Penale

Oblazione, all’imputato l’onere di richiedere la riqualificazione del reato

La Cassazione, sentenza n. 17523 depositata oggi, ha chiarito anche che se la riqualificazione è fatta autonomamente dal giudice il diritto a fruire dell’oblazione resta precluso

di Francesco Machina Grifeo

La Cassazione, sentenza n. 17523 depositata oggi, chiarisce che spetta all’imputato attivarsi per chiedere al giudice di riqualificare il reato in uno diverso che permette l’oblazione, oblazione che ha l’onere di richiedere esplicitamente. Se non lo fa, e il giudice, di sua iniziativa, riqualifica il fatto, l’imputato perde tale diritto.

La Terza sezione penale, chiamata a giudicare il ricorso di tre persone condannate per sversamento colposo di nafta in mare, nel dichiarare inammissibile il ricorso, ha sottolineato che gli imputati, in sede di discussione non avevano neppure chiesto la riqualificazione del fatto, così esponendo la propria doglianza a una valutazione di genericità e, quindi, di inammissibilità.

“Pacificamente - si legge nella decisione - , in materia di oblazione, nel caso in cui è contestato un reato per il quale non è consentita l’oblazione ordinaria di cui all’art. 162 cod. pen. né quella speciale prevista dall’art. 162-bis cod. pen., l’imputato, qualora ritenga che il fatto possa essere diversamente qualificato in un reato che ammetta l’oblazione, ha l’onere di sollecitare il giudice alla riqualificazione del fatto e, contestualmente, a formulare istanza di oblazione, con la conseguenza che, in mancanza di tale espressa richiesta, il diritto a fruire dell’oblazione stessa resta precluso ove il giudice provveda di ufficio ex art. 521 cod. proc. pen., con la sentenza che definisce il giudizio, ad assegnare al fatto la diversa qualificazione che consentirebbe l’applicazione del beneficio”.

In definitiva, se l’imputato non ha chiesto l’oblazione, non può poi ricorrere in Cassazione per chiedere di affermare quello che sarebbe soltanto un principio teorico. Sul punto la Suprema corte cita un proprio precedente in cui si afferma che il ricorso per Cassazione “fondato sulla mancata previsione di un meccanismo che consenta all’imputato di fruire dell’oblazione (in astratto applicabile per il reato ritenuto in sentenza, a seguito di diversa qualificazione giuridica) è inammissibile qualora l’imputato stesso non abbia formulato la relativa istanza, posto che la pronuncia rescindente sollecitata risulterebbe priva di contenuto e sarebbe volta a sollecitare una pronuncia «di mero principio», non essendo comunque ipotizzabile una definizione del processo, alternativa alla sentenza di condanna, in assenza del presupposto essenziale costituito dall’istanza di oblazione” (8606/2015).

Pertanto, prosegue la decisione, “la nullità della sentenza sussiste nel solo caso in cui l’imputato, nel corso dell’istruttoria dibattimentale, abbia presentato istanza di oblazione subordinata ad una diversa e più favorevole qualificazione giuridica del fatto, dalla quale discenda la possibilità di essere ammesso all’oblazione stessa, e il giudice abbia omesso di pronunciarsi sull’istanza o si sia pronunciato applicando erroneamente la legge penale” (S.U. n. 7645/2006).

Come visto, però, nel caso in esame, il ricorrente, che in sede di discussione non aveva neppure chiesto la riqualificazione del fatto, nulla deduce sul punto, ragion per cui la doglianza è stata dichiarata inammissibile in quanto generica.

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