Civile

Cassazione civile: le principali sentenze di procedura della settimana

La selezione delle pronunce della Suprema corte depositate nel periodo compreso tra il 10 e il 14 ottobre 2022

di Federico Ciaccafava


Nel consueto appuntamento con i depositi della giurisprudenza di legittimità in materia processualcivilistica, si propongono, nel periodo oggetto di scrutinio, le pronunce che, in particolare, si sono soffermate sulle seguenti tematiche o questioni: (i) domanda di pagamento di contributi previdenziali e litisconsorzio necessario; (ii) giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo ed intervento volontario del terzo; (iii) poteri del giudice e divieto di ultra o extra petizione; (iv) interventore adesivo dipendente e regime impugnatorio; (v) equa riparazione, declinatoria di competenza e riassunzione del giudizio; (vi) norme processuali ed applicazione del principio della necessaria stabilità nell'interpretazione giurisprudenziale; (vii) sospensione facoltativa del processo e presupposti applicativi; (viii) sospensione necessaria del processo civile e giudicato penale; (xi) spese processuali, compensazione e atti difensivi prolissi e ridondanti.

PROCEDURA CIVILE – I PRINCIPI IN SINTESI

LITISCONSORZIO NECESSARIO – Cassazione n. 29391/2022
L'ordinanza ribadisce che nel giudizio promosso dal lavoratore per la condanna del datore di lavoro al versamento dei contributi, sussiste litisconsorzio necessario con l'Istituto previdenziale.

PROCEDIMENTO MONITORIO – Cassazione n. 29406/2022
Cassando con rinvio la decisione gravata, la sentenza afferma l'ammissibilità dell'intervento volontario del terzo in sede di giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo.

POTERI DEL GIUDICE – Cassazione n. 29512/2022
La pronuncia ribadisce che, stante il divieto posto dall'art. 112 c.p.c. è precluso al giudice pronunziare oltre i limiti della domanda e delle eccezioni proposte dalle parti, mutando i fatti costitutivi o quelli estintivi della pretesa, ovvero decidendo su questioni che non hanno formato oggetto del giudizio e non sono rilevabili d'ufficio, attribuendo un bene non richiesto o diverso da quello domandato.

IMPUGNAZIONI – Cassazione n. 29757/2022
La decisione riafferma il principio secondo cui l'impugnazione dell'interventore adesivo deve ritenersi inammissibile ove la parte adiuvata non abbia esercitato il proprio diritto di proporre impugnazione ovvero abbia fatto acquiescenza alla decisione ad essa sfavorevole.

EQUA RIPARAZIONE – Cassazione n. 29765/2022
Enunciando il principio di diritto, l'ordinanza, resa in materia di equa riparazione per irragionevole durata del processo, afferma che, ove il giudice dell'opposizione declini la propria competenza a conoscere la domanda, o confermi la declinatoria eventualmente già pronunciata all'esito della fase monocratica, è onere della parte istante riassumere il giudizio, nelle forme di rito, dinanzi al giudice indicato come competente, in sede collegiale, e dunque senza necessità di ripetere la fase monocratica, ormai esaurita, né di formulare istanza per l'emissione di un nuovo decreto monocratico.

LEGGE PROCESSUALE – Cassazione n. 29862/2022
La pronuncia, resa dal Supremo Collegio a Sezioni Unite, richiamando il principio della necessaria stabilità nell'interpretazione delle norme processuali, riafferma che, in presenza di due possibili letture ermeneutiche di una norma processuale, entrambe compatibili con la lettera della legge, deve prevalere quella sulla cui base si sia formata una sufficiente stabilità di applicazione nella giurisprudenza di legittimità.

SOSPENSIONE DEL PROCESSO – Cassazione n. 30126/2022
L'ordinanza afferma che solo una statuizione sul merito della lite da parte della sentenza impugnata di cui viene invocata l'autorità nel processo consente al giudice la sospensione facoltativa dello stesso a norma dell'art. 337, comma 2, c.p.c.

SOSPENSIONE DEL PROCESSO – Cassazione n. 30320/2022
La decisione riafferma che la sospensione necessaria del processo civile, ai sensi degli artt. 295 c.p.c., 654 c.p.p. e 211 disp. att. c.p.p., in attesa del giudicato penale, può essere disposta solo se una norma di diritto sostanziale ricolleghi alla commissione del reato un effetto sul diritto oggetto del giudizio civile, e a condizione che la sentenza penale possa avere, nel caso concreto, valore di giudicato nel processo civile.

SPESE PROCESSUALI – Cassazione n. 30328/2022
La decisione afferma che l'eccessiva prolissità e ridondanza delle difese di una parte non legittimano il giudice, ex art. 92, comma 2, c.p.c., nella versione applicabile "ratione temporis", a disporre la compensazione delle spese di lite.
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PROCEDURA CIVILE – IL MASSIMARIO

Procedimento civile – Litisconsorzio necessario – Previdenza ed assistenza – Domanda del lavoratore di condanna del datore di lavoro al versamento dei contributi omessi – Litisconsorzio necessario del datore di lavoro e dell'ente previdenziale – Sussistenza – Fondamento. (Dm 150/2000, articolo 1; Cc, articolo 2116; Cpc, articoli 102 e 360)
Nel giudizio promosso dal lavoratore per la condanna del datore di lavoro al versamento dei contributi, sussiste litisconsorzio necessario con l'Istituto previdenziale; ciò in quanto la sentenza di condanna a versare contributi a quest'ultimo è condanna ad un "facere", che, in assenza di partecipazione dell'ente previdenziale al giudizio, non avrebbe alcun effetto nei suoi confronti (Nel caso di specie, rilevato preliminarmente come l'eccezione di difetto del contraddittorio per violazione del litisconsorzio necessario possa essere sollevata per la prima volta in sede di legittimità se, come accaduto nella circostanza, venga individuato il terzo pretermesso ed allegati i presupposti di fatto e di diritto che giustificano l'integrazione del contraddittorio, la Suprema Corte ha cassato con rinvio la sentenza impugnata avendo la corte del merito, in parziale riforma della pronuncia di primo grado, condannato la banca ricorrente a pagare all'Inps differenze contributive destinate al Fondo di solidarietà per il personale del credito, senza che l'ente previdenziale fosse mai stato evocato in giudizio). (Riferimenti giurisprudenziali: Cassazione, sezione civile L, sentenza 19 agosto 2020, n. 17320; Cassazione, sezione civile L, sentenza 14 maggio 2020, n. 8956).
Cassazione, sezione L civile, ordinanza 10 ottobre 2022 n. 29391 – Presidente Berrino; Relatore Gnani

Procedimento civile – Procedimento monitorio – Giudizio di opposizione – Intervento volontario del terzo – Ammissibilità – Fondamento. (Cpc, articoli 105, 112, 267, 344, 633 e 645)
Nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, deve ritenersi ammissibile l'intervento volontario del terzo. Infatti, non vi è alcuna norma che limiti tale intervento, potendo tale divieto trovare la sua fonte solo in sede di ricostruzione sistematica dell'istituto, riconoscendo allo stesso carattere impugnatorio, il che è tuttavia da escludere. Ciò in quanto l'opposizione a decreto ingiuntivo deve considerarsi un ordinario processo di cognizione, avendo il procedimento natura di giudizio di cognizione piena che devolve al giudice il completo esame del rapporto giuridico controverso e non già il semplice controllo della legittimità del decreto di ingiunzione, trattandosi di un giudizio di primo grado bifasico, in cui le due fasi fanno parte di un medesimo giudizio che si svolge nel medesimo ufficio (Nel caso di specie, relativo ad una controversia insorta per il mancato pagamento di compensi professionali per attività di consulenza fiscale prestata dal ricorrente attraverso uno studio organizzato in forma societaria, la Suprema Corte ha cassato con rinvio la sentenza impugnata avendo il giudice d'appello dichiarato inammissibili gli interventi di due soggetti – la società ed altro socio della stessa – e, di conseguenza, ritenuto inammissibili le domande da quest'ultimi e contro quest'ultimi proposte). (Riferimenti giurisprudenziali: Cassazione, sezioni civili unite, sentenza 13 gennaio 2022, n. 927; Cassazione, sezione civile II, sentenza 6 novembre 2015, n. 22696; Cassazione, sezioni civili unite, sentenza 10 luglio 2015, n. 14475; Cassazione, sezioni civili unite, sentenza 9 settembre 2010, n. 19246; Cassazione, sezioni civili unite, sentenza 9 settembre 2010, n. 19246; Cassazione, sezioni civili unite, sentenza 30 luglio 2008, n. 20604; Cassazione, sezione civile III, sentenza 16 novembre 1978, n. 5311; Cassazione, sezione civile III, sentenza 19 giugno 1973, n. 1806).
Cassazione, sezione II civile, sentenza 10 ottobre 2022 n. 29406 – Presidente Manna; Relatore Besso Marcheis

Procedimento civile – Poteri del giudice – Divieto di ultra o extra petizione – Portata – Fattispecie relativa a controversia insorta in materia previdenziale. (Cpc, articolo 112)
Alla stregua del divieto di ultra o extra petizione, di cui all'art. 112 cod. proc. civ., è precluso al giudice pronunziare oltre i limiti della domanda e delle eccezioni proposte dalle parti, mutando i fatti costitutivi o quelli estintivi della pretesa, ovvero decidendo su questioni che non hanno formato oggetto del giudizio e non sono rilevabili d'ufficio, attribuendo un bene non richiesto o diverso da quello domandato. In particolare, resta preclusa al giudice la decisione basata non già sulla diversa qualificazione giuridica del rapporto ma su diversi elementi materiali che inverano il fatto costitutivo della pretesa (Nel caso di specie, la Suprema Corte ha cassato con rinvio la sentenza impugnata che, in riforma della pronuncia di primo grado, aveva accolto la domanda proposta dall'intimata per ottenere la reversibilità della pensione erogata al coniuge, libero professionista, negata dalla Cassa previdenziale di appartenenza in mancanza del prescritto requisito dei cinque anni di iscrizione e contribuzione anche non continuativi: in particolare, osserva il giudice di legittimità, la sentenza impugnata deve ritenersi nulla, avendo la corte territoriale trasmodato dall'interpretazione della domanda e riformato la decisione di primo grado con una "ratio decidendi" improntata alla questione del limite temporale prescritto per l'esercizio del potere di revisione degli iscritti da parte della predetta Cassa). (Riferimenti giurisprudenziali: Cassazione, sezione civile L, sentenza 3 marzo 2021, n. 5832; Cassazione, sezione civile VI, ordinanza 9 aprile 2018, n. 8645)
Cassazione, sezione L civile, ordinanza 11 ottobre 2022 n. 29512 – Presidente Berrino; Relatore Mancino

Procedimento civile – Impugnazioni – Giudizio di cassazione – Interventore adesivo dipendente – Autonoma impugnazione – Ammissibilità – Esclusione – Interesse all'impugnazione – Condizioni – Fattispecie relativa a controversia insorta in materia giuslavoristica. (Cpc, articolo 112)
L'interventore adesivo non ha un'autonoma legittimazione ad impugnare (salvo che l'impugnazione sia limitata alle questioni specificamente attinenti la qualificazione dell'intervento o la condanna alle spese imposte a suo carico), sicché la sua impugnazione è inammissibile, laddove la parte adiuvata non abbia esercitato il proprio diritto di proporre impugnazione ovvero abbia fatto acquiescenza alla decisione ad essa sfavorevole (Nel caso di specie, in cui la sentenza impugnata, nel confermare la pronuncia di prime cure dichiarativa dell'illegittimità di licenziamenti disciplinari intimati a due lavoratori con ordine di reintegra, aveva dichiarato inammissibile l'intervento in causa della società ricorrente, la Suprema Corte ha dichiarato inammissibile il ricorso in quanto quest'ultima era intervenuta per far valere in via esclusiva le ragioni dell'originario datore di lavoro non introducendo domande nuove ma allineandosi alla posizione di quest'ultimo). (Riferimenti giurisprudenziali: Cassazione, sezione civile I, ordinanza 6 febbraio 2018, n. 2818).
Cassazione, sezione L civile, ordinanza 12 ottobre 2022 n. 29757 – Presidente Raimondi; Relatore Di Paola

Procedimento civile – Giudizio per l'equa riparazione del danno da irragionevole durata del processo – Natura unitaria – Conseguenze – Fase di opposizione –Declinatoria giudiziale di competenza – Onere della parte di riassumere il giudizio innanzi al giudice indicato come competente – Sede collegiale – Sussistenza –Fondamento. (Cpc, articoli 45, 392 e 645; Legge 89/2001, articoli 3 e 5-ter)
In materia di equa riparazione per irragionevole durata del processo, una volta esaurita la fase monocratica prevista dall'art. 3 della legge n. 89 del 2001, ed introdotto, a seguito di opposizione ex art. 5, il giudizio di opposizione, è quest'ultimo la sede processuale in cui viene delibata la domanda di equo indennizzo formulata dalla parte istante. Ne consegue che, ove il giudice dell'opposizione declini la propria competenza a conoscere di detta domanda, o confermi la declinatoria eventualmente già pronunciata all'esito della fase monocratica, è onere della parte istante riassumere il giudizio, nelle forme di rito, dinanzi al giudice indicato come competente, in sede collegiale, e dunque senza necessità di ripetere la fase monocratica, ormai esaurita, né di formulare istanza per l'emissione di un nuovo decreto monocratico (Nel caso di specie, in applicazione dell'enunciato principio di diritto, la Suprema Corte ha cassato con rinvio la sentenza impugnata in quanto la corte distrettuale, anziché esaminarla nel merito, aveva dichiarato inammissibile la domanda di equo indennizzo sul presupposto che, intervenuta la pronuncia della Corte di Cassazione che aveva rigettato il ricorso per regolamento di competenza dal medesimo proposto, quest'ultimo non avrebbe dovuto riassumere direttamente il giudizio in sede collegiale, bensì invocare l'emissione del decreto monocratico previsto dall'art. 3 della legge n. 89 del 2001). (Riferimenti giurisprudenziali: Cassazione, sezione civile VI, ordinanza 18 febbraio 2020, n. 11856; Cassazione, sezione civile VI, sentenza 12 ottobre 2015, n. 20463).
Cassazione, sezione II civile, ordinanza 12 ottobre 2022 n. 29765 – Presidente Manna; Relatore Oliva

Procedimento civile – Legge processuale – Interpretazione – Principio della necessaria stabilità nell'interpretazione delle norme processuali – Fondamento e finalità – Consolidata interpretazione di una norma processuale – Derogabilità – Duplice ipotesi – Individuazione – Possibile duplice esegesi di una norma processuale – Interpretazione sulla quale si è formata una sufficiente stabilità di applicazione nella giurisprudenza di legittimità – Prevalenza – Necessità. (Costituzione, articoli 24 e 111; Disp. att. cc, articolo 12)
Nel nostro sistema processuale, pur non vigendo la regola dello "stare decisis", nondimeno la stabilità dell'interpretazione delle norme processuali è un valore immanente nell'ordinamento, a salvaguardia della certezza del diritto ed a tutela del diritto di difesa. Pertanto, quando l'interpretazione di una norma processuale sia consolidata, essa può essere abbandonata solo in due casi: o in presenza di forti ed apprezzabili ragioni giustificative, indotte dal mutare dei fenomeni sociali o del contesto normativo; oppure quando l'interpretazione consolidata risulti manifestamente arbitraria e pretestuosa o dia luogo a risultati disfunzionali, irrazionali o ingiusti, atteso che l'affidabilità, prevedibilità ed uniformità dell'interpretazione delle norme processuali costituisce imprescindibile presupposto di uguaglianza tra i cittadini e di giustizia del processo. Corollario di quanto esposto è che quando una norma processuale può teoricamente essere interpretata in due modi diversi, ambedue compatibili con la lettera della legge, è doveroso preferire quella sulla cui base si sia formata una sufficiente stabilità di applicazione nella giurisprudenza della Corte di cassazione (Nel caso di specie, pronunciandosi a Sezioni Unite e richiamando il principio della necessaria stabilità nell'interpretazione delle norme processuali, la Suprema Corte ha ritenuto che, a fronte di un orientamento risalente quanto consolidato nella giurisprudenza di legittimità, tale da costituire un vero e proprio "diritto vivente", non potesse essere accolta la tesi di parte ricorrente, suffragata da un unico, se pur recente "dictum", fondata sulla ritenuta inammissibilità di una domanda di risarcimento del danno "ab origine" limitata al solo "an debeatur"). (Riferimenti giurisprudenziali: Cassazione, sezioni civili unite, sentenza 13 gennaio 2022, n. 927; Cassazione, sezioni civili unite, sentenza 2 febbraio 2017, n. 2736; Cassazione, sezioni civili unite, ordinanza 6 novembre 2014, n. 23675; Cassazione, sezioni civili unite, sentenza 31 luglio 2012, n. 13620).
Cassazione, sezioni unite civili, ordinanza 12 ottobre 2022 n. 29862 – Presidente Manna; Relatore Rossetti

Procedimento civile – Sospensione del processo – Facoltativa – Art. 337, comma 2, c.p.c. – Ipotesi di sospensione per impugnazione di sentenza la cui autorità è invocata nel procedimento – Pronuncia sul merito della lite – Necessità – Fondamento. (Cpc, articolo 337)
In tema di sospensione del processo facoltativa, l'"autorità" di cui fa menzione l'art. 337, comma 2, cod. proc. civ. ("Quando l'autorità di una sentenza è invocata in un diverso procedimento, questo può essere sospeso se tale sentenza è impugnata") ricorre quando gli effetti dichiarativi o costitutivi della sentenza invocata siano pregiudiziali all'oggetto del processo nel quale essi si fanno valere. Ne consegue che solo una pronuncia sul merito della lite, la quale è munita della richiamata "autorità" in relazione ai suoi effetti dichiarativi o costitutivi, rende possibile la sospensione in esame non già la diversa ipotesi di decisione di puro rito, dando vita le relative questioni ad un giudicato formale che ha una portata limitata al rapporto processuale nel cui ambito la decisione medesima è emanata. La sospensione ex art. 337, comma 2, cod. proc. civ. ha pertanto ragione di operare solo ove il giudice reputi necessario, in base a una prognosi sull'esito dell'impugnazione pendente, una sterilizzazione dei richiamati effetti che la decisione sul diritto controverso è in grado di produrre, sicché se una tale decisione non è resa, la misura in esame risulta carente di fondamento giustificativo (Nel caso di specie, relativo ad una controversia insorta in tema di contratti bancari, accogliendo il regolamento di competenza, la Suprema Corte ha annullato l'ordinanza impugnata avendo nella circostanza il tribunale adito disposto la sospensione del processo nonostante la sentenza impugnata investisse profili solo processuali, insuscettibili pertanto di produrre gli effetti del giudicato sostanziale). (Riferimenti giurisprudenziali: Cassazione, sezioni civili unite, sentenza 19 giugno 2012, n. 10027;
Cassazione, sezione civile VI, ordinanza 11 giugno 2012, n. 9478; Cassazione, sezione civile L, sentenza 11 aprile 1986, n. 2556; Cassazione, sezione civile III, sentenza 15 maggio 1971, n. 1437).
Cassazione, sezione VI civile, ordinanza 13 ottobre 2022 n. 30126 – Presidente Di Marzio; Relatore Falabella

Procedimento civile – Sospensione del processo – Necessaria – Art. 295 c.p.c. – Per giudicato penale – Operatività – Presupposti. (Cpc, articolo 295; Cpp, articolo 654; Disp. att. cpp, articolo 211)
La sospensione necessaria del processo civile, ai sensi degli artt. 295 cod. proc. civ., 654 cod. proc. pen. e 211 disp. att. cod. proc. pen., in attesa del giudicato penale, può essere disposta solo se una norma di diritto sostanziale ricolleghi alla commissione del reato un effetto sul diritto oggetto del giudizio civile, ed a condizione che la sentenza penale possa avere, nel caso concreto, valore di giudicato nel processo civile. Perché si verifichi tale condizione di dipendenza tecnica della decisione civile dalla definizione del giudizio penale, non basta che nei due processi rilevino gli stessi fatti, ma occorre che l'effetto giuridico dedotto in ambito civile sia collegato normativamente alla commissione del reato che è oggetto dell'imputazione penale (Nel caso di specie, in applicazione dell'enunciato principio, la Suprema Corte ha ritenuto insussistente una relazione di pregiudizialità tra un giudizio civile, promosso dal ricorrente nei confronti del resistente per ottenere lo scioglimento della comunione ereditaria tra loro esistente, ed uno penale, concernente reati tributari, pendente nei confronti del secondo, processo nel quale era stato ordinato il sequestro preventivo di beni compresi nella comunione; invero, specifica il giudice di legittimità, l'esecuzione di un sequestro preventivo penale avente ad oggetto un bene dell'imputato in comproprietà con terzi estranei al reato non costituisce ragione di sospensione necessaria del processo civile di scioglimento della comunione, ai sensi degli artt. 295 cod. proc. civ., 654 cod. proc. pen. e 211 disp. att. cod. proc. pen., in attesa del giudicato penale, trovando tutela le esigenze del sequestro e della eventuale confisca nella disciplina della trascrizione del provvedimento ablatorio e degli effetti della sentenza di divisione regolati dall'art. 1113 cod. civ.). (Riferimenti giurisprudenziali: Cassazione, sezione civile VI, ordinanza 1° giugno 2021, n. 15248; Cassazione, sezione civile VI, ordinanza 15 luglio 2019, n. 18918; Cassazione, sezione civile VI, ordinanza 11 luglio 2018, n. 18202; Cassazione, sezioni civili unite, ordinanza 5 novembre 2001, n. 13682).
Cassazione, sezione VI civile, ordinanza 14 ottobre 2022 n. 30320 – Presidente Lombardo; Relatore Scarpa

Procedimento civile – Spese processuali – Liquidazione – Art. 92, comma 2, c.p.c. come riformulato dalla legge n. 69/2009 – Compensazione – Gravi ed eccezionali ragioni – Nozione. (Cpc, articoli 91 e 92)
Ai sensi dell'art. 92, comma 2, cod. proc. civ., come riformulato dalla legge n. 69 del 2009 ("ratione temporis" applicabile), la compensazione delle spese legali può essere disposta, in difetto di soccombenza reciproca, per "gravi ed eccezionali ragioni", tra le quali, trattandosi di nozione elastica, rientra la situazione di obiettiva incertezza sul diritto controverso (Nel caso di specie, relativo ad una controversia insorta in materia bancaria, la Suprema Corte ha cassato con rinvio la sentenza impugnata avendo la corte territoriale compensato interamente le spese del giudizio di appello tra le parti, unicamente in ragione della prolissità della comparsa di costituzione e risposta della parte appellata, contenente difese ritenute eccessive e ridondanti, pur essendo rimasto soccombente l'istituto di credito appellante; invero, osserva il giudice di legittimità, il riferimento all'eccessiva prolissità ed alla ridondanza delle difese della società, in realtà, appare una censura alle modalità di difesa che non può incidere sull'applicabilità del principio della soccombenza, traducendosi così in un inammissibile surrettizio rilievo di una sorta di abuso del diritto difensivo che esorbita dal perimetro normativo in tema di liquidazione delle spese del giudizio). (Riferimenti giurisprudenziali: Cassazione, sezione civile L, ordinanza 7 agosto 2019, n. 21157).
Cassazione, sezione VI civile, ordinanza 14 ottobre 2022 n. 30328 – Presidente Meloni; Relatore Caiazzo

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