza fra i partecipanti, dall'altro di permettere un controllo efficace delle informazioni rilasciate dagli offerenti, in rapporto all'aggiudicazione.
Ciò posto, i giudici hanno preso in esame il VI comma, che dopo aver ricordato che i documenti della procedura contemplano i criteri di aggiudicazione dell'offerta, riguardanti la natura, l'oggetto e le caratteristiche del contratto, insiste sull'individuazione della cosiddetta "offerta economicamente più vantaggiosa" secondo parametri obiettivi, come la "qualità", indicata dalla lettera a). Per stessa ammissione della disposizione, in tale concetto rientrano il pregio tecnico, gli aspetti estetico-funzionali, l'accessibilità ai disabili, la progettazione idonea a qualunque tipo di utente, le certificazioni in materia di sicurezza e salute dei lavoratori, nonché altre caratteristiche ambientali, sociali ed innovative.
A tal proposito, non sussiste alcun dubbio che le politiche finalizzate alla promozione delle pari opportunità fra uomo e donna nel mondo del lavoro, eventualmente consacrate nell'attestato ex articolo 46 bis del Dlgs 198/2006, costituiscano un importante "aspetto qualitativo", da tenere in considerazione in sede di aggiudicazione di un appalto.
In conclusione, come si evince da quanto sopra esposto, la sentenza dell'8 marzo 2023 della V Sezione del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio di Roma poggia su dati normativi precisi e molto espliciti, togliendo ogni possibile dubbio in merito alla legittimità della scelta amministrativa di introdurre meccanismi premiali, fondati su c.d. clausole sociali, nelle procedure di selezione e di aggiudicazione degli appalti pubblici.

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