Civile

Tribunali civili: le principali sentenze di merito della settimana

La selezione delle pronunce della giustizia civile nel periodo compreso tra il 16 e il 19 agosto 2022

di Giuseppe Cassano

Nel corso di questa settimana le Corti d'Appello sono state chiamate a pronunciarsi in materia di contratti di assicurazione e di vendita, di responsabilità degli istituti di credito e, infine, di malpractice medica.
Da parte loro i Tribunali hanno tracciato la differenza tra cronaca e critica e, ancora, sono intervenuti in materia di mandato-card, supercondominio, sinistri stradali (con veicolo non identificato), appalto e azione generale di indebito arricchimento.


ASSICURAZIONE
Contratto di assicurazione – Assicurato - Condotta. (Cc, articolo 1900; Cp, articoli 40 e 41)
Secondo l'adita Corte d'Appello di Milano il principio di cui all'art. 1900 c.c., per il quale l'assicurazione non si estende ai rischi provocati volontariamente e con colpa grave del beneficiario, trova applicazione anche quando la condotta dell'assicurato - caratterizzata dal dolo o dalla colpa grave - non sia stata la causa unica del verificarsi dell'evento dannoso, in quanto ai fini del nesso causale fra la detta condotta ed il danno trova applicazione il principio della "conditio sine qua non", temperato da quello della regolarità causale, secondo il disposto degli artt. 40 e 41 c.p..
Ne consegue che, quando l'evento è derivato da una pluralità di comportamenti commissivi od omissivi, tra cui un comportamento colposo dell'assicurato, è sufficiente per negare l'estensione della polizza accertare che, se detto comportamento non si fosse verificato, l'evento non si sarebbe prodotto.
Con la precisazione che, nell'assicurazione contro i danni, il fatto costitutivo del diritto dell'assicurato all'indennizzo consiste nel verificarsi dell'evento corrispondente al rischio assicurato, nell'ambito spaziale e temporale di operatività della garanzia.
Incombe, di conseguenza, sull'assicurato l'onere di provare il verificarsi del rischio coperto dalla garanzia assicurativa e del danno di cui reclama il ristoro, quale conseguenza immediata e diretta; da parte sua, l'assicuratore che voglia contestare l'operatività della polizza, per non essersi avverato il rischio garantito, ha l'onere di offrire la prova della causa estintiva o impeditiva del diritto all'indennizzo.
Come noto, il rischio previsto nel contratto di assicurazione è, di norma, un rischio delimitato, attraverso patti di vario genere che circoscrivono, a seconda delle volontà delle parti e del premio pagato, l'indennizzabilità ai sinistri derivanti da determinate cause, ovvero ai sinistri consistiti in determinati eventi, o ancora ai sinistri che abbiano prodotto determinati effetti.
Ciò significa che per effetto dell'inserimento nel contratto di assicurazione di queste clausole di delimitazione del rischio, gli effetti avversi cui l'assicurato è teoricamente esposto possono essere classificati in tre categorie:
1) i rischi inclusi (per i quali il contratto accorda all'assicurato il pagamento dell'indennizzo); 2) i rischi esclusi (estranei al contratto); 3) i rischi non compresi (che astrattamente rientrerebbero nella generale previsione contrattuale, ma la cui indennizzabilità è esclusa con un patto espresso di delimitazione del rischio).
Corte appello Milano, sezione III, sentenza 16 agosto 2022 n. 2735

VENDITA
Contratto di vendita – Consegna della merce - Prova
. (Cc, articoli 1510 e 2697)
Muovendo dal generale (quanto noto) principio di diritto sancito dall'art. art. 2697 c.c., secondo il quale "chi vuol far valere un diritto in giudizio deve provare i fatti che ne costituiscono il fondamento", sottolinea l'adita Corte d'Appello di Bari come si debba escludere l'idoneità del documento di trasporto firmato esclusivamente dal vettore a costituire piena prova (e ad assolvere l'onere posto in capo al mittente) dell'avvenuta consegna (nelle quantità specificamente pattuite), della merce al destinatario.
D'altronde i documenti provenienti da terzi estranei alla lite possono offrire soltanto elementi indiziari idonei a fondare il convincimento del Giudice solo se assistiti da altre risultanze probatorie, quali possono essere dichiarazioni testimoniali, ovvero presunzioni semplici.
Ne consegue che qualora il documento di trasporto sia firmato dal solo vettore, lo stesso, provenendo da un soggetto terzo alla causa, è destinato ad assumere valore meramente indiziario, e sarà inidoneo a soddisfare l'onere posto in capo al mittente di provare l'avvenuta consegna della merce al destinatario.
Si afferma così in sentenza il principio di diritto secondo cui la rimessione da parte del venditore al vettore o allo spedizioniere delle cose da trasportare in luogo diverso, libera per volontà di legge il venditore stesso dall'obbligo della consegna, a norma dell'art. 1510, II, c.c..
Tuttavia, quando non vi sia contestazione né dell'avvenuta rimessione al vettore o allo spedizioniere dei pacchi contenenti la merce né dell'integrità dei pacchi stessi, ma il compratore contesti il contenuto dei pacchi in relazione all'obbligo del venditore di consegnare tutta la merce oggetto della vendita, nella quantità convenuta, incombe sul venditore stesso la prova di aver consegnato al compratore tutta la merce, e tale prova non può essere costituita dalla fattura di accompagnamento dei pacchi sottoscritta dal compratore e restituita al vettore o allo spedizioniere al momento della loro ricezione e prima della loro apertura, dato che tale fattura fornisce la prova dell'avvenuta ricezione dei pacchi stessi e, mancando una riserva, anche dell'integrità del loro imballaggio, ma non del loro contenuto.
Corte appello Bari, sezione II, sentenza 18 agosto 2022 n. 1251

BABCHE E ISTITUTI DI CREDITO
Istituti di credito - Contratto quadro di investimento - Attività informativa – Responsabilità.
(Dlgs 24 febbraio 1998 n. 58, articolo 1)
Adita in materia di responsabilità degli istituti di credito la Corte d'Appello di L'Aquila, nella sentenza qui in esame, afferma in punto di diritto il principio secondo cui il contratto quadro di investimento finanziario rappresenta un accordo tra intermediario e cliente che ha ad oggetto una delle prestazioni previste dall'art. 1 D.Lgs. n. 58/1998 (TUF), in forza del quale l'intermediario ha il potere di operare.
Successivamente a tale fase l'intermediario dà esecuzione agli ordini del cliente, con un autonomo atto/ negozio. Da ciò deriva una evidente struttura bifasica del rapporto costituita, a monte, dal contratto quadro e, a valle, dai singoli ordini in attuazione del primo, ordini che assumono la veste di negozi giuridici.
In entrambe le fasi, quella del contratto quadro (negoziazione) e quella propriamente esecutiva, l'intermediario è tenuto a fornire le informazioni necessarie affinché il cliente-risparmiatore sia in grado di poter conoscere e decidere di conseguenza sull'opportunità o meno di effettuare un determinato investimento, ovvero l'intermediario ha da una parte specifici obblighi di informazione nella fase che precede la conclusione del contratto quadro, come ha altrettanti specifici obblighi che precedono il singolo ordine (contratto di negoziazione).
Da ciò derivano due distinte ipotesi di responsabilità in caso di omessa/errata informazione: una di tipo precontrattuale (violazione degli obblighi informativi nella fase antecedente la sottoscrizione del contratto quadro), una di tipo contrattuale in relazione ai singoli atti di disposizione.
L'attività informativa di cui è gravato l'intermediario viene spesa frequentemente, e anzi di regola, nel periodo che precede il conferimento dell'ordine (inteso come negozio avente ad oggetto il singolo servizio di investimento): ma ciò non basta per escludere la responsabilità per inadempimento dell'intermediario e la risoluzione del detto ordine, ove tale soggetto abbia dato corso all'acquisto del prodotto finanziario senza fornire all'investitore convenienti ragguagli su di esso.
Corte appello L'Aquila, sentenza 18 agosto 2022 n. 1187

RESPONSABILITÀ MEDICA
Lesione del diritto all'autodeterminazione - Difettosa tenuta della cartella clinica.

La Corte d'Appello di Palermo si sofferma in sentenza in tema di responsabilità medica avuto riguardo a due precise ipotesi.
Da un lato, si sottolinea come le conseguenze dannose che derivino, secondo un nesso di regolarità causale, dalla lesione del diritto all'autodeterminazione, verificatasi in seguito ad un atto terapeutico eseguito senza la preventiva informazione del paziente circa i possibili effetti pregiudizievoli, e dunque senza un consenso legittimamente prestato, devono essere debitamente allegate dal paziente, sul quale grava l'onere di provare il fatto positivo del rifiuto che egli avrebbe opposto al medico, tenuto conto che il presupposto della domanda risarcitoria è costituito dalla sua scelta soggettiva (criterio della cd. vicinanza della prova), essendo, il discostamento dalle indicazioni terapeutiche del medico, eventualità non rientrante nell'id quod plerumque accidit; al riguardo la prova può essere fornita con ogni mezzo, ivi compresi il notorio, le massime di esperienza e le presunzioni, non essendo configurabile un danno risarcibile "in re ipsa" derivante esclusivamente dall'omessa informazione.
Peraltro, sempre in tema di consenso informato, nel caso in cui l'intervento sia stato correttamente eseguito e non abbia provocato un pregiudizio alle condizioni del paziente (avendo risolto, per quanto possibile, la sintomatologia riferibile alla patologia per la quale il paziente stesso si era rivolta alle cure del medico) rileva la violazione del consenso informato in relazione al (prospettato) danno alla salute, salvo che non vi sia la prova che il paziente, se correttamente edotta, non avrebbe optato per l'intervento.
Da un altro lato, sempre nella sentenza qui in esame, l'adita Corte osserva che la difettosa tenuta della cartella clinica da parte dei sanitari non può pregiudicare sul piano probatorio il paziente, cui anzi, in ossequio al principio di vicinanza della prova, è dato ricorrere a presunzioni se sia impossibile la prova diretta a causa del comportamento della parte contro la quale doveva dimostrarsi il fatto invocato.
Con la precisazione che tali principi operano non solo ai fini dell'accertamento dell'eventuale colpa del medico, ma anche in relazione alla stessa individuazione del nesso eziologico fra la sua condotta e le conseguenze dannose subite dal paziente.
Corte appello Palermo, sezione II, sentenza 18 agosto 2022 n. 1408

DIFFAMAZIONE
Diritto di critica - Diritto di cronaca - Differenze
. (Costituzione, articoli 2, 3 e 21)
Secondo il Tribunale di Firenze nell'ambito dei diritti della personalità umana trova collocazione il diritto alla reputazione personale da inquadrarsi nel sistema di tutela costituzionale della persona umana e, in particolare, negli artt. 2 e 3 della Cost., ove si riconoscono come meritevoli di tutela i diritti inviolabili della persona e si fa riferimento alla dignità sociale dell'individuo ed al pieno sviluppo della persona umana.
Al contempo l'interesse individuale all'onore, alla reputazione ed al decoro deve essere bilanciato e comparato con quello alla libera manifestazione del pensiero (art. 21 Cost.), di cui il diritto di cronaca, di informazione e di critica costituiscono esplicitazioni.
In tema di azione di risarcimento dei danni da diffamazione per notizie diffuse a mezzo stampa (o con il mezzo televisivo), presupposti per il legittimo esercizio del diritto di critica, come per il diritto di cronaca, rispetto al quale il primo consente l'uso di un linguaggio più pungente ed incisivo, sono: - l'interesse al racconto; - la correttezza formale e sostanziale dell'esposizione dei fatti (continenza); - la corrispondenza tra la narrazione ed i fatti realmente accaduti (oggettiva verità del racconto che tollera solo inesattezze irrilevanti, riferite a particolari di scarso rilievo e privi di valore informativo).
È sufficiente che anche uno di questi requisiti manchi, perché la causa di giustificazione non operi.
Mentre la cronaca è narrazione obiettiva dei fatti accaduti, la critica è attività di tenore valutativo, diretta ad esprimere giudizi o a manifestare opinioni sui fatti accaduti o sull'operato delle persone coinvolte.
La critica è dunque un elemento di comunicazione additivo rispetto alla diffusione della notizia ed assolve alla funzione di garantire pluralità di punti di vista sul medesimo fatto, così da illuminarlo e meglio comprenderlo.
Pur essendo doxa (e non episteme), la critica non è affrancata dall'osservanza dei tre canoni sopra indicati; semmai, non può esigersi che essa sia rigorosamente obbiettiva ed asettica, ma v'è un limite fondamentale ed immanente, tanto nell'esercizio del diritto di cronaca quanto nell'esercizio del diritto di critica, che è quello del rispetto della dignità altrui, non potendo, né l'uno né l'altro, costituire occasione per gratuiti attacchi alla persona ed arbitrarie aggressioni al suo patrimonio morale.
Tribunale Firenze, sezione II, sentenza 18 agosto 2022 n. 2348

COMPAGNIA DI ASSICURAZIONE
Assicuratore danneggiato - Mandato card – Ammissibilità
. (Dlgs 7 settembre 2005 n. 209, articolo 144; Cpc, articolo 77)
Osserva in sentenza l'adito Tribunale di Milano come, nell'ambito delle diverse procedure di risarcimento disciplinate dal d.lgs. n. 209/2005 (Codice delle Assicurazioni Private), la compagnia di assicurazione del danneggiato validamente possa costituirsi in giudizio quale rappresentante volontaria della compagnia assicuratrice del danneggiante sulla scorta del mandato da quest'ultima conferitole, senza che ciò pregiudichi il diritto del danneggiato di scegliere il soggetto nei cui confronti fare valere la propria pretesa e fermo restando che gli effetti di una eventuale pronuncia si producono soltanto nella sfera giuridica della mandante.
E cioè a dire, può accedere che l'assicuratore del danneggiato svolga una difesa in contrasto con la domanda risarcitoria del suo stesso garantito: nel caso di richiesta proposta dal danneggiato (in conseguenza di sinistro stradale) ex art. 144 d.lgs. n. 209/2005 nei confronti del veicolo antagonista e del suo assicuratore, deve perciò
ritenersi ammissibile la costituzione in giudizio dell'assicuratore del danneggiato, anche quale impresa mandataria della compagnia assicuratrice convenuta.
Più in generale, deve ritenersi l'ammissibilità del cosiddetto "mandato card" o "di rappresentanza".
E cioè a dire, attraverso una convenzione card si prevede che l'impresa assicuratrice, oltre alla rappresentanza sostanziale, conferisca, per tutti i casi in cui assuma la veste di debitrice, ad ogni altra impresa aderente (la quale verrà così ad acquisire il ruolo di gestionaria), il potere di rappresentarla in giudizio, ex art. 77 c.p.c., in tutte le vertenze relative alla gestione del sinistro, in ogni grado di giudizio, con facoltà di nominare avvocati, periti ed arbitri.
Inoltre l'adesione alla convenzione comporta che l'impresa gestionaria accetti il conferimento della rappresentanza processuale e si obblighi a costituirsi in giudizio in nome e per conto delle debitrici.
Tribunale Milano, sezione X, sentenza 18 agosto 2022 n. 6854

CONDOMINIO
Supercondominio – Natura giuridica – Amministratore
. (Cc, articoli 1117 e 1117 -bis)
Rileva in sentenza il Tribunale di Palermo che un supercondominio nasce di fatto, senza bisogno cioè di apposite manifestazioni di volontà, né di approvazioni assembleari, essendo sufficiente che i singoli edifici di cui si compone, abbiano, materialmente, in comune alcuni impianti o servizi, ricompresi nell'ambito dell'art. 1117 c.c..
A tal proposito, l'art. 1117-bis c.c. dispone che "le disposizioni del presente capo si applicano, in quanto compatibili, in tutti i casi in cui più unità immobiliari o più edifici ovvero più condominii di unità immobiliari o di edifici abbiano parti comuni ai sensi dell'art. 1117 c.c.".
Le parti del supercondominio sono i singoli condòmini e non i condomìni: invero, ai fini della costituzione di un supercondominio, non è necessaria né la manifestazione di volontà dell'originario costruttore, né quella di tutti i proprietari delle unità immobiliari di ciascun condominio, essendo sufficiente – come detto - che i singoli edifici abbiano, materialmente, in comune alcuni impianti o servizi, ricompresi nell'ambito di applicazione dell'art. 1117 c.c..
Il supercondominio, pertanto, non è un ente di gestione che accorpa altri enti di gestione, cioè i condomìni, ma è una comunione qualificata di cui fanno parte direttamente i condòmini, ossia una collettività di condòmini accomunati dal vincolo funzionale che ricorre tra parti comuni a più unità immobiliari o a più edifici ovvero a più condomìni di unità immobiliari ex art. 1117- bis c.c..
E così l'amministratore del supercondominio può richiedere le somme per la manutenzione dei beni comuni soltanto ai singoli proprietari e il potere degli amministratori di ciascun condominio partecipante al supercondominio è limitato alla facoltà di agire o resistere in giudizio con riferimento ai soli beni comuni all'edificio amministrato e non a quelli facenti parte del complesso immobiliare composto da più fabbricati.
Con riguardo pertanto al potere dell'amministratore del supercondominio di richiedere il pagamento degli oneri direttamente ai condòmini, si precisa in sentenza che le delibere dell'assemblea del supercondominio hanno efficacia diretta e immediata nei confronti dei singoli condòmini degli edifici che ne fanno parte, senza necessità di passare attraverso le delibere di ciascuna assemblea condominiale. Da ciò deriva che, nell'ipotesi di delibera relativa al pagamento di quote inerenti alla ripartizione delle spese dei servizi del supercondominio, l'amministratore di quest'ultimo potrà richiedere l'adempimento delle rispettive quote di spesa direttamente ai singoli condòmini.
Tribunale Palermo, sezione II, sentenza 18 agosto 2022 n. 3467

CIRCOLAZIONE STRADALE
Sinistri stradali - Veicolo non identificato – Risarcimento danni
. (Dlgs 7 settembre 2005 n. 209, articolo 283)
Osserva in sentenza il Tribunale di Pisa come, allorquando venga denunciata una fattispecie di sinistro stradale cagionato da veicolo non identificato, sia onere dell'attore provare le modalità del sinistro e l'attribuibilità dello stesso alla condotta dolosa o colposa (esclusiva o concorrente) del conducente di altro veicolo e, ancora, dimostrare che lo stesso sia rimasto sconosciuto.
Un tale prova può essere fornita dal danneggiato anche sulla base di mere tracce ambientali o di dichiarazioni orali, non essendo alla vittima richiesto di mantenere un comportamento di non comune diligenza o di complessa e/o onerosa attuazione, avuto riguardo alle sue condizioni psicofisiche e alle circostanze del caso concrete, purché egli abbia tenuto una condotta diligente e abbia esaustivamente esposto i fatti denunciati.
Può dirsi dunque che nell'ipotesi in esame (di sinistri cagionato da un veicolo non identificato), l'art. 283 D.Lgs. n. 209/2005 abbia rafforzato la tutela derivante dalla responsabilità civile senza, tuttavia, esonerare il danneggiato dal provare i fatti costitutivi della domanda e la ricorrenza della fattispecie normativa invocata.
Tanto è che, nell'ipotesi in cui l'attore (danneggiato) non provi la ricorrenza dell'ipotesi normativa suddetta, cui il Legislatore riconnette la responsabilità risarcitoria del Fondo di Garanzia per le vittime della Strada, la domanda deve essere rigettata.
Il sistema risarcitorio posto a carico del suddetto Fondo non vale dunque a rimpiazzare, ma solo a completare, gli strumenti di tutela esperibili dai danneggiati da sinistro stradale per il ristoro del pregiudizio subito, non consentendo una surrogazione incondizionata del Fondo nella posizione del responsabile né, per l'effetto, uno scaricamento sulla compagnia designata dal Fondo di oneri riparatori che avrebbero potuto essere facilmente pretesi nei confronti di chi sarebbe stato individuabile mediante ordinaria accortezza.
Di conseguenza potrà essere qualificato come "veicolo non identificato" solo quello rimasto ignoto nonostante che la vittima abbia tenuto una condotta di usuale ed esigibile diligenza nel corso dell'intera vicenda.
Tribunale Pisa, sentenza 18 agosto 2022 n. 1058

APPALTI
Contratto di appalto - Vizi e difformità dell'opera – Conseguenze
. (Cc, articoli 1453, 1667 e 1668)
Osserva in sentenza il Tribunale di Roma come la disciplina della garanzia per vizi e difformità dell'opera prevista in materia di contratto di appalto, agli artt. 1667 e 1668 c.c., abbia ad oggetto l'obbligo gravante sull'appaltatore di consegnare al committente l'opera commissionata in modo conforme a quanto pattuito ed esente da vizi.
Pertanto, nell'eventualità della consegna di un'opera difforme rispetto a quella commissionata, o gravata da vizi, il committente ha diritto, ai sensi dell'art. 1668 c.c., all'eliminazione da parte dell'appaltatore delle difformità o dei vizi o alla riduzione proporzionale del prezzo oltre al risarcimento del danno ulteriore.
Al contratto di appalto, e alla conseguente responsabilità dell'appaltatore, si applicano poi i principi previsti in materia di inadempimento delle obbligazioni.
Pertanto, il creditore che agisce per il risarcimento del danno ha l'onere di allegare l'avvenuto inadempimento e di dimostrare il danno conseguenza e il nesso di causalità materiale tra l'inadempimento e il danno conseguenza.
Rimane, invece, presunto l'elemento soggettivo, costituito dalla colpa del debitore, sino alla prova contraria assolta dallo stesso attraverso la dimostrazione del caso fortuito o della non imputabilità dell'inadempimento.
Con la precisazione secondo cui, le norme in tema di inadempimento del contratto di appalto (artt. 1667, 1668, c.c.) integrano, ma non escludono i principi generali in tema di inadempimento contrattuale, che sono applicabili quando non ricorrano i presupposti delle norme speciali.
E cioè a dire, la comune responsabilità dell'appaltatore ex art. 1453 c.c. e ss. sorge allorquando egli non esegua integralmente l'opera o, se l'abbia eseguita, si rifiuti di consegnarla o vi proceda con ritardo rispetto al termine di esecuzione pattuito, mentre la differente responsabilità dell'appaltatore per vizi o difformità dell'opera, previste dagli artt. 1667 e 1668 c.c., ricorre quando l'appaltatore abbia consegnato un'opera completa ma affetta da vizi o non conforme all'accordo.
In caso di completamento dell'opera è dunque consentito il solo ricorso alla disciplina della garanzia.
Tribunale Roma, sezione XVII, sentenza 18 agosto 2022 n. 12535

AZIONE GENERALE DI INDEBITO ARRICCHIMENTO
Azione generale di indebito arricchimento – Proponibilità – Condizioni
. (Cc, articoli 2041 e 2042)
La proponibilità dell'azione generale di indebito arricchimento, in relazione al requisito di sussidiarietà di cui all'art. 2042 c.c., postula semplicemente – secondo l'adito Tribunale di Salerno - che non sia prevista nell'ordinamento giuridico altra azione tipica a tutela di colui che lamenti il depauperamento, ovvero che la domanda sia stata respinta sotto il profilo della carenza "ab origine" dell'azione proposta, per difetto del titolo posto a suo fondamento.
Il diritto all'indennità per arricchimento senza causa riguarda le spese sostenute e le perdite patrimoniali subite (danno emergente), ma non anche i benefici e le aspettative connessi con il corrispettivo non percepito dell'opera, della fornitura o della prestazione (lucro cessante); di talché, l'art. 2041 c.c. deve essere interpretato nel senso di escludere dal calcolo dell'indennità richiesta per la "diminuzione patrimoniale" subita dall'esecutore di una prestazione in virtù di un contratto invalido, quanto lo stesso avrebbe percepito a titolo di lucro cessante se il rapporto negoziale fosse stato valido ed efficace.
Incombe poi a carico di colui che promuove l'azione di indebito arricchimento ex art. 2041 c.c. provarne i fatti costitutivi, e cioè il pregiudizio proprio e la dipendenza di questo da una non giustificata locupletazione del convenuto.
L'indennizzo di cui alla norma qui in esame, in quanto credito di valore, deve essere liquidato alla stregua dei valori monetari corrispondenti al momento della relativa pronuncia ed il Giudice deve tenere conto della svalutazione monetaria sopravvenuta fino alla decisione, anche di ufficio, a prescindere dalla prova della sussistenza di uno specifico pregiudizio dell'interessato dipendente dal mancato tempestivo conseguimento dell'indennizzo medesimo.
La somma così liquidata produce interessi compensativi, i quali sono diretti a coprire l'ulteriore pregiudizio subito dal creditore per il mancato e diverso godimento dei beni e dei servizi impiegati nell'opera, o per le erogazioni o gli esborsi che ha dovuto effettuare, e decorrono dalla data della perdita del godimento del bene o degli effettuati esborsi, coincidente con quella dell'arricchimento.
Tribunale Salerno, sezione I, sentenza 18 agosto 2022 n. 2816

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