Famiglia

L’assegno di divorzio deve tener conto della casa coniugale

L’assegnazione disposta nell’interesse dei figli ha un valore economico

di Giorgio Vaccaro

Occorre tenere conto dell’assegnazione della casa familiare a uno o all’altro coniuge quando vengono adottate le decisioni successive al divorzio. Infatti, l’attribuzione della casa familiare, pur essendo finalizzata a tutelare i figli e il loro interesse a conservare l’ambiente domestico, costituisce anche «un’unità suscettibile di apprezzamento economico». Del resto, anche quando il coniuge separando sia comproprietario della casa familiare, il godimento di questa non trova fondamento nella comproprietà del bene ma nel provvedimento di assegnazione, opponibile anche ai terzi. È quanto ha chiarito la Cassazione che, con l’ordinanza 8764 del 28 marzo 2023, ha bocciato la sentenza con cui i giudici di secondo grado avevano determinato l’assegno divorzile.

Per ragionare sul tema del mantenimento del coniuge, la Cassazione parte dalla sentenza a Sezioni Unite 32914 del 2022, per cui la separazione tra i coniugi «non estingue il dovere reciproco di assistenza materiale, espressione del dovere, più ampio, di solidarietà coniugale». Tuttavia, la fine della convivenza comporta significativi mutamenti. Da un lato, «il coniuge cui non è stata addebitata la separazione ha diritto di ricevere dall’altro un assegno di mantenimento, qualora non abbia mezzi economici adeguati a mantenere il tenore di vita matrimoniale», mentre il coniuge cui è addebitata la separazione «può pretendere solo la corresponsione di un assegno alimentare se versa in stato di bisogno». Invece, l’assegno divorzile, del tutto autonomo rispetto a quello di mantenimento dato al coniuge separato, dopo i chiarimenti forniti dalle Sezioni Unite con la sentenza 18287 del 2018, «ha natura composita, in pari misura, assistenziale (...) e riequilibratrice o, meglio, perequativo-compensativa, quale riconoscimento dovuto, laddove le situazioni economico-patrimoniali dei due coniugi, pur versando entrambi in condizioni di autosufficienza, siano squilibrate per il contributo dato alla realizzazione della vita familiare, con rinunce a occasioni reddituali attuali o potenziali e conseguente sacrificio economico».

Nella quantificazione dell’assegno divorzile – precisa ora l’ordinanza – si deve dare rilievo anche all’assegnazione della casa familiare perché ha un valore economico; questo anche se al provvedimento di assegnazione della casa familiare «risulta estranea qualsiasi valutazione inerente alla regolamentazione dei rapporti economici tra i genitori». Laddove non si dia luogo a una tale valutazione, il provvedimento che attribuisce l’assegno divorzile risulterà viziato per “omessa valutazione” e quindi riformabile.

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