Penale

Detenzione inumana, non viene meno il danno se il detenuto non impila il letto a castello

La violazione dello spazio minimo di tre metri quadri, libero da suppellettili, che va calcolato per singolo detenuto può scattare anche se uno dei due letti singoli viene posto sul pavimento per libera scelta delle persone ristrette

di Paola Rossi

Viola l’articolo 3 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo la detenzione sofferta in una cella di dimensioni tali da non offrire il minimo di tre metri quadrati a ciascun detenuto anche se parte dell’area di movimento è occupata da un letto sovrapponibile all’altro e che per libera scelta delle persone ivi ristrette viene posto sul pavimento e non messo a castello.

Ha, quindi diritto al risarcimento chi sia stato ristretto in una cella che una volta detratta l’area occupata dai letti lasci meno dei tre metri “a testa” di pavimento libero cui hanno diritto i detenuti per il loro libero movimento.

Nel caso concreto la Corte di cassazione penale - con la sentenza n. 12849/2025 - ha perciò annullato l’ordinanza del magistrato di sorveglianza che aveva respinto la domanda di risarcimento del danno per detenzione inumana proprio rilevando la libera scelta del ricorrente di non impilare il proprio letto su quello del detenuto con cui condivideva lo spazio ristretto della cella all’interno del carcere. Va detto che il giudice del rinvio sarà tenuto comunque a valutare la sussistenza di un’eventuale compensazione dello spazio libero inferiore a tre metri per persona, che potrebbe portare alla negazione del ristoro economico richiesto. Infatti - anche al fine di prendere atto della crisi di sovraffollamento delle carceri esistente in determinati periodi - la stessa giurisprudenza Cedu consente di superare il limite spaziale insufficiente con alcuni fattori compensativi tra cui spicca la possibilità di fruire di sufficienti ore di aria libera durante il giorno.

In effetti, nel caso concreto, appare emergere un regime carcerario che consentiva 10 ore di tempo giornaliero da trascorrere al di fuori della cella. Ciò potrebbe essere rilevante per affermare da parte del giudice del rinvio che sussiste un fattore compensativo sufficiente ad annullare la violazione dello spazio ristretto subito dal ricorrente.

Infine, va notato che nella sentenza rescindente la Suprema Corte non dà alcuna considerazione esplicita sul punto che se il letto fosse stato organizzato a castello invece che diviso in due letti singoli lo spazio libero restante avrebbe raggiunto o anche superato i tre metri cui ha diritto ogni detenuto per il libero movimento all’interno della cella. Sembra emergere che tale circostanza - frutto di libera scelta - non sia rilevante al punto di vanificare il diritto a vivere in uno spazio congruo e in condizioni non degradanti.

 

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