Penale

Sì all'uso di intercettazioni in altro procedimento se il reato che emerge si fonda sull'identità storica dei fatti

L'associazione in corruzione tra privati può ben emergere dall'attività degli inquirenti tesa ad accertare delitti contro la Pa

di Paola Rossi

Il divieto di utilizzazione delle intercettazioni investigative in altro procedimento non opera se il reato diverso accertato tramite le captazioni informatiche rientra nelle deroghe previste dallo stesso Codice di procedura penale.
I criteri sono la connessione qualificata dei reati in base ai fatti storico-naturalistici per cui sono state inizialmentge autorizzate le intercettazioni. Quindi, il legame tra il reato inizialmente indagato e quello che emerge dalle captazioni deve essere un collegamento non puramente di risultato investigativo. Cioè l'intercettazione è utilizzabile solo se vi è una connessione "forte" fondata sulla coincidenza dei fatti storico-naturalistici indagati sia per la contestazione del primo reato per cui sono state autorizzate le intercettazioni sia per la contestazione del reato delineatosi successivamente in base alla medesima investigazione. Sono però utilizzabili in altro procedimento le intercettazioni se da esse emergono reati per i quali l'intercettazione può essere disposta. La Cassazione nel caso concreto ha respinto - con la sentenza n. 37911/2022 - il ricorso del privato che lamentava la nuova contestazione di associazione a delinquere ai fini di realizzare il reato di corruzione tra privati basata sul contenuto delle captazioni autorizzate per accertare fatti di corruzione di pubblici ufficiali.

Il caso
Era in realtà emerso che piuttosto che puntare alla corruzione di pubblici ufficiali le condotte "intercettate" avevano fatto emergere l'esistenza di un patto tra imprenditori finalizzato a far ottenere appalti pubblici a imprese gravitanti nell'orbita di una nota società.

Divieto e deroghe
Secondo l'articolo 270 del Codice di procedura penale i risultati delle intercettazioni non possono di regola essere utilizzati in procedimenti diversi da quelli nei quali sono stati disposti, "salvo" che risultino rilevanti e indispensabili per l'accertamento di delitti per i quali è obbligatorio l'arresto in flagranza e dei reati di cui all'articolo 266, comma 1, dello stesso Codice.
E - aggiunge la norma - che in materia di captatore informatico su dispositivo elettronico portatile l'utilizzabilità dei risultati va ammessa in altro procedimento se da essi emergono reati che destano particolare allarme sociale come quelli contro la pubblica amministrazione. E comunque la captazione effettuata deve palesarsi come indispensabile al raggiungimento del fine della loro repressione.

Il ricorso rigettato
La Cassazione premette che la decisione del tribunale sulla riutilizzabilità del materiale intercettato è questione di rito per cui si palesa irrilevante in sede di legittimità l'eventuale lacunosa motivazione sulla scelta. Ma dal suo esame, in termini di violazione di legge, la Cassazione non rileva un'errata estensione dei risultati investigativi al fine della contestazione del diverso delitto emerso. Infatti, l'associazione a delinquere al fine di realizzare il reato di corruzione tra privati non fuoriesce dal perimetro dei fatti inizialmente indagati che puntavano ad accertare la corruzione di soggetti pubblici.
Conclude la Cassazione in tema di legge applicabile rationae temporis che la vicenda rientra nelle regole della riforma in vigore dal 2020 applicabile alle nuove iscrizioni di reato. E nel fare tale precisazione sconfessa il tribunale che riteneva l'inizale contestazione solo oggetto di aggiornamento mentre si trattava di vera e nuova iscrizione di reato.

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