Non è marchio distintivo il segno “I” seguito da un cuore rosso apposto su magliette
Si tratta di segno di uso comune in particolare proprio su capi di abbigliamento quali le T-shirt e ciò impedisce la sua registrazione in quanto non consente di essere percepito come riferibile a una data impresa produttrice
La “banalità” di un marchio non ne consente la registrazione in quanto non sarebbe percepito come riferibile a una data impresa e sarebbe quindi privo di quel carattere distintivo che ne determina il regime di protezione con la possibilità di impedirne l’uso a terzi.
Ossia segni o parole di uso ormai comune non possono essere oggetto della disciplina dei marchi.
Così il Tribunale Ue con le sentenze sulle cause da T-304/24 a T-306/24 ha respinto il ricorso di un’impresa tedesca contro la decisione negativa dell’Euipo di registrare come marchio la combinazione tra la «I» maiuscola e un cuore rosso che rimanda alla frase inglese I love (Io amo). Si tratta, infatti, di un’espressione che - anche in questa formulazione grafica - è ormai di diffuso uso comune e quindi non atta a distinguere sul mercato un dato prodotto in particolare se si tratta, come nel caso deciso, di abbigliamento e specificatamente di magliette. La T-shirt con il segno I e il disegno di un cuore rosso sulla parte sinistra del petto non sarebbe percepita come proveniente da una data impresa e ciò vale anche nel caso il marchio in questione venisse apposto anche sulla parte posteriore del capo di abbigliamento dove normalmente sono posizionate le etichette riferite al produttore. Ciò perché il segno di cui veniva chiesta la registrazione è d’uso comune e in particolare proprio nell’ambito delle magliette.
La conferma della decisione dell’Euipo
Il segno “Io amo” (con il soggetto scritto in inglese e il cuore rosso a indicare il verbo amare) in quanto tale non può essere registrato come marchio dell’Unione europea per capi di abbigliamento come le magliette per l’assenza di distintività. E, precisa il Tribunale Ue, anche se viene rivendicato per alcune posizioni specifiche sui capi di abbigliamento, quali le T-shirt, esso non consente di distinguere i prodotti controversi da quelli di altre imprese. Il segno sarebbe stato immediatamente inteso come l’espressione «io amo». Neppure la sua posizione gli avrebbe conferito carattere distintivo. Quindi secondo i giudici l’Euipo non è incorso in errore nel concludere che la posizione specifica del segno figurativo su un articolo di abbigliamento - indicata dall’impresa richiedente anche sul retro del capo - non sarebbe stata sufficiente a consentirne la registrazione in qualità di marchio.