Professione e Mercato

Per gli aspiranti avvocati un altro corso (e tre esami)

di Valeria Uva

Nel percorso per diventare avvocato si aggiunge un altro passaggio. Obbligato. A fine mese, infatti, i corsi di preparazione all’esame di Stato diventano indispensabili per i tirocinanti. Tutti i laureati che si iscrivono al registro praticanti a partire dal 28 settembre devono seguire il corso di preparazione all’esame di abilitazione. Con una struttura ben precisa: 18 mesi di durata, suddivisi in tre semestri, per un totale di 160 ore. Un impegno da svolgere in parallelo con la pratica e che quindi sarà concentrato in uno o due incontri a settimana.

Da non prendere troppo sotto gamba, però, visto che ogni semestre si concluderà con una verifica e chi non la supererà dovrà “ripetere” i sei mesi. È previsto anche un esame conclusivo per il certificato di compiuto tirocinio, con il quale ci si può iscrivere all’esame di Stato. Il nuovo corso è previsto dalla legge forense (la 247/2012, articolo 43) ed è regolamentato dal Dm giustizia 17/2018.

Ma a meno di un mese dalla partenza molte cose restano da capire. Tanto che resta sul campo l’ipotesi di una proroga. La prossima settimana, ad esempio, la Camera esaminerà il decreto milleproroghe dove però è stato inserito solo il rinvio di due anni per l’esame di abilitazione senza codici commentati. A chiedere la proroga non sarà comunque il Consiglio nazionale forense, che è da tempo al lavoro e conta su questi giorni per gli ultimi dettagli (si veda l’intervista a fianco). In più, la data del 28 settembre riguarda solo i neotirocinanti soggetti all’obbligo. I corsi di fatto possono attendere fino a novembre-dicembre.

L’accesso
Resta il vero nodo: se da una parte il decreto rende i corsi obbligatori per tutti i tirocinanti (compresi, in forma ridotta, quelli che scelgono le scuole di specializzazione delle Università e chi compie il tirocinio negli uffici giudiziari), dall’altra ammette che gli Ordini possano «programmare il numero delle iscrizioni a ciascun corso». Una sorta di numero chiuso per favorire l’apprendimento che però rischia di non coprire le richieste. Milano, ad esempio, registra una media di circa mille nuovi tirocinanti l’anno. «Non riusciremo ad assorbirli tutti - premette Maria Grazia Monegat, consigliera di Ordine e scuola forense -. Stiamo lavorando per offrire 100 posti a semestre, 300 nei 18 mesi». Servono locali adatti: «Non solo per le lezioni frontali, ma per casi e simulazioni» aggiunge. L’impostazione del corso, infatti, secondo la bozza di linee guida del Cnf, dovrebbe allontanarsi dall’approccio accademico e seguire un metodo più pratico, basato su casi e atti concreti.

Accesso programmato anche a Roma che più o meno ogni anno fa i conti con lo stesso numero di neopraticanti. Anticipa Riccardo Bolognesi, direttore della scuola forense della Capitale: «Il primo modulo inizierà il 26 novembre e sarà rivolto a 150 tirocinanti, assorbendo interamente chi si iscriverà dal 28 settembre. A maggio e a novembre 2019, con cadenza semestrale, inizieranno i successivi corsi da 150 tirocinanti ogni semestre, in tutto quindi 450 persone nei 18 mesi». E gli altri? Bolognesi è sicuro: «Troveranno sicura offerta formativa presso gli altri soggetti ammessi dal regolamento». Sovraffollamento anche a Bari. «Selezioneremo 150 tirocinanti sui 400 che abbiamo in media - prevede il direttore della scuola dell’Ordine, Nicola Selvaggi -. I criteri di scelta devono essere ancora stabiliti».

I costi
Agli altri non resta che ricorrere al mercato. I corsi possono essere organizzati , infatti, anche dalle scuole di specializzazione delle Università oppure da privati accreditati sia dal Cnf (a livello nazionale) sia dagli  Ordini territoriali. Ma i costi saranno inevitabilmente più alti. Senza arrivare al modello Roma, che promette «la totale gratuità», infatti, gli Ordini si stanno sforzando di limitare al massimo l’esborso. «A Firenze rimarremo sui 360 euro», preannuncia il direttore Cosimo Papini; più o meno lo stesso importo a Bari. Cifre impensabili per i privati, che hanno una struttura di costi differente, nonostante il regolamento vieti a tutti di andare oltre il rimborso spese.  

Sul nuovo obbligo pende poi un ricorso al Tar del sindacato avvocati di Bari, sostenuto dall’Associazione nazionale forense,che intravede nel meccanismo un numero chiuso di accessi. «Ma la decisione non arriverà per il 28 settembre», spiega il segretario Luigi Pansini. Sullo sfondo resta poi il tema di un coordinamento con l’esame di Stato, che rischia di sovrapporsi alle nuove verifiche e di appesantire il cammino. Alberto Vermiglio, presidente di Aiga (giovani avvocati) non ha dubbi: «A questo punto l’esame di Stato va ripensato: deve limitarsi a certificare il percorso già fatto con la scuola forense».

L'impatto

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