Penale

Data retention, garanzie non aggirabili con l’abbreviato

La scelta della forma processuale non sana la prova inutilizzabile

di Giovanni Negri

Il rito alternativo non sana di per sé la prova raccolta in trasgressione della normativa a tutela della privacy del traffico telefonico. La Sesta sezione penale della Cassazione, sentenza n. 15836, ha affermato che non sono utilizzabili nel giudizio abbreviato i dati di geolocalizzazione relativi a utenze telefoniche o telematiche, contenuti in tabulati telefonici acquisiti dalla polizia giudiziaria in assenza del decreto di autorizzazione dell’autorità giudiziaria. Si tratta infatti di prove lesive del diritto alla segretezza delle comunicazioni costituzionalmente tutelato e, pertanto, colpite da inutilizzabilità patologica, non sanata dalla richiesta di definizione del giudizio con le forme del rito alternativo.

La Cassazione interviene così su una linea garantista, non seguita dalla pronuncia della Corte d’appello che infatti viene annullata, nel corso di una vicenda che aveva visto valorizzata dall’accusa l’acquisizione dei dati di traffico telefonico, non tanto con riferimento al contenuto di conversazioni, quanto piuttosto per accertare la collocazione nello spazio e nel tempo di una determinata utenza. Per la Corte d’appello un’esigenza di tutela della riservatezza interesserebbe solo l’attività dei dati relativi al traffico telefonico, ma non anche quelli relativi alla collocazione dell’utenza.

La sentenza invece ricostruisce puntualmente tutte le modifiche normative intervenute di recente sul fronte della data retention, originate dalla pronuncia della Corte di giustizia europea del marzo 2021 che ha delineato una serie di condizioni che gli Stati devono rispettare per l’accesso ai dati nel settore delle comunicazioni elettroniche. A emergere è poi l’assenza di decreto dell’autorità giudiziaria che autorizza l’acquisizione dei dati; assenza che non può essere sanata dal consenso al giudizio abbreviato.

Esiste, infatti, una categoria di divieti probatori che rappresenta la traduzione dei principi costituzionali: si tratta cioè di prove ottenute attraverso modalità, metodi e comportamenti realizzati in violazione dei fondamentali diritti del cittadino garantiti dalla Costituzione , da considerare perciò inutilizzabili nel processo.

Una inutilizzabilità che non trova eccezione nel rito processuale adottato perché, sottolinea la Corte, il loro «impiego è vietato in modo assoluto , non solo nel dibattimento ma in qualsiasi altra fase del procedimento ivi comprese le indagini preliminari, l’udienza preliminare, le procedure incidentali cautelari e quelle negoziali di merito».

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