Civile

Accettazione tacita, conta la condotta complessiva

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di Adriano Pischetola

Per accertare se c’è stata accettazione tacita di un’eredità, occorre valutare il comportamento complessivo del presunto erede. La Cassazione, nell’ordinanza n. 1438 emessa dalla Sezione VI - 2 depositata il 22 gennaio, torna sul discusso tema della rilevanza degli atti compiuti da un chiamato all’eredità ai fini dell’accettazione tacita, come regolata dall’articolo 476 del Codice civile. Esso sancisce che l’accettazione è tacita quando il chiamato compia un atto che presuppone necessariamente la sua volontà di accettare e che non avrebbe il diritto di fare se non nella qualità di erede.

Confermando il pronunciamento della Corte d’appello (che a sua volta aveva condiviso la sentenza di primo grado), l’ordinanza della Cassazione ha ribadito che doveva essere considerato idoneo il comportamento complessivo tenuto dal ricorrente, al quale veniva contestata la qualità di erede dalla controparte creditrice di sua madre, poi deceduta.

Costui infatti, come i giudici della Cassazione hanno rilevato, non solo aveva richiesto la esecuzione della voltura catastale di taluni immobili caduti in successione, adempimento che costituiva già di per sé un comportamento idoneo e sufficiente ai fini dell’accettazione, a differenza della sola denunzia di successione, che costituisce mero adempimento fiscale (Cassazione, sentenze 22317/2014; 10796/2009; 5226/2002 e 7075/1999). L’interessato aveva anche posseduto ed abitato l’immobile ove dimorava anche sua madre e da questa lasciato aveva provveduto ad assolvere gli oneri condominiali ad esso afferenti.

L’obiezione del ricorrente per il quale si trattava di possesso “pregresso” e non acquisito successivamente all’apertura della successione è sembrata irrilevante al giudice di legittimità, così come la circostanza che il ricorrente fosse risultato destinatario di una diffida ad adempiere da parte del condominio.

Quanto al possesso, la Corte ha sottolineato come esso, avendo ad oggetto un immobile caduto in successione, avrebbe ottenuto, vieppiù, l’effetto di un’accettazione presunta ai sensi dell’articolo 485 del Codice civile, anziché tacita, in mancanza - come nella fattispecie - della redazione dell’inventario dei beni relitti nel termine di tre mesi dall’apertura della successione (Cassazione, sentenze 11018/2008; 16507/2006 e 4845/2003). Quanto alla diffida ricevuta dal condominio, essa non si poneva in contrasto antitetico con il “fatto” dell’avvenuto pagamento degli oneri condominiali e quindi come tale non costituiva un argomento valido ad escludere l’operatività del comportamento concludente ai fini dell’accettazione tacita.

Alla Corte non sfugge che l’accertamento della idoneità del comportamento tenuto ai detti fini non può disgiungersi dalla valutazione della natura e dell’importanza, oltreché della finalità, del comportamento stesso e dell’atto concreto di gestione, avendone già trattato in altro arresto (Cassazione, sentenza 12753/1999). Ma proprio in quest’ottica i giudici sottolineano che nel caso in esame l’effetto dell’accettazione tacita dell’eredità non è scaturito solo dalla richiesta della voltura catastale (che pure il ricorrente aveva avanzato), ma dall’ «adempimento nel complesso delle circostanze di causa». Escludendosi così, pare di capire, un automatismo dei comportamenti allo scopo rilevanti e una loro qualificazione omologante, e richiedendosi, al contrario, una valutazione globale e specifica della condotta del chiamato.

Corte di cassazione - Ordinanza 1438/20

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