Professione e Mercato

Negli studi dell’area legale e tax anche il marketing detta legge

di Madela Canepa

Per gli studi dell’area legale e tax, grandi o piccoli che siano, la necessità di comunicare e svolgere attività di marketing non è più in dubbio. Il tema oggi è il «come». Con quale visione strategica, entità di investimenti, quantità e qualità di risorse umane si pianifica di operare, ed emergere, in un mercato sempre più globale, complesso e competitivo.

Per tutti, il mercato è cambiato. «Negli ultimi dieci anni si è verificato un importante cambio di passo - spiega Marco D’Angelo, business development and marketing director di BonelliErede -. Quello che definivamo sellers market si è trasformato in buyers market. Il risultato è che oggi sono i clienti a dettare le regole. Le attività di marketing e comunicazione sono necessarie per essere conosciuti al meglio e in profondità e per essere preferiti ai concorrenti».

Il cambio di prospettiva
Una rivoluzione alla quale molti, soprattutto i big - certamente meno le strutture dell’area tax - hanno reagito adottando pratiche già in uso da tempo in altri Paesi. Chi ha compreso l’importanza strategica di queste attività si è attrezzato in house oppure ricorrendo a consulenti esterni. «I primi 30 studi italiani e internazionali basati nel nostro Paese, quelli che macinano l’80% del fatturato nazionale - spiega Roberta De Matteo, business development & communication senior country manager di Orrick e cofondatrice di Mopi, associazione che promuove la cultura del marketing e dell’organizzazione negli studi professionali - svolgono internamente la quasi totalità del lavoro. Ciò che spesso affidano a strutture esterne è la gestione dell’ufficio stampa».

Comunicazione interna, organizzazione di eventi propri e per i clienti, gestione dei contenuti su carta e online, predisposizione del materiale di presentazione per la partecipazione alle gare, del company profile sono tra le attività più svolte dagli uffici interni da quanto emerge dallo studio sul legal marketing realizzato da Mopi nel 2016, la cui nuova edizione è attesa per fine anno.

Il consulente esterno
Al contrario, di solito, gli studi di dimensioni più contenute, anche per questioni di budget, si rivolgono a consulenti esterni. «Nell’area legal l’abitudine a comunicare si sta diffondendo ad ampio raggio tra le strutture di ogni calibro, anche per fidelizzare la clientela» osserva Silvia Picchi, fondatrice di Marketude, il cui portafoglio clienti include anche studi di legali e tributaristi o di commercialisti. Più lento, secondo l’esperta, il cambiamento nell’area tax al cui new business contribuisce ancora molto il passaparola: «Eppure in questo segmento la comunicazione facilita alcune operazioni, ad esempio il passaggio generazionale». Per l’intera categoria - priva di testate specializzate o classifiche come ne vengono stilate per gli studi legali - sarebbe benefica un’operazione di svecchiamento dell’immagine. Anni fa, Marketude ne curò una per l’ordine dei dottori commercialisti di Venezia.

Ma quanto incidono marketing e comunicazione sul fatturato? «In Italia - risponde Roberta De Matteo - non si hanno dati su un eventuale Roi (return on investment). Esistono studi internazionali, ma i risultati sono discutibili. Troppe varianti incidono sul processo di acquisizione di un incarico».

Tuttavia, dallo studio Mopi è evidente come metà degli addetti interpellati pratichi l’analisi dei clienti. Lo sviluppo del business è infatti sempre più spesso un compito della funzione di comunicazione e marketing. «Il nostro team - conferma Marco D’Angelo - ha tre diverse anime che agiscono in modo sinergico occupandosi di comunicazione, di client development e di sviluppo internazionale». E continua: «Ogni anno investiamo in marketing e comunicazione tra il 2 e il 3% del fatturato». Testare i risultati è più difficile: «Intervengono molti e diversi elementi. Tuttavia negli ultimi anni il nostro fatturato è cresciuto costantemente».

Sta di fatto che in BonelliErede il team dedicato è salito da 2 a 26 persone nell’arco di sei anni. Ma per la formazione di questi “facilitatori” - un’ottantina circa oggi in Italia - manchi un percorso ad hoc. Così, i professionisti, spesso dotati di laurea in giurisprudenza, oppure in scienze della comunicazione, in alcuni casi in economia e commercio, si formano sul campo. «Da tempo lavoriamo a un Master specifico», precisa Gaia Francieri, anche lei co-fondatrice dell’organizzazione oltre che head of communication in Chiomenti. Il progetto dovrebbe essere finalizzato nel 2019: «Speriamo così di soddisfare con nuovi addetti la crescente richiesta del mercato».

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