Famiglia

Al coniuge superstite spettano i diritti di uso e di abitazione solo se di proprietà del "de cuius" o in comunione

Diritti da negarsi nell'ipotesi in cui la casa familiare sia in comunione tra il coniuge defunto ed un terzo

di Valeria Cianciolo

A norma dell'articolo 540 cod. civ., i diritti di abitazione sulla casa adibita a residenza familiare e di uso sui mobili che la arredano, previsti in favore del coniuge superstite, presuppongono per la loro concreta realizzazione l'appartenenza della casa e del relativo arredamento al "de cuius" o in comunione a costui e all'altro coniuge, con la conseguenza che deve negarsi la configurabilità dei suddetti diritti nell'ipotesi in cui la casa familiare sia in comunione tra il coniuge defunto ed un terzo, rimanendo, peraltro, ammissibile la monetizzazione eventuale della mancata riserva.

Il caso
La decisione che si annota (Cassazione civile, sezione II, sentenza 28 maggio 2021, n. 15000), si riferisce al caso di una divisione ereditaria fra la prima moglie e i figli di primo letto del de cuius e la seconda moglie del medesimo, e la Suprema Corte prende spunto dalla fattispecie concreta per affrontare ancora una volta le problematiche sottese al disposto dell'articolo 540, comma 2 cod. civ., nel particolare caso di comproprietà, fra de cuius e terzi, della casa adibita a residenza familiare.
La Corte d'Appello escludeva l'acquisto, da parte della seconda moglie del diritto di abitazione ed uso degli arredi della casa coniugale già di comproprietà del defunto e di terzi (nella concreta fattispecie la moglie di primo letto).

I diritti di uso e di abitazione al coniuge superstite
Il coniuge superstite, nell'attuale sistema successorio, ha diritto a conseguire sia una quota di legittima, che gli attribuisce il titolo di erede, sia i diritti di abitazione della casa coniugale e uso dei mobili che la corredano: infatti, con l'articolo 540, comma 2, cod. civ., il legislatore del 1975 ha introdotto una fattispecie di riserva a beneficio del coniuge superstite avente ad oggetto i diritti di abitazione sulla casa adibita a residenza familiare e di uso sui mobili che la corredano, purché tali beni siano di proprietà del defunto o comuni. Questo argomento vale anche per gli uniti civilmente a seguito della Riforma operata con la nota Legge Cirinnà. [Per una disamina del tema, cfr. Bonilini, La successione mortis causa della parte superstite dell'unione civile, in Bonilini (diretto da), Trattato di diritto di famiglia, V, Unione civile e convivenza, Torino, 2017; Id., La successione del coniuge superstite tra riforma e proposte di novellazione, in FD, 2015; Id., Manuale di diritto ereditario e delle donazioni, 7a ed., Torino, 2014; Capozzi, Successioni e donazioni, I, 4a ed., Milano, 2015; Visconti, I legittimari, in Iaccarino (a cura di), Successioni e donazioni, I, Torino, 2017.].
La partecipazione del coniuge alla successione del de cuius presuppone un matrimonio valido e produttivo di effetti civili o, quanto meno, putativo ricordandosi, altresì, che il coniuge superstite è titolare dei diritti di riserva anche in ipotesi di separazione senza addebito, secondo l'articolo 548, 1 comma, cod. civ.; nel caso, invece, di separazione con addebito, o di scioglimento del matrimonio civile, cui è equiparata la cessazione degli effetti civili del matrimonio religioso, il coniuge non è riservatario, nè di una quota di legittima, nè dei diritti di uso e di abitazione e uso, spettandogli, se ve ne siano i presupposti, un mero assegno vitalizio. I diritti previsti dall'articollo 540 cod. civ. hanno, secondo la giurisprudenza, natura di legato, poiché il coniuge ne diviene titolare ipso iure al momento dell'apertura della successione, senza necessità di accettazione, e non ne viene privato, laddove rinunzi all'eredità come pure, la rinunzia a siffatti diritti non preclude la possibilità di accettare l'eredità (Capozzi, cit., 447): vale a dire che i diritti di abitazione e di uso hanno autonomia concettuale, e, pertanto, ne segue anche la possibilità di autonomo acquisto come pure di autonoma rinunzia (cfr., Capozzi, 446).§

Facoltà e vincoli
Al fine di individuare le facoltà e i vincoli, attribuiti al coniuge superstite, si deve far capo agli articolio 1021-1026 cod. civ., che disciplinano, appunto, i diritti reali di uso e di abitazione, rammentando che non si applica l'articoli 1022 cod. civ., ai sensi del quale l'oggetto del diritto d'abitazione è limitato ai bisogni dell'habitator e della sua famiglia e l'articolo 1026 cod. civ., il quale richiama, tra le cause estintive del diritto di abitazione, la prescrizione ventennale e l'abuso del beneficiario
Posto che l'articolo 540 cod. civ. attribuisce al coniuge il diritto di cumulare, alla quota di legittima in proprietà, i diritti di abitazione della casa coniugale e di uso dei mobili che la corredano, un nodo particolarmente critico è rappresentato da quanto dispone la prima parte dell'articolo 540, 2 co., cod. civ., in forza del quale: "Al coniuge, anche quando concorra con altri chiamati, sono riservati i diritti di abitazione sulla casa adibita a residenza familiare e di uso sui mobili che la corredano, se di proprietà del defunto o comuni."
Appare dunque necessario comprendere, se con l'aggettivo "comuni" il legislatore volesse riferirsi alla sola ipotesi della comunione fra i coniugi o anche quella della comunione con terzi.
Potrebbe estendersi la portata della norma dell'articolo 540, 2° co., facendo leva sull'inciso in cui essa prevede che il diritto di abitazione sia riservato con riferimento alla casa adibita a residenza familiare «se di proprietà del defunto o comuni», come inclusiva dei beni di proprietà del defunto solo per quota, essendo in comproprietà con terzi.
Qualora l'immobile destinato a residenza familiare sia di proprietà esclusiva del coniuge defunto, non si ravvisa alcun ostacolo alla pretesa fondata sull'articolo 540, comma 2, cod. civ., da parte dell'altro coniuge là dove l'edificio sia goduto dal terzo senza titolo (nel caso prospettato in Cass. 15 maggio 2000, n. 6231, in Mass. Giust. civ., 2000 parte dell'immobile era abitata dal genitore del de cuius).
Ma si ipotizzi che il defunto risulti titolare pro indiviso di una quota dell'immobile pari ad una metà, laddove il residuo appartenga in eguale misura ad un figlio germano e che per tacita convenzione tra i comunisti, l'immobile stesso sia stato adibito dallo stesso de cuius, a residenza coniugale: è evidente il vincolo di precario utile a giustificare il godimento della res. Il rapporto obbligatorio così strutturato potrebbe vivere con il coniuge superstite anche dopo l'apertura della successione, ove sussista la volontà delle parti, ma è del pari vero che i comodanti possono esercitare la facoltà di esercitare il diritto di recesso ad nutum, ai sensi dell'articolo 1810 cod. civ.
Si faccia un altro esempio. Poniamo il caso che il de cuius abbia donato ai figli di primo letto la nuda proprietà di un immobile che poi lo stesso ha adibito a residenza coniugale.
Nei riguardi del secondo coniuge superstite non può trovare applicazione l'articolo 540 c.c. nel caso in cui il defunto, esercitando il diritto di usufrutto riservatosi nel donare ai figli la nuda proprietà della casa, avesse adibita quest'ultima a residenza familiare del nuovo sodalizio coniugale.
A parte il rilievo di carattere generale che con la morte del titolare il diritto di usufrutto si estingue, è la stessa disposizione normativa che, nell'attribuire la riserva del diritto di abitazione in favore del coniuge superstite della casa, richiede che essa sia di piena proprietà del defunto: statuisce testualmente il comma 2° comma dell'articolo 540 che i diritti di abitazione e di uso sulla casa e sui mobili sono riservati «se di proprietà del defunto o comuni».
Secondo un'impostazione, si ritiene applicabile il principio di convertibilità del diritto di abitazione della casa familiare nell'equivalente monetario, a fronte della indivisibilità dell'immobile che sia tale da non consentire il materiale, esclusivo, godimento del bene da parte del coniuge superstite.
La giurisprudenza maggiormente restrittiva, sposata nella sentenza in esame, interpreta l'inciso prima menzionato nel senso che il termine «comuni» sia da riferire solo al caso di comproprietà dell'immobile tra il de cuius e il coniuge superstite così privilegiando l'interpretazione più aderente alla necessità di tutela dell'affidamento del terzo, a fronte della già corposa, preminente, sistemazione concessa alle ragioni successorie del coniuge: "Il diritto di abitazione del coniuge superstite (legato "ex lege" e riserva qualitativa che esclude la surrogabilità con altri elementi patrimoniali relitti senza la volontà del coniuge superstite) sorge esclusivamente in riferimento alla casa che, al momento della morte del coniuge, era in proprietà del "de cuius" comunque in comproprietà fra questi ed il coniuge superstite." (Cass. civ., Sez. II, 23 maggio 2000, n. 6691, in Foro It., 2001, I, 2948, citata dalla sentenza in commento).
Secondo la tesi sposata dal Palazzaccio nonché da precedente giurisprudenza (Cass. civ., Sez. II, n. 8171 del 22 luglio 1991, citata dalla sentenza in commento), i diritti di uso e di abitazione del coniuge superstite presuppongono per la loro concreta realizzazione l'appartenenza della casa e del relativo arredamento al solo de cuius od alla comunione tra costui e l'altro coniuge, non potendo estendersi a carico di quote di soggetti estranei all'eredità nel caso di comunione degli stessi beni tra il defunto e tali altri soggetti: l'articolo . 540, 2 co., cod. civ., nega la possibilità che il coniuge superstite possa ottenere i diritti di uso e abitazione della casa familiare nell'ipotesi di specie (Palazzo, Le Successioni, in Tratt. Iudica-Zatti, I, Milano, 1996), poiché ove vi sia un comproprietario terzo non si verificano i presupposti per la nascita dei diritti stessi non essendo in questo caso, realizzabile l'intento del legislatore di assicurare in concreto al coniuge il godimento pieno dei beni oggetto del diritto stesso. La sentenza n. 15000/2021 richiama e conferma un principio già espresso precedentemente secondo il quale: "a norma dell'art. 540 cod. civ., il presupposto perchè sorgano a favore del coniuge superstite i diritti di abitazione della casa adibita a residenza familiare e di uso dei mobili che la arredano è che la suddetta casa e il relativo arredamento siano di proprietà del "de cuius" o in comunione tra lui e il coniuge, con la conseguenza che deve negarsi la configurabilità dei suddetti diritti nell'ipotesi in cui la casa familiare sia in comunione tra il coniuge defunto ed un terzo."

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