Civile

Per la validità degli autovelox indispensabili sia la segnalazione preventiva che la visibilità della postazione

Nel decidere la Cassazione ha affrontato il tema dei rapporti da leggi e regolamenti attuativi

di Mario Finocchiaro

L'articolo 142, comma 6-bis, del codice della strada, che dispone che le postazioni di controllo sulla rete stradale per il rilevamento della velocità devono essere preventivamente segnalate e ben visibili, va interpretato nel senso che, tanto per le postazioni fisse quanto per quelle mobili, il requisito della preventiva segnalazione della postazione ed il requisito della visibilità della stessa sono distinti ed autonomi e devono essere entrambi soddisfatti ai fini della legittimità della rilevazione della velocità effettuata tramite la postazione. Questo il principio enunciato in motivazione, ai sensi dell'articolo 384 Cpc, dalla Sezione II della Cassazione con l' ordinanza 7 aprile 2023 n. 9556.

Il caso esaminato
Nella specie il tribunale - diversamente da quanto affermato dal giudice di pace - aveva annullato il verbale di a ccertamento della infrazione (eccesso di velocità) accertata con telelaser da una postazione mobile, attesa la mancata segnalazione della postazione mobile con una segnaletica di tipo mobile e, per altro verso sulla omessa segnalazione luminosa a messaggio variabile della presenza della postazione mobile.
Il tribunale era pervenuto a tale conclusione sulla base della circolare ministeriale 21 luglio 2017 (cosiddetta direttiva Minniti) - peraltro successiva ai fatti di causa - utile per individuare la prassi che doveva seguirsi dagli organi accertatori, e così, per interpretare il concetto di buona visibilità e, nel caso di specie, mentre era pacifico che la postazione fosse segnalata [da segnalazione di postazioni di controllo fisse], non vi era alcuna prova del fatto che la medesima fosse occasionale.
Diversamente, la S.C., premesso che l'articolo 142, del codice stradale, in quanto legge ordinaria dello Stato è fonte di rango superiore a non può essere derogata da una di rango inferiore e secondario come quella emanata con il decreto ministeriale, sicché ove si manifesti un contrasto tra le previsioni della legge e quelle del decreto ministeriale, è quest'ultimo che cede dovendo essere disapplicato dal giudice ordinario, ha cassato la pronunzia impugnata rimettendo la causa al giudice a quo perché decida la causa sulla base del principio esposto in massima.

I precedenti conformi
Analogamente, ricordata in motivazione, nella pronunzia in rassegna, Cassazione, ordinanza 22 ottobre 2021, n. 29595, secondo cui in tema di contravvenzioni al codice della strada, l'articolo 3 del Dm.15 agosto 2007, nella parte in cui esonera dall'obbligo di presegnalazione l'uso di strumenti (quale lo Scout speed) di rilevamento della velocità con modalità dinamica, ovvero ad inseguimento (previsione confermata dall'articolo 7.3 dell'All. 1 al Dm 13 giugno 2017), va disapplicato per contrasto con l'articolo 142, comma 6-bis del decreto legislativo n. 285 del 1992, norma primaria, di rango superiore, che tale obbligo al contrario contempla per tutte le postazioni presenti sulla rete stradale e dedicate a siffatti controlli, rimettendo al citato decreto ministeriale la mera individuazione delle relative modalità attuative (quale, ad esempio, l'installazione sulle autovetture di messaggi luminosi visibili frontalmente e da tergo, contenenti l'iscrizione sintetica controllo velocità o rilevamento velocità), senza facoltà di derogarvi.
Per il rilievo che in tema di contravvenzioni al codice della strada, l'articolo 142 co. 6- bis del decreto legislativo n. 285 del 1992, introdotto dall'articolo 3, comma 1, lettera b del decreto legge n. 117 del 2007, convertito nella legge n. 160 del 2007, ha esteso l'obbligo della preventiva segnalazione delle postazioni di controllo per il rilevamento della velocità, originariamente previsto dall'articolo 4 del decreto legge n. 121 del 2002, convertito nella legge n. 168 del 2002 per i soli dispositivi di controllo remoto senza la presenza diretta dell'operatore di polizia, a tutti i tipi e modalità di controllo effettuati con apparecchi fissi o mobili installati sulla sede stradale, Cassazione, ordinanza 14 gennaio 2022,n. 1132, nonché sentenza 18 gennaio 2010, n. 656, che ha cassato la sentenza impugnata che aveva annullato il verbale di contestazione per l'omesso assolvimento del suddetto obbligo di preventiva informazione dell'utenza, malgrado il dispositivo utilizzato, tipo telelaser, non rientrasse tra quelli indicati nel citato articolo 4 del decreto legge n. 121 del 2002 e lo ius superveniens di cui all'articolo 3 del decreto legge n. 117 del 2007 non fosse applicabile al caso esaminato, riferito ad un'infrazione commessa nel 2003.

Rapporti tra leggi e regolamenti esecutivi
In termini generali, sui rapporti tra le norme di legge e le disposizioni dei relativi regolamenti [di esecuzione] si è precisato, tra l'altro:
- i regolamenti non sono suscettibili di essere impugnati per illegittimità costituzionale, perché non sono né leggi in senso formale, né atti aventi forza di legge, ma soltanto leggi in senso materiale, in quanto pongono norme giuridiche con l'efficacia che è propria degli atti amministrativi, una efficacia cioè incondizionatamente subordinata alle leggi, alle cui disposizioni non possono essere contrari, né derogare: di conseguenza nella ipotesi di illegittimità del regolamento, l'autorità giudiziaria è tenuta senz'altro a riconoscerla, in osservanza del principio fondamentale contenuto nell'articolo 5 della legge n. 2248, All. E, del 1865, sul contenzioso amministrativo, che fa obbligo alle autorità giudiziarie di applicare gli amministrativi ed i regolamenti generali e locali, solo in quando conformi alle leggi, Cass. 12 novembre 1958, n. 3699;
- il regolamento d'esecuzione di una legge può essere considerato quale atto amministrativo illegittimo, e quindi può essere disapplicato dal giudice ordinario, quando contenga norme che superino la necessita di dare attuazione alla legge o addirittura le siano contrarie, ma non quando contenga norme derivabili, per via di interpretazione, dalla legge stessa (norme regolamentari infra legem) ovvero norme che la legge completino o integrino (norme regolamentari extra o praeter legem), Cassazione, sentenza 12 maggio 1975, n. 1836;
- il principio secondo il quale il regolamento di esecuzione non può contenere norme che superino la necessita di dare attuazione alla legge cui esso si riferisce o siano contrarie alla legge medesima, ad altra legge o ai principi generali dell'ordinamento giuridico, non significa che tale regolamento non possa contenere norme secondarie, derivabili per via di interpretazione dalle norme primarie poste dalla legge, Cassazione, sez. un., sentenza 28 giugno 1966, n. 1672, in Riv. infortuni e malattie professionali, 1966, II, p. 155;
- il principio, secondo il quale i regolamenti di esecuzione non possono contenere norme che superino la necessita di dare attuazione alla legge cui si riferiscono, o addirittura contrarie alla legge medesima, ad altra legge o ai principi generali dell'ordinamento giuridico dello stato, non importa che, ai sensi dell'articolo 1, n 1,della legge n 100 del 1926 - per questa parte tuttora in vigore - essi non possano contemplare norme secondarie derivabili per via di interpretazione o di deduzione dalle norme primarie poste dalla legge (norme infra legem), o norme nuove di carattere complementare od integrativo (norme extra o praeter legem), e neppure che una deroga alla legge - sempre che non si tratti di principi costituzionali - debba considerarsi rigorosamente esclusa quando possa fondarsi, invece, sulla premessa di una delega da parte del legislatore, Cassazione, sez. un., sentenza 17 maggio 1961, n. 1160, in Giustizia civile, 1961, I, p. 1410.

La gerarchia delle fonti
Sempre in argomento si è affermato, altresì:
- il principio di gerarchia delle fonti di cui all'articolo 4, comma 1, preleggi, e il principio di legalità dell'azione amministrativa, ostano a che un atto normativo di rango secondario possa introdurre requisiti per l'accesso ad una prestazione previdenziale che non siano in alcun modo contemplati dalla fonte primaria che ad esso rinvii per la sua attuazione, Cassazione, sentenza 24 ottobre 2022, n. 31335;
- in materia di benefici in favore delle vittime del dovere, l'articolo 1, comma 565, della legge n. 266 del 2005, nel rinviare ad un successivo regolamento attuativo la disciplina dei termini e delle modalità di corresponsione, ha rimesso alla fonte secondaria soltanto l'individuazione dei termini per la presentazione delle domande e la disciplina del relativo procedimento amministrativo di accertamento dei requisiti e di concessione delle provvidenze, sicché è illegittimo e va disapplicato l'articolo 2 del Dpr n. 243 del 2006, nella parte in cui ha previsto che fino a nuova autorizzazione di spesa i benefici fossero riconosciuti agli aventi diritto con riferimento ad eventi verificatisi sul territorio nazionale dal 1° gennaio 1961 ed all'estero dal 1° gennaio 2003, trattandosi di differenziazione nella platea dei potenziali destinatari non contemplata dalla fonte primaria e non introducibile dalla fonte regolamentare, Cassazione, sentenza 25 luglio 2016, n. 15328;
- il più favorevole regime di liquidazione dell'"Iva di gruppo" di cui all'articolo 73, comma 3, del Dpr n. 633 del 1972, nel testo ratione temporis vigente, in base al quale l'Iva a credito di una società può essere compensata con gli importi dovuti a debito, per la medesima imposta, da altra società appartenente allo stesso gruppo, si applica anche se la società controllante sia una società di persone, senza che rilevi, in senso contrario, quanto indicato dal Dm n. 11065 del 1979 del Ministero delle Finanze, gerarchicamente subordinato alla legge, né, tantomeno, la successiva circolare dello stesso Ministero n. 16/360711, dovendosi ritenere una diversa interpretazione lesiva del principio di parità di trattamento rispetto a soggetti che operano nel medesimo mercato, Cassazione, sez. un., sentenza 2 febbraio 2016, n. 1915, in Diritto e pratica tributaria, 2016, II, p. 2136, con nota di Centore P., L'IVA di gruppo tra norme interne e riforme unionali;

Abrogazione tacita del regolamento
- una fonte di rango regolamentare di esecuzione ed attuazione di una fonte legislativa può essere abrogata tacitamente da una fonte legislativa soltanto in via riflessa, cioè se questa fonte successiva abbia effetti abrogativi taciti od espressi della fonte legislativa, in esecuzione od attuazione della quale quella regolamentare sia stata emanata, e sempre che quest'ultima abbia contenuti tali che la sua permanenza risulti incompatibile con la sopravvenuta vigenza della nuova legge. Ne consegue che, dovendo escludersi che la disciplina dell'articolo 1182 Cc abbia potuto abrogare tacitamente quella sui pagamenti dello Stato di cui al regio decreto n. 2440 del 1923, tenuto conto che lex posterior generalis non derogat legi priori speciali, deve escludersi che, per effetto dell'entrata in vigore del suddetto articolo 1182, siano state tacitamente abrogate le disposizioni regolamentari costituenti esecuzione od attuazione del citato regio decreto (regio decreto n. 827 del 1924 e regio decreto n. 1759 del 1926) e le loro modifiche nel tempo, in punto di luogo del pagamento da parte dell'Amministrazione, Cassazione, sentenza 6 giugno 2006, n. 13252, in Giustizia civile, 2007, I, p. 2869, con nota di Di Iorio R., L'idoneità al giudicato dell'ordinanza ingiuntiva e in Foro italiano, 2006, I, c. 3082, con nota di Cea Costanzo M., L'ordinanza ingiuntiva nei confronti del contumace;
- il criterio di calcolo delle pensioni dettato, nell'assicurazione generale obbligatoria, dall'articolo 3, legge n. 297 del 1982, e in particolare il riferimento alle retribuzioni percepite in costanza di rapporto di lavoro, non può essere legittimamente derogato da norma di rango regolamentare, che va disapplicata ove entri in contrasto con tale regola; ne consegue che, nel caso di un dipendente di unità sanitaria locale, optante per l'assicurazione generale invalidità e vecchiaia ex articolo 7, Dpr n. 761 del 1979, che, prima del collocamento a riposo, abbia percepito ratione temporis solo in parte gli aumenti stipendiali previsti, con scaglionamento in tre anni, a decorrere dal 1 gennaio 1988, dal Dpr 28 novembre 1990 n. 384 (contenente il regolamento per il recepimento dell'accordo del 6 aprile 1990 per il comparto del servizio sanitario nazionale), ai fini del calcolo della pensione non può tenersi conto degli aumenti decorrenti da data posteriore a quella del collocamento in quiescenza, benché l'articolo 43 del citato decreto n. 384 del 1990 preveda la corresponsione integrale dei benefici economici in questione, negli importi e nelle scadenze previste, anche al personale cessato dal servizio con diritto a pensione nel periodo di vigenza contrattuale, Cassazione, sentenza 7 dicembre 1999, n. 13672.

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