Civile

Suicidio assistito, il primo sì in Italia arriva dal Comitato etico

Con il primo sì di un Comitato l’Italia si muove sul solco tracciato dalla sentenza autoapplicativa della Consulta (la 242/2019)

di Patrizia Maciocchi

Con il primo sì di un Comitato etico al suicidio medicalmente assistito l’Italia si muove sul solco tracciato dalla sentenza autoapplicativa della Consulta (la 242/2019).

A dare l’ok è stato il Comitato etico dell’azienda sanitaria delle Marche, che ha certificato l’esistenza delle quattro condizioni stabilite dalla Consulta, in un paziente di 43 anni, da 10 immobile dopo un incidente stradale. Una verifica che era stata richiesta, attraverso l’Asur, dal Tribunale di Ancona al quale, secondo la Regione Marche, spetta comunque l’ultima parola.

I giudici delle leggi hanno passato un colpo di spugna sul divieto assoluto di aiuto al suicidio. Per la Consulta non è un crimine agevolare il suicidio di una persona capace di decidere in modo libero e consapevole, ma tenuta in vita da trattamenti di sostegno e affetta da una malattia irreversibile fonte di sofferenze fisiche e psicologiche che trova intollerabili. In applicazione di questi principi si è arrivati all’assoluzione di Marco Cappato per l’aiuto al suicidio dato al Dj Fabo e, ieri, al sì del Comitato etico.

L’equipe ha dato le risposte necessarie ad accogliere la richiesta del paziente di porre fine alla sofferenza. Il Comitato ha sottolineato la volontà dell’uomo di non integrare la terapia con antidolorifici o ulteriori aiuti domiciliari e la sua assoluta capacità di fare scelte autonome e consapevoli. Dati clinici alla mano ha affermato anche l’irreversibilità della malattia. Più complicato avere certezze sulla sofferenza fisica ritenuta insopportabile. Un elemento soggettivo difficile da determinare. Comunque desunto dalla coerenza tra il racconto della sofferenza psichica e la condizione fisica. Né sull’affermazione della intollerabilità incide il rifiuto di terapie antidolorifiche integrative. Per quanto riguarda il requisito della presenza di sostegni vitali, l’equipe sgombra il campo dal rischio discriminazione. Un pericolo che sta nel fare un distinguo tra chi vive grazie alla presenza di macchinari e chi, come nel caso esaminato, è sottoposto a trattamenti e utilizza dispositivi che svolgono un ruolo sussidiario delle funzioni fisiologiche. Gli specialisti evidenziano che anche un’eventuale interruzione di questi ausili potrebbe causare il decesso «se non fossero messi in atto interventi invasivi, dopo ulteriori sofferenze e con una modalità non dignitosa di porre fine alla propria esistenza». Il pool si ferma però davanti alla richiesta di un parere sul farmaco indicato. Una scelta non abbastanza motivata come vaga è la metodica da seguire. E l’equipe non ritiene che sia di sua competenza indicare alternative. Il presidente emerito della Corte costituzionale Cesare Mirabelli promuove la valutazione del Comitato etico: «Con un parare analitico e ampiamente motivato - afferma Mirabelli - sono state accertate tutte le condizioni stabilite dalla Corte costituzionale per escludere la punibilità dell’assistenza al suicidio»

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