Comunitario e Internazionale

Intercettazioni telefoniche: con lo stop della Corte di giustizia alla conservazione indagini a rischio

La non del tutto inattesa la pronuncia della Cgue del 5 aprile 2022 causa C-140/20 determina importantiricadute processuali e preventive

di Alberto Cisterna

Forse era invitabile che l’epilogo fosse questo. Forse sarebbe stato sufficiente osservare la trama fine della sentenza  8 aprile 2014, Digital Rights Ireland o della sentenza 21 dicembre 2016, Tele2 e Watson e, infine, della sentenza 2 marzo 2021 H.K. per considerare come non del tutto inattesa la pronuncia della Corte di giustizia del Lussemburgo del 5 aprile 2022, causa C-140/20. Prima di individuarne le ricadute processuali e investigative, che appaiono invero assai rilevanti, una riflessione di inquadramento.

Intercettazioni sotto la lente della Corte di giustizia

Già la sentenza del 2021 H.K. della Corte di giustizia  ha imposto, sicuramente nel nostro paese con il decreto legge n. 138 del 2021, una più stretta convergenza tra intercettazione di comunicazioni e acquisizione dei relativi dati di traffico, individuando nella terzietà del giudice - che provvede in entrambi i casi all’adozione dei provvedimenti di autorizzazione – il solo soggetto abilitato all’incisione dei diritti dei titolari delle utenze.

 La sentenza del 5 aprile causa C-140/20 , vedremo, completa questo ciclo vitale cancellando praticamente dagli ordinamenti dei paesi dell’Unione la stessa possibilità di dar corso a una conservazione indiscriminata dei dati di traffico per finalità di sicurezza e di giustizia.  Come noto, la data retention trae la propria origine dalla prioritaria necessità per le aziende telefoniche di fatturazione del traffico di documentare i rapporti con la clientela e, solo dopo, si orienta verso lo storage di informazioni per fini processuali, investigativi e di sicurezza pubblica. Questo passaggio è reso chiaro dalla persistente, impropria collocazione della norma che regola tale conservazione e acquisizione nel Codice della privacy, anziché nella propria sede processuale. 

Ciò posto due considerazioni: la conversione dei contratti di telefonia e internet verso tariffe flat ha reso pressoché inutile e costoso per le società la data retention non più indispensabile a fini di fatturazione; la Corte di giustizia europea sembra aver sviluppato il proprio ragionamento secondo un asse rimasto, in parte, ancora implicito, ma che non è estraneo alla riflessione giudiziaria italiana.

E’ noto, infatti, che  la Corte costituzionale  con la sentenza 6 marzo 2019 n. 38 aveva già indicato - in senso tendenzialmente difforme rispetto a quanto ritenuto nelle precedenti pronunce n. 81 del 1993 e n. 281 del 1998 -  come possibile la riconducibilità delle intercettazioni e dei tabulati telefonici nell’alveo della medesima tutela approntata dall’articolo 15 della Costituzione e che questo avrebbe fatto venir meno ogni pretesa distinzione «ontologica» fra i due mezzi di ricerca della prova rappresentati dalle intercettazioni e dall’acquisizione dei tabulati. 

Il ragionamento sviluppato dalla Corte di giustizia nella causa C-140/20

La Cgue ha portato a compimento questo percorso stabilendo che non è possibile procedere a ritroso all’acquisizione dei dati di traffico e, quindi, sostanzialmente mettendone in discussione la stessa conservazione da parte dei gestori. Costoro, da oggi, potrebbero addirittura dismettere l’attività di storage dei dati e limitarsi alla conservazione di solo quelli che puntualmente e case by case l’autorità pubblica (giudiziaria o di sicurezza) richiede siano custoditi in archivio per le finalità che la sentenza del 5 aprile 2022 provvede a enunciare, sia pure per via astratta. Così facendo l’assimilazione tra conversazioni telefoniche/comunicazioni telematiche e dati esteriori di traffico è interamente realizzata: così come nessuno conserva quei contenuti delle conversazioni/comunicazioni (anche perché irrilevanti a fini commerciali) e può metterli a disposizione dell’autorità pubblica sono “per il futuro” (ossia dal momento in cui parte l’attività di intercettazione), parimenti la documentazione di quelle interlocuzioni giunge al processo o all’attività di prevenzione solo a procedere dal provvedimento che ne richiede il tracciamento sulla scorta di quanto previsto dall’articolo 132 comma 4-ter del Codice privacy per il solo Ministro dell’Interno i  responsabili degli  Uffici  centrali  specialistici  in  materia   informatica   o telematica delle forze di polizia e i soggetti  indicati nel  comma  1  dell'articolo  226  delle disposizioni di attuazione del Cpp.

Le notevoli ricadute operative per gli organi investigativi

Si è, in definitiva, data piena attuazione a quello che la Corte di Lussemburgo ritiene il principio cardine del sistema di gestione dei servizi telefonici e telematici ossia il divieto della memorizzazione dei dati relativi al traffico e all’ubicazione e si è dato che l’unico contemperamento equilibrato che possa darsi tra istanze di giustizia/prevenzione e tutela dei diritti della persona è quello che contempli conservazioni per aree circoscritte (a esempio infrastrutture sensibili) o per cluster di soggetti per i quali si ritiene sussistano concrete e specifiche esigenze securitarie. Tranne che in queste poche ipotesi la conservazione deve ritenersi non consentita e, comunque, la sentenza afferma che non è consentita l’acquisizione “retroattiva” da parte della pubblica autorità. Le ricadute sulle indagini e sull’attività di prevenzione in generale, al momento, appaiono davvero notevoli.

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