Comunitario e Internazionale

Carte di pagamento, niente rimborso per operazioni non autorizzate se segnalate in ritardo

Nel contemperamento degli interessi del pagatore e della società emittente dello strumento di pagamento è previsto l’onere di non ritardare colpevolmente o consapevolmente l’uso indebito della carta

di Paola Rossi

Il possessore di una carta di pagamento che tardi intenzionalmente o con comportamento gravemente negligente di informare la società dove detiene il conto perde il diritto a vedersi rimborsare la somma erogata per un’operazione che non ha autorizzato.

Lo afferma la Corte Ue con la sentenza sulla causa C-665/23 in un caso in cui l’utente ha informato l’istituto di pagamento entro tredici mesi dalla data dell’addebito in contestazione.

Il caso a quo 
Il caso oggetto del rinvio pregiudiziale riguardava un consumatore titolare di un conto di deposito in oro presso una società e che dal momento in cui la stessa società gli aveva inviato una nuova carta di prelievo e di pagamento si erano verificati prelievi giornalieri, ma il cliente aveva successivamente sostenuto di non aver mai ricevuto tale carta di pagamento e di non aver autorizzato i prelievi.

Il giudice francese adito dal consumatore ha respinto la sua domanda di rimborso, in quanto i prelievi controversi non erano stati notificati alla società «senza indugio», come prevede il Codice monetario e finanziario che recepisce la direttiva relativa ai servizi di pagamento nel mercato interno. Infatti, la segnalazione delle operazioni asseritamente non autorizzate veniva fatta dall’intestatario del conto solo dopo due mesi dal primo prelievo contestato, ma ben entro il termine massimo di tredici mesi previsto dalla legge. Da cui scattava il ricorso per cassazione del privato da cui derivava il rinvio alla Cgue per appurare se in base al diritto Ue è possibile privare il consumatore del diritto al rimborso di un’operazione non autorizzata in caso di notifica sì tardiva, ma effettuata entro il termine di tredici mesi. E veniva anche chiesto se - in caso affermativo, rispetto al primo quesito - la negazione del rimborso debba presupporre una negligenza grave o un comportamento intenzionale del “pagatore” e se si estenda a tutte le operazioni non autorizzate o solo a quelle che avrebbero potuto essere evitate.

L’interpretazione della Cgue
In primo luogo, la Corte risponde dichiarando che l’utente di servizi di pagamento è privato, in linea di principio, del diritto di ottenere un rimborso se non ha informato senza indugio il suo prestatore di servizi di pagamento di essere venuto a conoscenza di un’operazione di pagamento non autorizzata, sebbene lo abbia informato riguardo alla medesima nei tredici mesi successivi alla data di addebito.

La Corte precisa che l’obbligo di informazione «il più presto possibile» ha carattere autonomo e si distingue dall’obbligo di notifica entro il termine di tredici mesi successivi alla data di addebito di un’operazione di pagamento non autorizzata. Il termine oggettivo di tredici mesi, per sua stessa natura, nulla toglie alla pertinenza del termine soggettivo di notifica «senza indugio» di un’operazione non autorizzata quando se ne sia venuti a conoscenza.

Se all’utente di servizi di pagamento venga riconosciuto il diritto di ottenere la rettifica per un’operazione non autorizzata ma di cui era a conoscenza informando poi tardivamente il suo prestatore di servizi di pagamento, ciò pregiudica la certezza del diritto e la corretta ponderazione dei rispettivi interessi di utente e del suo prestatore di servizi di pagamento, come stabilita dal Legislatore dell’Unione nell’ambito dei servizi di pagamento nel mercato interno.

La Corte precisa tuttavia che - qualora si tratti di uno strumento di pagamento, quale una carta bancaria, smarrita, rubata, oggetto di appropriazione indebita o di un uso non autorizzato - il pagatore viene privato, in linea di principio del suo diritto di ottenere il rimborso di un’operazione non autorizzata “soltanto” nel caso se ha tardato a darne informazione in modo intenzionale o con negligenza grave che configura una violazione qualificata di un obbligo di diligenza. Oltre ovviamente nel caso in cui il comportamento sia frutto di azione addirittura fraudolenta.

Infine, la Corte precisa che l’onere della prova grava sul prestatore di servizi di pagamento, che deve dimostrare che l’operazione è stata autenticata, debitamente registrata e contabilizzata. Dall’altra parte c’è la previsione del diritto Ue secondo cui il pagatore non debba sopportare alcuna conseguenza finanziaria derivante dall’uso di uno strumento di pagamento smarrito, rubato od oggetto di appropriazione indebita, avvenuto dopo la notifica alla società emittente, partendo dal presupposto che il pagatore non ha alcun interesse a ritardare la notifica che è tenuto a effettuare. Nel caso poi di una successione di operazioni di pagamento non autorizzate, effettuate mediante uno stesso strumento di pagamento smarrito, rubato, oggetto di appropriazione indebita o di un uso non autorizzato, il pagatore è privato, in linea di principio, del diritto di ottenere il rimborso soltanto delle perdite risultanti dalle operazioni delle quali intenzionalmente o in modo gravemente negligente ha tardato a dare informazione.

Ma la disposizione Ue relativa alla responsabilità che grava sul pagatore privandolo del rimborso - in caso di operazioni di pagamento non autorizzate - è derogatoria e quindi oggetto di un’interpretazione restrittiva.

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