Famiglia

Successioni, l'ordine da seguire nella riduzione delle disposizioni lesive è tassativo ed inderogabile

La Cassazione ripercorre i principi giurisprudenziali sugli oneri imposti al legittimario

di Valeria Cianciolo

Con una recentissima ordinanza (Cassazione civile, sezione II, ordinanza 2 dicembre 2022, n. 35461), la Suprema Corte, in occasione dell'accoglimento di un ricorso afferente al mancato esame di documentazione indispensabile ai fini della corretta ricostruzione dell'asse ereditario, nel cassare la sentenza impugnata, ripercorre i principi giurisprudenziali sugli oneri imposti al legittimario che propone l'azione di riduzione.

Il caso esaminato
Tizio lasciava a sé superstite la moglie Caia e le due figlie Prima e Seconda e disponeva del proprio patrimonio con testamento, nominando erede la moglie e lasciando alle figlie la sola quota di riserva.
Prima chiedeva la riduzione delle donazioni elargite dal padre a favore della sorella Seconda.
Il Tribunale condannava la donataria, convenuta in riduzione, a corrispondere per equivalente quanto ancora occorrente per eguagliare la quota di riserva spettante all'attrice e la Corte d'Appello confermava la decisione, ritenendo inammissibile da parte dell'appellante, la produzione dei nuovi documenti non utilizzabili fra l'altro, per la ricostruzione del relictum.
La Cassazione ha accolto il ricorso e cassato la sentenza impugnata stabilendo che il giudice dovrà verificare le documentazioni prodotte e stabilire se queste forniscono la prova di nuovi cespiti da includere nella riunione fittizia, come beni relitti o come beni donati; la Corte dovrà poi calcolare la quota riservata dell'attrice; riconoscere il diritto dell'attrice in riduzione di recuperare quanto ancora eventualmente occorrente ai fini della integrazione della quota riservata tramite la riduzione delle donazioni fatte alla sorella donataria statuendo altresì che l'eventuale recupero dovrà avvenire per equivalente, al netto di quanto la legittimaria avrebbe avuto diritto di prendere sulle donazioni eventualmente più recenti.

La questione
L'articolo 345 c.p.c., comma 3, deve essere interpretato nel senso che esso fissa sul piano generale il principio della inammissibilità di mezzi di prova "nuovi" - la cui ammissione, cioè, non sia stata richiesta in precedenza - e, quindi, anche delle produzioni documentali, indicando nello stesso tempo i limiti di tale regola, con il porre in via alternativa i requisiti che tali documenti, al pari degli altri mezzi di prova, devono presentare per poter trovare ingresso in sede di gravame (sempre che essi siano prodotti, a pena di decadenza, mediante specifica indicazione degli stessi nell'atto introduttivo del giudizio di secondo grado, a meno che la loro formazione non sia successiva e la loro produzione non sia stata resa necessaria in ragione dello sviluppo assunto dal processo): requisiti consistenti nella dimostrazione che le parti non abbiano potuto proporli prima per causa ad esse non imputabile, ovvero nel convincimento del giudice della indispensabilità degli stessi per la decisione.
Ma nel caso in esame, la sentenza di prima grado era stata pubblicata prima dell'11 settembre 2012 (il 17 marzo 2012), e dunque, la Corte d'Appello avrebbe dovuto valutare l'ammissibilità della produzione dei nuovi documenti in rapporto al testo previgente dell'articolo 345 c.p.c., che consentiva la produzione in appello di nuovi documenti, qualora il collegio li avesse ritenuti indispensabili ai fini della decisione.
Questa premessa è indispensabile per la ricostruzione corretta dell'asse ereditario ai fini della determinazione della quota di riserva.

Gli oneri imposti al legittimario che propone l'azione di riduzione
L'ordinanza nel ritenere l'esame di detta documentazione indispensabile ai fini della corretta ricostruzione dell'asse ereditario, riassume i principi giurisprudenziali sugli oneri imposti al legittimario che propone l'azione di riduzione.
Innanzitutto, il legittimario che proponga l'azione di riduzione ha l'onere di indicare entro quali limiti sia stata lesa la sua quota di riserva, determinando con esattezza il valore della massa ereditaria nonché quello della quota di legittima violata dal testatore: deve dunque, allegare e comprovare tutti gli elementi occorrenti per stabilire se, ed in quale misura, sia avvenuta la lesione della sua quota di riserva - potendo solo così il giudice procedere alla sua reintegrazione - e proporre espressa istanza di conseguire la legittima, previa determinazione della medesima mediante il calcolo della disponibile e la susseguente riduzione delle donazioni compiute in vita dal de cuius.
L'azione di riduzione, infatti, si propone nel caso in cui le disposizioni testamentarie o le donazioni siano eccedenti la quota di cui il defunto poteva disporre e ha come scopo, anzitutto, la determinazione dell'ammontare concreto della quota di legittima: vale a dire, della quota di cui il defunto poteva disporre e di stabilire come ed in quale misura le singole disposizioni testamentarie o le donazioni debbano ridursi per integrare la legittima.
Avendo il legittimario un diritto ad una determinata quota, attraverso l'azione di riduzione egli accerta (costitutivamente), nei confronti della successione che lo riguarda, l'ammontare della quota di riserva e, quindi, della lesione che ad essa hanno apportato le disposizioni del de cuius, nonché le modalità e l'ammontare delle riduzioni di dette disposizioni lesive. Contestualmente, l'attuazione della reintegrazione in concreto implica la proposizione delle istanze di restituzione.
In relazione al principio sancito dagli articoli 555 e 559 cod. civ., l'attore deve altresì indicare il valore e l'ordine cronologico in cui sono stati posti in essere i vari atti di disposizione, non potendo l'azione di riduzione essere sperimentata rispetto alle donazioni se non dopo esaurito il valore dei beni di cui è stato disposto per testamento, e cominciando, comunque, dall'ultima, per poi risalire via via alle anteriori.
Il legittimario ha poi il diritto di conseguire quale legittimario (articolo 536 e ss. cod. civ.), una quota del patrimonio netto del defunto determinato sul valore dei beni che appartenevano al de cuius al momento della morte, aumentato del valore dei beni di cui sia stato disposto a titolo di donazione (articolo 556 cod. civ.).
Se il de cuius ha fatto più donazioni o disposizioni testamentarie, in prima linea sono soggette a riduzione, fino a esaurimento dei beni che ne formano oggetto, le disposizioni testamentarie; successivamente si passa alle donazioni (articolo 555, comma 2, cod. civ.). Se le disposizioni testamentarie sono più di una la loro riduzione avviene proporzionalmente senza distinguere fra eredi e legatari (articolo 558 cod. civ.).
In caso di più donazioni queste non si riducono proporzionalmente, come le disposizioni testamentarie (articolo 558 cod. civ.), ma "cominciando dall'ultima e risalendo via via alle anteriori" (articolo 559). Quindi, l'ordine da seguire nella riduzione delle disposizioni lesive è tassativo ed inderogabile.
Da ciò consegue, che non è consentito al legittimario di far ricadere il peso della riduzione in modo difforme da quanto dispongono gli aticoli 555, 558 e 559 cod. civ. e pertanto, l'inderogabilità dell'ordine di riduzione comporta a cascata che:
1) il legittimario, il quale non abbia attaccato tutte le disposizioni testamentarie lesive, non potrà recuperare, a scapito dei convenuti, la quota di lesione a carico del beneficiario che egli non abbia voluto o potuto convenire in riduzione (ad esempio perché, trattandosi di legato, questo sia stato fatto a persona non chiamata come coerede e il legittimario non abbia accettato l'eredità con beneficio di inventario, mancando quindi la condizione prevista dall'articolo 564, comma 1, cod. civ.);
2) il legittimario può pretendere dai donatari solo l'eventuale differenza fra la legittima, calcolata sul relictum e sul donatum, e il valore dei beni relitti: se questi sono sufficienti i donatari sono al riparo da qualsiasi pretesa, qualunque sia stata la scelta del legittimario nei riguardi dei coeredi e beneficiari di eventuali disposizioni testamentarie;
3) il legittimario non può recuperare a scapito di un donatario anteriore quanto potrebbe prendere dal donatario posteriore: se la donazione posteriore è capiente le anteriori non sono riducibili, anche se la prima non sia stata attaccata in concreto con l'azione di riduzione.
Inoltre, va precisato che l'eccedenza della donazione ai fini della riduzione consiste nel fatto che la misura della donazione comprende parte dei beni che sono necessari a completare la misura della quota di riserva, mentre l'eccedenza della donazione ai fini della collazione sta solo a indicare che il donatario ha ricevuto più di quanto a lui spetta nel concorso con gli altri condividenti, come lui discendenti del de cuius: i due concetti pertanto non coincidono e, conseguentemente l'eccedenza ai fini della collazione non significa anche eccedenza come lesione della quota di riserva.
L'espletamento vincente dell'azione di riduzione comporta la restituzione dei beni che hanno costituito l'oggetto delle disposizioni lesive.
Ma arrivati in fondo, alla fine dei giochi, chi ha esperito vittoriosamente l'azione di riduzione, potrebbe trovarsi con nulla in mano.
In questo caso, soccorre, l'articolo 562 cod. civ. che disciplina il rischio dell'insolvenza del donatario che ha subìto la riduzione, ripartendo le conseguenze negative tra il legittimario e i donatari antecedenti. La detrazione del valore del bene donato dalla massa ereditaria comporta infatti una proporzionale diminuzione delle quote dei legittimari, i quali possono chiedere la riduzione delle donazioni anteriori, ma in misura minore di quella in cui si sarebbe dovuta ridurre la donazione fatta all'insolvente. La norma fa comunque salve le ragioni di credito del legittimario e dei donatari antecedenti, che potranno essere esercitate qualora venga a cessare l'insolvenza del donatario posteriore.

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