Penale

L'emergenza Covid non è uno "stato di guerra", illegittima la compressione delle libertà fondamentali

Il tribunale penale di Pisa ha assolto chi non ha rispettato il divieto di uscire di casa del Dpcm del marzo 2020

di Pietro Alessio Palumbo

Il codice penale punisce chi non osserva un provvedimento legalmente dato dall'Autorità per ragione di giustizia, sicurezza pubblica, ordine pubblico, igiene. Con la sentenza n.1842/2021 depositata il 17 febbraio scorso il Tribunale Penale di Pisa ha affrontato una vicenda in cui era stata contestata la violazione dell'ordine imposto con il Dpcm del marzo 2020 recante misure urgenti in materia di contenimento e gestione dell'emergenza epidemiologica da Covid-19, con particolare riguardo al divieto di uscire di casa se non per motivi di lavoro, salute, necessità. Il giudice toscano ha ritenuto sussistenti i presupposti per la pronuncia di assoluzione nella formula più ampia e favorevole in quanto a suo dire il Dpcm in parola non è da considerarsi "legalmente" dato dall'Autorità.

Stato di emergenza e "stato di guerra"
A causa della epidemia da Covid-19 ed al fine di tutelare la salute pubblica sono state emanate disposizioni che hanno comportato la sospensione e la "compressione" di alcune libertà garantite dalla nostra Carta Costituzionale. Libertà che concernono i diritti fondamentali dell'uomo e che costituiscono il "nucleo duro" della Costituzione, non emendabile neppure con il procedimento di revisione costituzionale. A ben vedere al di fuori dello stato di guerra l'Ordinamento Costituzionale Italiano non contempla né lo stato di eccezione né lo stato di emergenza. Lo stato di emergenza è una condizione giuridica particolare che può essere attivata al verificarsi di eventi eccezionali. Questa situazione emergenziale richiede, pertanto, un intervento urgente e con poteri straordinari al fine di tutelare i cittadini e porre rimedio ad eventuali danni. Tuttavia per fronteggiare una tale situazione gli strumenti idonei a cui si può far ricorso devono trovare, in ogni caso, un fondamento di rango costituzionale specie per quanto attiene ai presupposti, qualora incidano e impattino su diritti costituzionalmente garantiti. La Costituzione italiana non prevede alcun articolo che disciplini lo stato d'emergenza/d'eccezione, volto a ricomprendere tutte quelle situazioni che non si riferiscano al vero e proprio "stato di guerra". E l'assenza di uno specifico diritto speciale per lo stato di emergenza è frutto di una scelta consapevole dei Padri costituenti. Infatti la proposta di introdurre la previsione dello stato di emergenza per ipotesi diverse da eventi bellici non venne accolta al fine di evitare che attraverso la dichiarazione dello stato di emergenza si potessero comprimere diritti fondamentali, con conseguente alterazione dello stesso assetto dei Poteri.

Il cosiddetto "diritto tiranno" e i principi del primum vivere e del salus rei publicae
All'interno dell'ordinamento costituzionale italiano è comunque rinvenibile un implicito statuto costituzionale dell'emergenza per la tutela della salute pubblica. Ma qualora emergano situazioni emergenziali in cui si ravvisi la necessità di dare attuazione ai principi precauzionali del primum vivere e del salus rei publicae occorre tener presente in ogni caso che non è possibile istituire una gerarchia tra le varie figure di diritti fondamentali; non sussistendo nell'ordinamento costituzionale alcuna presunzione assoluta di prevalenza di un diritto su tutti gli altri. Quindi qualora l'esercizio di un diritto comporti in caso di necessità ed urgenza, la limitazione di altri, ciò deve avvenire nel rispetto dei principi di legalità, riserva di legge, necessità, proporzionalità, bilanciamento e temporaneità. Diversamente si determinerebbe l'insorgere del cosiddetto "diritto tiranno" avanti al quale tutti gli altri diritti dovrebbero soccombere.

Il concetto di "calamità naturale"
A giudizio del Tribunale di Pisa si deve poi rilevare come l'epidemia o la pandemia non rientrino in alcun modo nell'ambito della "calamità naturale", per il semplice motivo che sono dimensioni di crisi del tutto diverse fra di loro. Infatti la pandemia è una epidemia con tendenza a diffondersi ovunque cioè a invadere rapidamente vastissimi territori e continenti. La pandemia può dirsi realizzata soltanto in presenza di queste tre condizioni: un organismo altamente virulento, mancanza di immunizzazione specifica nell'uomo, possibilità di trasmissione da uomo a uomo; l'epidemia è una manifestazione collettiva di una malattia che si diffonde rapidamente fino a colpire un gran numero di persone in un territorio più o meno vasto in dipendenza di vari fattori, che si sviluppa con andamento variabile, che si estingue dopo una durata anch'essa variabile. La calamità naturale si configura dinanzi ad ogni fatto catastrofico, ragionevolmente imprevedibile, conseguente a eventi determinanti e a fattori predisponenti, tutti di ordine naturale e a loro volta razionalmente imprevedibili. La calamità naturale, pertanto, non ha nulla a che fare con l'epidemia/pandemia, provocata da agenti virali o batterici.

La libertà personale
Per la nostra Costituzione uno dei diritti fondamentali, indubbiamente il più importante, è quello alla libertà personale. La Carta Costituzionale delinea una serie di diritti inviolabili fra i quali pone al primo posto quello alla libertà personale, che è intoccabile. Nel nostro Ordinamento giuridico l'obbligo di permanenza domiciliare configura una fattispecie restrittiva della libertà personale e, in quanto tale, può essere irrogato solo dal Giudice con atto motivato nei confronti di uno specifico soggetto; e sempre in forza di una legge che preveda "casi e modi". Il vietare a una persona fisica ogni spostamento anche all'interno del territorio in cui vive o si trova, configurandosi quale vero e proprio obbligo di permanenza domiciliare richiede una specifica disposizione legislativa. Consegue che un Dpcm, fonte meramente secondaria non atto normativo, non può disporre limitazioni della libertà personale.

La libertà di circolazione
Altro diritto che secondo il Giudice di Pisa risulta violato dal Dpcm in parola è la libertà di circolazione. La Costituzione repubblicana afferma e tutela la libertà di circolazione dei cittadini, cioè la libertà di muoversi liberamente da un luogo ad un altro, senza necessità alcuna di richiedere permessi o render conto ad alcuno dei motivi dei propri spostamenti; e nel far salve le limitazioni a tale libertà, la Carta pone dei limiti alla discrezionalità del legislatore. Le limitazioni sono dunque garantite da una riserva di legge, con la conseguenza che solo atti aventi valore primario possono prevederle e non provvedimenti aventi natura amministrativa, quali sono per l'appunto i Dpcm. Consegue che le misure limitative alla libertà di circolazione disposte con Dpcm sono prive di fondamento legislativo di rango primario; e ciò viola la Costituzione.

Il diritto al lavoro e all'equa retribuzione
Si è inoltre assistito all'introduzione di sempre più stringenti restrizioni e limitazioni sui diritti costituzionali al lavoro e ad un'equa retribuzione fino ad escludere categorie di persone dalla vita sociale, e dunque, da tutte quelle attività che attengono alla sfera della libertà personale, intesa quale diritto di svolgere attività che sviluppino la propria dimensione psicofisica. II tutto in violazione – evidenzia il giudice toscano - del fondamentale principio di uguaglianza, in forza del quale tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono uguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di religione, di opinioni politiche e di condizioni personali o sociali; e del dovere inderogabile della Repubblica di rimuovere e non introdurre ostacoli di ordine economico e sociale, che limitando di fatto la libertà e l'uguaglianza dei cittadini, possono impedire il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese. Quando si introducono misure potenzialmente lesive del principio di eguaglianza e di dignità sociale occorre far riferimento al rispetto della persona umana, in quanto la dignità della persona e il criterio di misura della compatibilità dei bilanciamenti, continuamente operati dal legislatore e dai giudici, con il quadro costituzionale. In occasione di ogni operazione di bilanciamento sarebbe necessario chiedersi se il risultato può incidere negativamente sulla dignità della persona, oppure se rimane intatta la sua consistenza. Dunque le misure con cui si comprimono diritti e libertà fondamentali dell'uomo non devono mai incidere sulla dignità umana; e la tutela dell'interesse della salute collettiva, che con esse si intende perseguire, non può mai superare il limite invalicabile del rispetto della persona umana. II superamento di tale limite oltre a porsi in contrasto con la Costituzione può condurre alla violazione dei Trattati Internazionali e della Carta Europea dei Diritti Fondamentali dell'Uomo, che sanciscono l'inviolabilità dei diritti fondamentali dell'uomo e della dignità della persona umana.

La protrazione ad libitum dello stato di emergenza
Il Tribunale di Pisa ha infine evidenziato che gli effetti delle misure restrittive, adottate nel periodo emergenziale non possono assolutamente protrarsi oltre la loro effettiva necessità. Ciò in quanto il periodo emergenziale che stiamo vivendo ha costituito (e costituisce) il presupposto che ha legittimamente giustificato l'adozione delle richiamate misure limitative. Deriva che nel momento in cui verrà meno lo stato d'emergenza, i diritti e le libertà fondamentali dovranno necessariamente riespandersi nella loro natura originale, poiché secondo il tribunale pisano "la compressione degli stessi ha raggiunto e superato il limite massimo di tollerabilità". Una compressione che per il giudice non può ulteriormente protrarsi, né a tempo predeterminato, né a maggior ragione ad libitum con continui e reiterati prolungamenti di operatività. In caso contrario, le libertà ed i diritti fondamentali costituzionalmente riconosciuti e garantiti, verrebbero svuotati del loro nucleo essenziale, e degradati, come tali, a meri "simulacri".

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