Rassegne di Giurisprudenza

Marchi e brevetti: liquidazione equitativa del danno da lucro cessante

Marchi e brevetti - Contraffazione - Danno da lucro cessante - Liquidazione ante CPI - Criterio - Valutazione equitativa - Royalty - Motivazione - L egittimità .
Ai fini della determinazione del danno da lucro cessante in materia brevettuale, per le controversie soggette alle norme generali anteriori al codice della proprietà industriale, il computo dei mancati profitti del titolare del diritto leso presuppone una valutazione su base equitativa, ai sensi degli artt. 1226 e 2056 cod. civ.; ai fini di tale valutazione è consentito al giudice del merito far ricorso al criterio della royalty ragionevole, purché di tale scelta sia data congruente motivazione; tale è quella imperniata sulla necessità di considerare una minima proporzione rispetto al risultato contabile correlato alle caratteristiche tecnologiche dei trovati.
• Corte di Cassazione, Civile, sez. I, ordinanza del 23 giugno 2022, n. 20236

Beni - Immateriali - Brevetti (e convenzioni internazionali) - Violazione di privativa - In genere privativa - Contraffazione - Danni - Liquidazione - Art. 125 del d.lgs. n. 30 del 2005 - Nel testo del 2006 - Criterio della “giusta royalty” - Valore - Limite inferiore alla liquidazione equitativa - Criteri indicati dal ricorrente - Possibilità - Fattispecie.
In tema di proprietà industriale, il titolare del diritto di privativa leso può chiedere di essere ristorato del danno patito invocando il criterio costituito dal margine di utile del titolare del brevetto applicato al fatturato dei prodotti contraffatti, realizzato dal contraffattore, di cui all'art. 125 del d.lgs. n. 30 del 2005 (c.d. "codice della proprietà industriale"), nel testo modificato dall'art. 17 d.lgs. n. 140 del 2006, alla luce del quale il danno va liquidato sempre tenendo conto degli utili realizzati in violazione del diritto, vale a dire considerando il margine di profitto conseguito, deducendo i costi sostenuti dal ricavo totale. In particolare, in tale ambito, il criterio della "giusta royalty" o "royalty virtuale" segna solo il limite inferiore dei risarcimento del danno liquidato in via equitativa che però non può essere utilizzato a fronte dell'indicazione, da parte del danneggiato, di ulteriori e diversi ragionevoli criteri equitativi, il tutto nell'obiettivo di una piena riparazione del pregiudizio risentito dal titolare del diritto di proprietà intellettuale.(Principio affermato con riferimento alla liquidazione del danno da lucro cessante invocato, per la contraffazione subitane, dal titolare di una privativa industriale avente ad oggetto la fabbricazione e commercializzazione di uno specifico dispositivo avvolgitubo sulla sommità dei camion).
Corte di Cassazione, sez. I, civ., ordinanza 2 marzo 2021 n. 5666

Risarcimento del danno - Valutazione e liquidazione - Criteri equitativi - Titolare del diritto di utilizzazione economica di un'opera d'ingegno - Risarcimento del danno da illecita utilizzazione altrui - Quantificazione - Criteri - Fattispecie in materia di danno da contraffazione del marchio.
In tema di valutazione equitativa del danno subito dal titolare del diritto di utilizzazione economica di un'opera dell'ingegno, non è precluso al giudice il potere-dovere di commisurarlo, nell'apprezzamento delle circostanze del caso concreto, al beneficio tratto dall'attività vietata, assumendolo come utile criterio di riferimento del lucro cessante, segnatamente quando esso sia correlato al profitto del danneggiante, nel senso che questi abbia sfruttato a proprio favore occasioni di guadagno di pertinenza del danneggiato, sottraendole al medesimo. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza impugnata, che aveva liquidato equitativamente il danno da contraffazione del marchio con riferimento ai profitti ottenuti dal contraffattore, in applicazione della presunzione, legittima ex art. 66, comma 2, del r.d. n. 929 del 1942, applicabile "ratione temporis", per la quale, in assenza di contraffazione, quei profitti sarebbero stati realizzati dal titolare del marchio).
Corte di Cassazione, sez. I, civ., sentenza 1 marzo 2016 n. 4048