Ostacolo vigilanza, legittima la confisca all’ad della banca
Non è sproporzionata la confisca dei beni utilizzati dall’amministratore delegato della banca per ostacolare le funzioni di vigilanza di Consob e Bankitalia. Mentre non può essere aggredito il patrimonio dell’istituto bancario rimasto estraneo a condotte dalle quali non è stato avvantaggiato ma danneggiato. La Cassazione (sentenza 1991) ha respinto il ricorso dell’ex Ad di Veneto banca Vincenzo Consoli, contro il maxi sequestro preventivo, finalizzato alla confisca per equivalente di beni mobili e immobili, disposto dal Tribunale di Treviso, che ha “allargato” la misura cautelare anche al conto corrente intestato alla moglie dell’ex amministratore, per un totale di oltre 45 milioni di euro. Somma che, per i giudici, era pari a quella utilizzata dal manager indagato per ostacolare l’esercizio delle funzioni delle autorità pubbliche di vigilanza, Consob e Bankitalia. La condotta, di rilievo penale, prevista dall’articolo 2638 del Codice civile, sta nell’ aver comunicato «un patrimonio di vigilanza non corrispondente al vero perché non decurtato dal valore di una pluralità di operazioni che l’indagato aveva posto in essere con enti e persone fisiche con l’impegno, da parte della banca, di riacquisto degli strumenti finanziari ceduti, per un valore complessivo ingente». Valore quantificato in 45,425 milioni. L’indagato aveva compiuto una serie di operazioni per simulare un apprezzamento del mercato di strumenti finanziari, il cui riacquisto veniva invece da lui garantito in nome della banca.
La Cassazione respinge le tesi della difesa, a iniziare dai dubbi di costituzionalità della misura adottata in base all’articolo 2641 del Codice civile, anche alla luce delle modifiche apportate all’articolo 187 sexies del dlgs 58/998 dall’articolo 4 del dlgs 107/2018. Un intervento con il quale è stata esclusa la possibilità di precedere alla confisca, sia diretta sia per equivalente, dei beni utilizzati per commettere l’illecito amministrativo limitando la misura «al prodotto o al profitto dell’illecito».
Una nuova risposta sanzionatoria che, spiega la Cassazione, riguarda i soli illeciti amministrativi, senza alcun effetto sulle condotte di rilevo penale, come dimostrato dal fatto che, ancora oggi, l’articolo 187 del Tuf consente la confisca dei beni strumentali alla consumazione dei delitti di insider trading e aggiotaggio.
Per la Cassazione «Non si è creato pertanto – quell’unicum, rappresentato dalla sola disciplina prevista dall’articolo 2641 del Codice civile, in tema di confisca per equivalente dei beni utilizzati per compiere il reato, che il ricorrente denuncia per argomentare ulteriormente l’illegittimità costituzionale di tale norma». Né la Suprema corte può accogliere la richiesta di vincolare i beni della banca che dall’ostacolo posto alla vigilanza aveva avuto solo danni, in quanto aveva contribuito a ritardare i rilievi della autorità e, in definitiva, ad accentuare lo squilibrio finanziario dell’istituto.
Corte di cassazione – Sentenza 1991/2019