Il CommentoComunitario e Internazionale

Requisiti di validità formale degli accordi di giurisdizione nel diritto internazionale privato

Un'interpretazione restrittiva per una disciplina al passo con i tempi

di Federica Sartori*

In breve
La disciplina sovranazionale in tema di validità formale degli accordi di scelta del foro è incentrata su un rigido formalismo che, tuttavia, ha subìto delle modificazioni nel tempo volte ad assecondare la dinamicità dei traffici commerciali. A fronte di una modernizzazione del principio di autonomia delle parti e della prestazione di un consenso effettivo alla clausola di proroga, è comunque prevalente l'orientamento che privilegia un'interpretazione restrittiva dei requisiti formali.

Gli accordi di scelta del foro devono rispettare determinati requisiti formali al fine di poter essere ritenuti validi.

Tra la disciplina di matrice europea e quella convenzionale in materia emerge ictu oculi una notevole convergenza, atteso che entrambe sono ispirate alla valorizzazione del principio del consenso, quale necessario corollario del principio di autonomia privata.

In particolare, ai sensi dell'art. 25 par. 1 Regolamento UE 1215/2012 "L'accordo attributivo di competenza deve essere:
a) concluso per iscritto o provato per iscritto;
b) in una forma ammessa dalle pratiche che le parti hanno stabilito tra di loro; o
c) nel commercio internazionale, in una forma ammessa da un uso che le parti conoscevano o avrebbero dovuto conoscere e che, in tale ambito, è ampiamente conosciuto e regolarmente rispettato dalle parti di contratti dello stesso tipo nel settore commerciale considerato." Prosegue il paragrafo 2 precisando che "La forma scritta comprende qualsiasi comunicazione con mezzi elettronici che permetta una registrazione durevole dell'accordo attributivo di competenza
".

Tali disposizioni sono state trasposte pedissequamente dal Regolamento CE 44/2001, a sua volta riproducente la Convenzione di Bruxelles del 1968, eccettuato il paragrafo 2, sui mezzi elettronici di comunicazione e registrazione, poiché storicamente antecedente alla rivoluzione tecnologica avvenuta nei decenni successivi.

Anche la Convenzione dell'Aja del 2005 sugli accordi di scelta del foro ripropone i medesimi requisiti formali, prevedendo all'art. 3 lett. c) che "l'accordo di scelta del foro esclusivo deve essere concluso o documentato: i) per iscritto, o ii) con qualunque altro mezzo di comunicazione che consenta di accedere alle informazioni e farvi successivamente riferimento".

Sin dal dato letterale delle fonti sopracitate emerge chiaramente la notevole rilevanza attribuita all'aspetto formale degli accordi di giurisdizione, atteso che, come sottolineato da autorevole dottrina, la forma è concepita come "un "mezzo di ricostruzione" dei caratteri di quel fenomeno psicologico che corrisponde al concetto di volontà".

In particolare, l'accento è posto sulla nozione di "accordo" che presuppone l'incontro della volontà delle parti, tutte, nonché sulla necessità della forma scritta, quantomeno ai fini della prova.

Con riguardo al requisito più stringente della forma scritta, è pressoché unanimemente ritenuto che il consenso debba essere manifestato in modo chiaro e preciso, tale da risultare conoscibile all'altra parte in buona fede e secondo la normale diligenza.

La Corte di Giustizia ha, quindi, sottolineato come la necessaria interpretazione in senso restrittivo dei requisiti formali previsti per gli accordi di scelta del foro imponga una specifica indagine da parte del giudice volta ad accertare che la parte avesse una "rappresentazione consapevole dell'esistenza della clausola di proroga" e che a tale rappresentazione "interna" corrisponda una manifestazione "esterna" in modo espresso della clausola stessa.

Si afferma, pertanto, che il documento su cui si trova "impresso" l'accordo di giurisdizione debba essere sottoscritto da entrambe le parti, o loro rappresentanti, quale inequivoca manifestazione del relativo consenso.

La rilevanza del supporto contenente la manifestazione di volontà delle parti emerge con tutta evidenza anche laddove l'art. 25 par. 2 Regolamento UE 1215/2012 include nella nozione di forma scritta "qualsiasi comunicazione con mezzi elettronici che permetta una registrazione durevole dell'accordo attributivo di competenza".

La giurisprudenza europea e nazionale hanno costantemente affermato tali principi, richiedendo più specificamente la sussistenza, e la prova, di un consenso effettivo, oltre alla manifestazione dello stesso in modo chiaro e preciso.

In particolare, la Corte di Giustizia ha precisato che la rilevanza giuridica delle clausole di scelta del foro nel caso di specie emerge solo allorché le stesse siano state "oggetto di un accordo" che "presuppone il mutuo consenso tra le parti", sicché occorre primariamente la specifica prova dell'esistenza del suddetto accordo, rectius, la prova "effettiva" del consenso.

La preponderante rilevanza della forma per il diritto processuale europeo ha addirittura portato autorevole dottrina a collocarla nel "proscenio" della disciplina in esame, quale elemento fondante tale da oscurare persino il profilo sostanziale.

Tale elaborazione giurisprudenziale è sempre stata costante sin dalla Convenzione di Bruxelles del 1968 allorché, anche nella traduzione italiana, alla forma scritta era espressamente equiparato l'accordo orale confermato per iscritto.
Come noto, la conferma è un atto unilaterale con cui il confermante dichiara al destinatario della stessa di accettare la conclusione di un accordo, nel nostro caso, di giurisdizione, alle condizioni ivi indicate. La conferma può assumere forma scritta, su supporto sia cartaceo sia elettronico.

La Corte di Giustizia richiede, in particolare, che la conferma scritta sia una mera, ma, al contempo, pedissequa esternazione per iscritto di un accordo già avvenuto oralmente e che diventi efficace una volta giunta al destinatario (in quanto atto recettizio) senza che questi sollevi obiezioni. Laddove, invece, nella conferma scritta sia comparsa ex novo una clausola di scelta del foro, allora si rende necessario un successivo espresso atto di assenso in forma scritta, non potendo bastare all'uopo l'assenza di contestazioni sul punto.

L'equiparazione della forma scritta con la forma orale confermata per iscritto viene traslata con le medesime parole anche nel Regolamento CE 44/2001, mentre la locuzione de qua viene sostituita con un differente dato testuale nel Regolamento UE 1215/2012, ove è previsto che l'accordo di giurisdizione deve essere "concluso o provato per iscritto".

Prima di addentrarsi nella spinosa questione se il legislatore europeo, in occasione del Recast, abbia o meno voluto porsi su una linea di discontinuità con la previgente normativa, giova dare atto che simili problematiche potrebbero sollevarsi solamente con riferimento alla traduzione italiana del Regolamento UE 1215/2012, atteso che altre traduzioni, ad esempio quella francese e spagnola, hanno mantenuto il medesimo tenore letterale della formulazione precedente, riferendosi alla forma orale con conferma scritta. L'equivoco potrebbe, pertanto, essere dovuto a una nuova traduzione italiana della locuzione dal testo inglese, in cui è affermato che "The agreement conferring jurisdiction shall be either: a) in writing or evidenced in writing (…)", pur sottolineandosi come le sopra menzionate parole siano le stesse del precedente Regolamento CE 44/2001.

La questione, pertanto, sembrerebbe tutta italiana e proprio per questo non meritevole di ulteriore approfondimento poiché, evidentemente, non rientrante né nella ratio né nella voluntas del legislatore europeo.

Ad ogni modo, la forma scritta o provata per iscritto non esaurisce le forme in cui può manifestarsi il consenso di un accordo di giurisdizione, atteso che la prova della sussistenza di un consenso effettivo può sostanziarsi altresì nella prova o di una forma generalmente ammessa tra le parti (lett. b) art. 25 par. 1 Regolamento UE 1215/2012) o di una forma dettata da un uso del commercio internazionale (lett. c) art. 25 par. 1 Regolamento UE 1215/2012).

Giova al riguardo sottolineare come le lett. b) e c) sopra citate siano il frutto di modifiche successive al testo originale della Convenzione di Bruxelles del 1968, ispirate ad esigenze maggiormente confacenti al carattere mutevole e cangiante dei traffici commerciali progressivamente in espansione.

In tal modo, la fissità e rigidità di un sistema, così come all'origine, basato sulla sola forma scritta o provata per iscritto delle clausole di scelta del foro, è stata connotata dei caratteri di dinamicità e flessibilità tipici del commercio internazionale nel mentre sempre più sviluppatosi, sicché in occasione dell'adesione della Danimarca, del Regno Unito e dell'Irlanda alla Convenzione di Bruxelles del 1968, avvenuta nel 1978, è stata inserita l'attuale lett. c) art. 25 par. 1 Regolamento UE 1215/2012 che fa riferimento alle forme ammesse "da un uso che le parti conoscevano o avrebbero dovuto conoscere e che, in tale campo, è ampiamente conosciuto e regolarmente rispettato dalle parti di contratti dello stesso tipo nel settore commerciale considerato", mentre, contestualmente all'adesione di Spagna e Portogallo alla suddetta Convenzione avvenuta nel 1989, è stata aggiunta l'attuale lett. b) art. 25 par. 1 Regolamento UE 1215/2012 che introduce la conclusione di accordi di giurisdizione "in una forma ammessa dalle pratiche che le parti hanno stabilito tra di loro".

Con riferimento alla prima modifica ratione temporis, ossia quella inerente alla lett. c) Regolamento UE 1215/2012, gli usi cui si fa riferimento sono gli usi del commercio internazionale, cui è attribuita natura di fonte normativa primaria dalla Convenzione di Vienna del 1980 sulla vendita internazionale di merci. In particolare, vengono in rilievo quegli usi effettivamente utilizzati, conoscibili dagli operatori del settore e circostanziati geograficamente, oltre che per ambito commerciale, nel cui alveo è riconducibile il rapporto contrattuale in questione.

La dottrina e la giurisprudenza hanno sottolineato come la novella abbia in realtà introdotto una presunzione della sussistenza del consenso, oltre che della conoscenza dell'uso, a discapito della necessità della prova di un consenso effettivo, poiché ormai presunto. Tuttavia, è stato altresì sottolineato come il suddetto allentamento delle rigidità precedenti sia riservato ai soli operatori del mercato, ai cd. businessmen, non già ai privati, per i quali varranno le regole inerenti alla forma scritta o provata per iscritto ut supra.
Inoltre, anche la forma legata agli usi non trova una così larga diffusione se non in limitati ambiti del diritto assicurativo e finanziario. Con riferimento al primo, la giurisprudenza si è pronunciata in merito alle polizze di carico nel trasporto marittimo di merci e al settore "grandi rischi", con riferimento al secondo in merito al prospetto informativo degli strumenti finanziari.

In merito all'introduzione della lett. b) art. 25 par. 1 Regolamento UE 1215/2012, secondo cui l'accordo di giurisdizione deve essere "in una forma ammessa dalle pratiche che le parti hanno stabilito tra di loro", la ratio giustificatrice di tale novella si fonda sui principi di affidamento e di buona fede che caratterizzano i rapporti contrattuali di durata tra operatori commerciali tra loro noti e che giustificherebbero un allentamento del formalismo caratterizzante tale materia.

D'altra parte, si è voluto riempire quella lacuna normativa che, facendo esclusivo riferimento agli accordi conclusi in forma scritta ovvero in una forma ammessa da un uso del commercio internazionale, tralasciava quelle ipotesi, peraltro diffuse nella prassi, in cui le parti, pur non seguendo un uso strictu sensu inteso, avevano comunque creato una continuità di rapporti giuridici tale da generare una sorta di "usualità inter partes" ai sensi dei principi di buona fede (con riferimento alla condotta di ciascuna parte) e di affidamento (ciascuna parte nel comportamento contrattuale dell'altra).

Il risultato è stato un ampliamento dell'autonomia privata in via direttamente proporzionale al grado di regolarità e continuità del rapporto contrattuale tra le parti, nonché un corrispondente ampliamento dell'oggetto dell'onere probatorio, che dovrà vertere in simili casi anche sulla prova della continuità delle pratiche ammesse tra le parti.

In conclusione, alla luce del contesto normativo sopra illustrato, mentre da un lato si è assistito a un ampliamento del novero delle forme da parte del legislatore eurounitario, al fine di rendere la disciplina maggiormente confacente all'evoluzione e allo sviluppo delle prassi del commercio internazionale, dall'altro lato permangono rigidità sul piano ermeneutico, atteso che l'orientamento prevalente della Corte di Giustizia privilegia un'interpretazione in via restrittiva e autonoma dei requisiti di validità formale previsti dalla normativa sovranazionale.

Emerge, pertanto, con tutta evidenza come il formalismo europeo in materia di accordi di giurisdizione costituisca un tratto caratterizzante l'intera disciplina a tutela del principio dell'autonomia privata e della prestazione di un consenso effettivo.

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*A cura di Federica Sartori, Avvocato