Amministrativo

Sindacati, il Consiglio di Stato delinea l'associazione "comparativamente più rappresentativa"

Escluso ogni automatismo tra la sufficiente rappresentatività nazionale di un sindacato e rappresentatività comparata dello stesso con le altre associazioni operanti nel settore di riferimento

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di Camilla Insardà

La sentenza del 26 settembre 2022 n. 8300 del Consiglio di Stato concentra l'attenzione sui criteri di misurazione del grado di rappresentatività sindacale, delineando la figura dell'associazione "comparativamente più rappresentativa", destinata a prendere il posto di quella "maggiormente rappresentativa", cui si riferiva l'articolo 19, comma I, lettera a) della legge 300/1970.

Il caso esaminato
I fatti traggono origine dalla richiesta di accesso alla cassa integrazione salariale in deroga, ex articolo 22 del Dl 18/2020, effettuata da una ditta pugliese e dal conseguente rigetto da parte dell'Inps, per mancata allegazione di un verbale d'accordo sindacale sottoscritto da un'organizzazione sindacale comparativamente più rappresentativa a livello nazionale. Chiamato a decidere sulla legittimità del diniego, il Tar per la Puglia di Bari ha annullato il provvedimento impugnato, ritenendo la Cisal annoverabile tra le associazioni maggiormente rappresentative e dunque soddisfatto il presupposto richiesto dal Decreto Cura Italia.
Ritenendo errata la ricostruzione nozionistica di "organizzazione sindacale comparativamente più rappresentativa a livello nazionale" elaborata in primo grado, con la decisione 8300/2022, il Consiglio di Stato ha accolto l'appello dell'Inps, in riforma della statuizione 1840/2021 del Tar.

La posizione dei giudici di palazzo Spada
Sorvolando sulle eccezioni preliminari, rivelatesi prive di pregio, i giudici del gravame hanno ribadito che presupposto essenziale per l'accesso alla cassa integrazione in deroga, ex articolo 22 Dl 18/2022, è l'esistenza di un accordo siglato con una organizzazione sindacale comparativamente più rappresentativa a livello nazionale, concetto quest'ultimo che non necessariamente coincide con la vecchia "maggiore rappresentatività sindacale".
In altre parole, il Consiglio di Stato ha escluso ogni automatismo tra la sufficiente rappresentatività nazionale di un sindacato e (maggiore?) rappresentatività comparata dello stesso con le altre associazioni operanti nel settore di riferimento.

Sindacato e Statuto dei lavoratori
In generale, il sindacato può definirsi come gruppo spontaneo di lavoratori (o di datori di lavoro), che agisce collettivamente per la tutela degli interessi comuni degli appartenenti alla categoria di riferimento. Tale istituto nasce dalla libertà di associazione ex articolo 18 Cost, la quale unita all'esigenza di salvaguardare i diritti dei prestatori d'opera hanno condotto all'affermazione costituzionale della libertà sindacale ex articolo 39. La norma riconosce a tali associazioni piena autonomia organizzativa, negozionale ed amministrativa e garantisce il rispetto del principio del pluralismo sindacale nell'ambito del cosiddetto conflitto sociale, in cui normalmente si traduce la contrattazione collettiva con i datori di lavoro.
È in tale disposizione fondamentale che trova fondamento il generale concetto di "rappresentatività" dell'organo legittimato a stipulare contratti aventi efficacia obbligatoria per tutti gli associati. In questo senso, la giurisprudenza ha parlato di rappresentatività negoziole.
Un primo riferimento al criterio della maggiore rappresentatività si rinveniva nell'articolo 19 dello Statuto dei Lavoratori, la cui abrogata lettera a) consentiva la costituzione di rappresentanze sindacali aziendali "nell'ambito delle assocazioni aderenti alle confederazioni maggiormente rappresentative sul piano nazionale". Tuttavia, tale parametro non era sufficiente ad assicurare una rappresentatività effettiva, poiché la sola adesione del gruppo ad un'associazione nazionale rilevante sul territorio nazionale costituiva ragione sufficiente ad evitare ogni verifica sul punto.

La giurisprudenza
La giurisprudenza ha tentato di superare l'empasse e di garantire il rispetto del principio democratico nei rapporti di lavoro, attraverso l'elaborazione di alcuni indici di misurazione del grado di rappresentatività, quali la consistenza numerica degli associati, la diffusione nei diversi settori produttivi, l'estensione territoriale, la continua e sistematica partecipazione dell'associazione alla contrattazione collettiva.
Anche tali parametri sono risultati insoddisfacenti, portando il Legislatore alla formulazione del nuovo concetto di "rappresentatività comparata", chiave di lettura della sentenza 8300/2022.
La pronuncia sottolinea come il concetto di "maggiore rappresentatività", benché formalmente superato, non sia del tutto scomparso dal panorma giuslavoristico. Ad esso deve riconoscersi un valore, per così dire, astratto, dovendo essere interpretato alla luce del principio del pluralismo sindacale, in senso inclusivo, quale effettiva forza rappresentativa dell'organizzazione sindacale, per la tutela dei diritti e l'esercizio delle libertà fondamentali.
Il Consigio di Stato, non dimentico dello scopo della rappresentatività sindacale di una corretta distribuzione delle prerogative fra le associazioni nell'ambito del conflitto sociale, ha fatto riferimento ad una nozione più concreta, che impone una selezione fra i sindacati, basata sulla loro effettiva capacità rappresentativa. Nella definizione di sindacato comparativamente più rappresentativo, proposta dalla sentenza 8300/2022, sembra emergere di nuovo la maggiore rappresentatività, declinata questa volta in senso meno teorico e più pragmatico, agganciata non ad un'arbitraria attribuzione di determinati vantaggi, ma ad un accertamento materiale, basato su indici oggettivi e tangibili.

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