Irap, per la Cassazione l'impresa familiare non è per forza sintomo di autonoma organizzazione
L'apporto all'attività del titolare fornito dal contributo del familiare deve essere oggetto di specifico accertamento del giudice tributario
L'Irap non è automaticamente dovuta dal titolare dell'impresa familiare.
La Cassazione boccia - con la sentenza n. 26183 depositata oggi - l'affermazione delle commissioni tributarie, provinciale e regionale, secondo cui: "l'impresa familiare è di per sé impresa organizzata". Ritenendo, di conseguenza, sempre sussistente - cioè senza valutare in concreto l'apporto del collaboratore familiare - uno dei due presupposti dell'imposta regionale, ossia l'esistenza di un'autonoma organizzazione in grado di determinare quel valore aggiunto "tassabile" dell'attività svolta dal contribuente, imprenditore o lavoratore autonomo.
Un automatismo applicato all'impresa familiare e che oggi la Cassazione ribadisce illegittimo, in applicazione dell'orientamento già espresso dalle sue sezioni Unite civili nel 2016.
Il Palazzaccio richiama quindi i giudici tributari a non escludere "mai" (neanche in caso di impresa familiare) il doveroso esame del concreto apporto fornito dal collaboratore all'attività dell'imprenditore o del professionista.
Nel caso concreto, ora riportato dalla Cassazione all'attenzione della Ctr, la moglie del ricorrente svolgeva compiti di segreteria e partecipava al 15% degli utili. I giudici dovranno quindi indagare se il contributo della moglie si esauriva o meno nell'esecuzione di compiti meramente esecutivi. In caso di risposta affermativa l'Irap non è dovuta dal marito, titolare dell'impresa familiare.