Amministrativo

Anche l'istruzione familiare è soggetta ai controlli dell'obbligo scolastico

Il Tar Lombardia ha respinto il ricorso di una coppia, finalizzato ad ottenere l'annullamento del rifiuto della loro richiesta di ritiro dell'iscrizione dei figli minori dall'Istituto scolastico

di Camilla Insardà

La sentenza 148/2023 del Tar per la Lombardia di Milano si concentra su un tema coinvolgente il diritto/dovere dei genitori di istruire la prole e le concrete modalità di assolvimento dell'obbligo scolastico.
Al fine di assicurare il pieno sviluppo della persona e le pari opportunità fra tutti i cittadini, l'articolo 30 della Costituzione sancisce i doveri dei genitori di istruire i figli, assicurando l'adempimento di tali compiti anche in caso di loro incapacità. L'articolo 34, invece, prevede il diritto allo studio, decretando l'obbligatorietà e la gratuità dell'istruzione di grado inferiore, per un periodo minimo di 8 anni. Tali caratteristiche vengono ribadite dall'articolo 26 della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, che coniuga il diritto all'istruzione "al pieno sviluppo della personalità umana ed al rafforzamento del rispetto dei diritti umani e delle libertà fondamentali".

Le norme interessate
I principi appena richiamati trovano esplicita attuazione in numerosi provvedimenti, a partire dal Dlgs 295/1994 (Testo Unico in materia di istruzione), passando poi per il Dm 489/2002, il Dlgs 76/2005, il Dlgs 62/2017 ed infine il Dm 5/2021.
Partendo dagli articoli 109 e ss del Testo Unico, l'istruzione inferiore obbligatoria viene impartita dalle scuole elementari e medie e ad essa sono soggetti i minori fra i 6 ed i 14 anni, anche portatori di handicap, ai quali è sempre garantito il completamento degli studi sino alla maggiore età.
L'istruzione parentale o familiare trova riconoscimento nell'articolo 111 del Dlgs 297/1994, per essere ulteriormente specificata negli articoli 1, c. IV del Dlgs 76/2005, 23 del Dlgs 62/2017 e 2 del Dm 5/2021.
Posto che il c. III dell'art. 26 della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani attribuisce ai genitori il ruolo primario nella scelta del genere di istruzione da impartire alla prole, dalle menzionate disposizioni emerge che principale forma di adempimento dell'obbligo scolastico è la frequenza di un istituto statale o non statale abilitato al rilascio di titoli di studi riconosciuti dallo Stato, ma ciò può avvenire anche in forma privata. Sia l'articolo 111 del Testo Unico, sia l'articolo 1 del Dlgs 76/2003 specificano che i genitori che intendano avvalersi del regime privatistico o provvedere direttamente all'istruzione della prole devono dar prova delle loro capacità tecniche e economiche e darne annualmente comunicazione all'autorità competente, affinché verifichi la sussistenza dei requisiti richiesti.
In aggiunta a tutto questo, l'articolo 23 del Dlgs 62/2017 impone agli studenti che si avvalgono del regime dell'Istruzione Parentale di sostenere, al termine dell'anno scolastico, un esame di idoneità per il passaggio alla classe successiva, "fino all'assolvimento dell'obbligo di istruzione". Il comma VI dell'articolo 2 del Dm 5/2021 precisa poi che l'allievo in regime di istruzione parentale deve sostenere la prova di verifica "presso un'istituzione scolastica statale o paritaria", come candidato esterno.
Tali incisi si spiegano facilmente, attraverso l'analisi del sistema di vigilanza sull'adempimento dell'obbligo scolastico, compiutamente disciplinato dall'articolo 114 del Dlgs 297/1994, dall'articolo 2 del Dm 489/2001 e dall'articolo 5 del Dlgs 76/2003.

La vigilanza sull'obbligo
Posto che responsabili del dovere di istruzione sono i genitori o coloro che ne fanno le veci, il compito di vigilare sul corretto assolvimento di tale obbligo viene attribuito al Comune di residenza e al Dirigente dell'istituto presso cui il minore è iscritto o ha fatto richiesta di iscrizione, i quali dovranno denunciare all'autorità giudiziaria, ex articolo 331 c.p.p., i casi di ingiustificato inadempimento, potenzialmente integranti il reato di natura contravvenzionale di cui all'articolo 731 c.p.
Al fine di agevolare il compito di vigilanza, il Miur ha predisposto una serie di strumenti, quali le anagrafi regionali degli studenti (articolo 3 Dlgs 76/2005), utili ai fini della "tracciabilità dei percorsi scolastici e formativi dei singoli studenti" (comma IV, letterac)).

L'istruzione familiare
Con sentenza 148/2023, il Tar per la Lombardia di Milano ha respinto il ricorso di una coppia, finalizzato ad ottenere l'annullamento delle comunicazioni del Dirigente scolastico di riscontro negativo alla loro richiesta di ritiro dell'iscrizione dei figli minori dall'Istituto, per avvalersi del regime dell'Istruzione Familiare, e di revoca dell'autorizzazione al trattamento dei dati personali con conseguente cancellazione dall'anagrafica scolastica.
Sorvolando in questa sede sulle censure attinenti la presunta violazione di norme sul procedimento amministrativo, comunque dichiarate infondate, è bene soffermarsi sulle precisazioni effettuate dal Collegio in merito all'istituto dell'Istruzione Familiare, erroneamente ritenuto dalla difesa ricorrente autonomo e distinto dall'Istruzione Parentale e come tale sottratto agli obblighi di controllo da parte della Pubblica Amministrazione.
I giudici milanesi hanno subito evidenziato come l'unica differenza fra Istruzione Parentale e Familiare, sia meramente nominativa, trattandosi di un unico istituto, la cui particolarità ne implica l'assoggettamento alla rigida disciplina sopra descritta. Proprio alla luce di tale normativa e degli scopi da essa perseguiti, l'ambizione di applicare un regime formativo inesistente, rimesso alla totale autonomia genitoriale, si è rivelata irricevibile.
Il riscontro negativo dell'Istituto a alle richieste della coppia, infatti, non è riferito alla scelta formativa in sé considerata, ma alla pretesa di eludere qualsivoglia controllo sul corretto assolvimento dell'obbligo scolastico, omettendo di trasmettere le comunicazioni annuali alle autorità competenti, evitando ai figli di sostenere l'esame di idoneità per passare alla classe successiva e chiedendo la cancellazione di tutti i dati personali dalle anagrafi scolastiche.
In conclusione, la sentenza del 13 gennaio 2023 n. 148 della III Sezione del Tar per la Lombardia di Milano non si è limitata a ribadire l'obbligatorietà dell'istruzione di grado inferiore, ma ha messo ben in evidenza la necessità che venga esercitato un effettivo controllo sull'assolvimento del dovere di istruzione (non soltanto da parte dei minori, ma soprattutto) da parte dei genitori (o degli esercenti la responsabilità genitoriale), sui quali grava quel compito educativo fondamentale, strettamente legato alla piena realizzazione della personalità e finalizzato – come precisa il comma III dell'articolo 26 della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani – alla promozione della comprensione, della tolleranza e dell'amicizia.

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