Comunitario e Internazionale

La nascita da due madri registrata in altro Stato Ue obbliga il Paese di cittadinanza a riconoscerla

Il diritto del minore di circolare nell'Unione accompagnato dai propri genitori impone il rilascio dei documenti di identità

di Paola Rossi

Il minore registrato come figlio di due donne sposate in uno Stato membro Ue ospitante ha diritto a ottenere il documento d'identità o il passaporto dallo Stato dell'Unione di cui sia cittadino e senza previa emissione di un nuovo atto di nascita. Con la sentenza sulla causa C-490/20, la Corte di giustizia ha affermato il diritto dei minori a circolare nella Ue e a essere accompagnati da quelli che sono indicati come i propri genitori in base all'atto di nascita, anche se rilasciato da Stato membro diverso da quello di cui ha la cittadinanza uno dei due genitori e il bambino stesso.

Nel caso risolto dalla Cgue il problema si era posto perché una delle due madri registrate nell'atto di nascita di un bambino era di nazionalità bulgara e la Bulgaria prevede che un simile documento non consente l'indicazione di due genitori dello stesso sesso. Inoltre, le autorità di Sofia avevano domandato di poter conoscere quale delle due donne fosse la madre biologica del bambino per il quale venivano richiesti i documenti di identità. La madre cittadina bulgara richiedente i documenti per il figlio ha scelto di non fornire tale informazione e le autorità bulgare hanno di conseguenza negato l'iscrizione allo stato civile del minore giustificandosi con i limiti della legislazione nazionale. Infatti, in Bulgaria la registrazione dell'atto di nascita prevede l'indicazione di una madre e di un padre senza possibilità di indicare nelle due rispettive caselle due donne o due uomini.

Ma la risposta della Cgue è stata netta: l'atto di nascita emesso dallo Stato membro ospitante se designa come genitori due persone dello stesso sesso obbliga lo Stato membro di cui è cittadino il minore a rilasciargli una carta d'identità o un passaporto, senza richiedere la previa emissione di un atto di nascita da parte delle sue autorità nazionali. E conclude la Cgue affermando che lo Stato membro di cittadinanza è anche obbligato a riconoscere il documento promanante dallo Stato membro ospitante che consente al minore di esercitare, con ciascuno dei genitori, il suo diritto di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio dell'Unione europea.

L'atto di nascita della bambina al centro di questa vicenda era stato richiesto al Comune di Sofia da quella delle due madri cittadina bulgara in quanto necessario per ottenere un documento d'identità bulgaro. Il modello di atto di nascita vigente in Bulgaria prevede una sola casella per la «madre» , e un'altra per il «padre». E in tal caso veniva rifiutato per la mancanza di informazioni riguardanti l'identità della madre biologica del minore poiché la menzione delle due madri sarebbe contraria all'ordine pubblico della Bulgaria, in quanto trattasi di Paese che non prevede il matrimonio tra persone dello stesso sesso. Di fronte a questo ostacolo si è chiesta la pronuncia pregiudiziale della Cgue. La Corte europea ha confermato che il rifiuto di documenti di identità per il minore impedisce l'esercizio dei diritti che gli sono riconosciuti come cittadino Ue e a nulla rileva l'impossibilità amministrativa di registrare i due genitori omosessuali nell'atto di nascita, che non può impedire appunto il rilascio di documenti d'identità del minore cittadino dello Stato richiesto. Pena la violazione dei diritti conferiti al cittadino dagli articoli 20 e 21 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea e dagli articoli 7, 24 e 45 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea .

Infine, va affermato che è contrario ai diritti fondamentali privare il minore del rapporto con uno dei suoi genitori nell'ambito dell'esercizio del suo diritto alla libera circolazione o rendergli impossibile o eccessivamente difficile il suo esercizio per il fatto che i suoi genitori sono dello stesso sesso. La Cgue chiarisce che l'obbligo del rilascio del documento di identità del figlio riconosciuto nello Stato ospitante come figlio di coppia omosessuale non impone allo Stato di appartenenza di inserire nella propria legislazione nazionale norme che prevedano la genitorialità da persone dello stesso sesso.

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