Comunitario e Internazionale

Maxi risarcimenti limitano la libertà di stampa

Nelle cause di diffamazione occorre valutare anche l’interesse generale

di Marina Castellaneta

Imporre al giornalista e all’editore il pagamento di una somma ingente a seguito dell’azione in sede civile per diffamazione è in contrasto con la Convenzione europea dei diritti dell’uomo. Un risarcimento elevato, infatti, potrebbe produrre un “chilling effect” sul giornalista e privare la collettività di notizie di interesse generale. I giudici nazionali, inoltre, non possono badare solo al tono sarcastico e alle parole utilizzate, perché devono valutare se si tratta di una questione di interesse generale e la buona fede del cronista. Lo ha stabilito la Corte europea dei diritti dell’uomo con la sentenza del 5 luglio (caso Drousiotis contro Cipro). I giudici di Cipro, inclusa la Corte suprema, avevano condannato il reporter e l’editore a versare 25mila euro più le spese legali.

La Corte dei diritti dell’uomo ha ritenuto l’importo eccessivo e sproporzionato, anche tenendo conto del fatto che non era stato dimostrato in che modo l’articolo avesse provocato un pregiudizio all’alto funzionario. Per la Corte, colui che cita in giudizio un giornalista deve dimostrare le conseguenze negative provocate dall’articolo e i giudici nazionali devono accertare se tale pregiudizio è sufficientemente serio da far prevalere la tutela della reputazione sulla libertà di stampa. Una somma elevata, come risarcimento del danno, - osserva la Corte - provoca sicure conseguenze negative sulla discussione pubblica su questioni di interesse generale con un effettuo dissuasivo sul giornalista. E questo anche quando l’editore decide di pagare l’importo.

Un punto importante, quello precisato dalla Corte, che andrà considerato dai giudici interni per applicare correttamente l’articolo 10 della Convenzione che assicura la libertà di espressione.

Inoltre sono stati individuati altri punti di contrasto con la Convenzione europea, perché i giudici nazionali hanno dato peso quasi esclusivamente allo stile e al tono corrosivo e ironico del cronista, che rientrano nel diritto alla libertà di espressione, senza considerare che va concesso un certo livello di provocazione ed esagerazione.

Poco peso, inoltre, è stato dato all’interesse pubblico del fatto al centro dell’articolo e alla circostanza che si trattava di un giudizio di valore e non di fatto. In questi casi, al giornalista deve essere data ampia libertà e poco importa, quindi, che la decisione sul prolungamento in servizio sia stata legittima, perché l’articolo contestava l’opportunità politica di una proroga inusuale.

Inoltre, la Corte ribadisce che anche un mancata accuratezza dei fatti deve essere tollerata se il giornalista agisce in buona fede e se si occupa di una questione controversa. Cipro è stata condannata a versare 12mila euro al reporter per i danni morali, ma non sono stati liquidati i danni patrimoniali perché non è stata fornita la documentazione sul versamento degli importi.

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©