Amministrativo

Adunanza Plenaria 7/2021, la Pa risponde dei danni per ritardata conclusione del procedimento autorizzativo in caso di sopravvenienze normative che impediscano l'attività

In un simile contesto, non è affatto infrequente che, a fronte di un illegittimo silenzio, o di un diniego, l'attività di cui si chiedeva l'autorizzazione risulti successivamente non più esercitabile, per via di impeditive sopravvenienze, o ad opera di atti amministrativi generali (ad esempio una diversa pianificazione urbanistica), ovvero per mutamenti nel quadro normativo.

immagine non disponibile

di Fabio Andrea Bifulco*


I. Da quando la Corte di Cassazione prima (tramite la nota sentenza Sezioni Unite 500 /1999), ed il legislatore dopo (in seno al codice del processo amministrativo del 2010) hanno, rispettivamente, ammesso e poi disciplinato la possibilità di reclamare il risarcimento dei danni subiti per lesione degli interessi legittimi, la giurisprudenza amministrativa si è variamente interrogata sull'atteggiarsi dei relativi presupposti.

Mentre l'individuazione quantomeno teorica dei principali elementi costitutivi (azione/omissione, diminuzione patrimoniale, nesso di causalità tra i primi e la seconda, e, infine, imputabilità soggettiva) non ha destato particolari difficoltà interpretative, uno dei principali terreni di indagine è stato rappresentato dalla natura giuridica di tale responsabilità, e, in particolare, se dovesse atteggiarsi come contrattuale, o come extracontrattuale.

La scelta dell'uno o dell'altro modello importa difatti rilevanti conseguenze:

- quanto al regime probatorio, che, nel caso della responsabilità extracontrattuale, vede l'istante onerato con riguardo a tutti i presupposti risarcitori (laddove, in quella contrattuale, è sufficiente dare conto del proprio diritto, dell'esigibilità della prestazione, e della mancanza della stessa);

- e quanto al rapporto di causalità, e, in particolare, per quanto attiene la prevedibilità del danno, laddove, in ambito contrattuale, è espressamente previsto, ex art. 1225 cod. civ, che, eccetto il caso del dolo del debitore, il risarcimento è limitato al danno che poteva prevedersi al tempo in cui è sorta l'obbligazione.

Una altra tematica ricorrente riguarda la ipotesi della lesione dell'interesse legittimo pretensivo (quello il cui soddisfacimento richiede una azione della p.a., come, tipicamente, nel caso di richiesta di un titolo abilitativo).

In questo caso, è ormai consolidata opinione che, ai fini del risarcimento, non basti la mera illegittimità dell'atto esplicito di diniego, piuttosto che la violazione dell'obbligo di facere, ma che sia necessario un giudizio prognostico in ordine alla effettiva spettanza del bene della vita (cfr. tra le più recenti Cons St., sez. II, 30 marzo 2020, n. 2161).

In un simile contesto, non è affatto infrequente che, a fronte di un illegittimo silenzio, o di un diniego, l'attività di cui si chiedeva l'autorizzazione risulti successivamente non più esercitabile, per via di impeditive sopravvenienze, o ad opera di atti amministrativi generali (ad esempio una diversa pianificazione urbanistica), ovvero per mutamenti nel quadro normativo.

A fronte del che, la previsione di cui all'art.-2 bis, l. 241/1990, per il qual le pubblica amministrazioni sono tenute al risarcimento del danno ingiusto cagionato dall'inosservanza del termine di conclusione del procedimento, è solo parzialmente dirimente.
Residuava comprendere, difatti, in che termini il risarcimento potesse includere utilità perse per via di un intervento imprevedibile e di terzi, come nel caso di mutamenti del quadro normativo.

II. I profili sopra accennati trovano ora un importante chiarimento nella decisione della Adunanza Plenaria 23 aprile 2021, n. 7/2021.

La fattispecie controversa, quale decisa in via non definitiva dal Consiglio di giustizia amministrativa per la regione siciliana (sentenza n. 1136/2020), attiene al ritardo della Regione Sicilia nel rilascio della autorizzazione alla realizzazione e gestione di tre impianti fotovoltaici ai sensi dell'art. 12, d.lgs. 387/2003.

Il ricorrente aveva vittoriosamente agito contro il silenzio serbato dall'amministrazione, per proseguire anche in sede di inottemperanza.

Sennonché, nelle more del rilascio delle autorizzazioni, il d.l. 1/2012 (convertito con l. 27/2012), aveva impedito l'accesso al regime incentivante di cui al (ora abrogato) art. 7, d.lgs. 387/2003, risultando così l'investimento non più economico.

La corte siciliana ha rimesso quindi alla Adunanza Plenaria di chiarire:

- se la sopravvenienza normativa da ultimo menzionata interrompa il nesso causale tra l'inerzia dell'amministrazione nel definire i procedimenti autorizzativi, e il danno lamentato dalla società ricorrente (ossia il venir meno dei margini economici realizzabili con il regime incentivante), escludendone quindi il risarcimento;

- se la responsabilità della pubblica amministrazione abbia natura contrattuale o da fatto illecito, quale corollario per ulteriori questioni riguardanti la misura del danno risarcibile, e, soprattutto, per quanto attiene al profilo della "prevedibilità".

III. Per quanto riguarda la natura della responsabilità, l'Adunanza Plenaria ritiene che tanto quella per l'illegittimo esercizio dell'attività amministrativa, quanto quella per il mancato esercizio di quella doverosa, siano extracontrattuali, e dunque riconducibili al paradigma del neminem laedere di cui all'art. 2043 cod. civ.

A supporto di tale convinzione, l'Adunanza Plenaria muove sia dalla impossibilità di configurare una obbligazione della p.a. alla stregua di quanto alla base della responsabilità contrattuale ex art. 1218, cod. civ, sia da taluni precisi indici normativi, tra cui:

- i commi 2 e 4 dell'art. 30, c.p.a., laddove, rispettivamente, fanno riferimento al "danno ingiusto derivante dall'illegittimo esercizio dell'attività amministrativa o dal mancato esercizio di quella obbligatoria", ed al "danno che il ricorrente comprovi di aver subito in conseguenza dell'inosservanza dolosa o colposa del termine di conclusione del procedimento";

- il già visto art. 2-bis, comma 1, della l. n. 241/1990, da leggersi in combinato con l'art. 2 della medesima legge, quest'ultimo nella parte in cui (commi 9-bis, e 9-quinquies) prevede uno strumento di cooperazione con il privato istante finalizzato a superare l'inerzia dell'amministrazione, incentrato sul potere di avocazione dell'affare.

Va, peraltro, evidenziato come, in analogia con quanto deciso dall'Adunanza Planaria 3/2011 circa la cd "pregiudiziale amministrativa", la decisione affermi in chiave nomofilattica che la mancata sollecitazione del potere di avocazione ex commi 9-bis e seguenti dell'art. 2, l. 241/1990, se da una parte non rende inammissibile l'azione risarcitoria, dall'altra può assumere rilievo come fattore di mitigazione o di esclusione del danno, ex art. 30, comma 3, c.p.a.

IV La risoluzione degli ulteriori quesiti risulta come conseguenza della qualificazione extracontrattuale della responsabilità in parola.

Operata preliminare distinzione tra la cd causalità "giuridica", intesa come rapporto tra la condotta e la lesione dell'interesse protetto, e la cd causalità "materiale", ossia il rapporto tra la lesione dell'interesse ed il danno risarcibile, l'Adunanza Plenaria muove dalla considerazione del ruolo centrale dell'art. 1223 cod. civ, che, in ambito contrattuale, ammette a risarcimento solo quanto sia conseguenza immediata e diretta dell'inadempimento.

Ma, mentre tale norma è oggetto di richiamo in ambito di responsabilità extracontrattuale ad opera dell'art. 2053, cod. civ. (unitamente, agli articoli 1226 e 1227), non altrimenti avviene per l'art. 1225 cod. civ., che, nel diverso ambito contrattuale, prevede sia risarcibile il solo danno che fosse prevedibile (salvo il caso del dolo del debitore).

Ne consegue che l'ipotesi che in cui sopravvenienze normative impediscano l'attività oltre il termine di legge per la conclusione del procedimento amministrativo, lungi dal rilevare come interruzione del nesso causale, o come esimente nel senso della "imprevedibilità" del danno, viene essa stessa ad assumere fattore causativo del danno, in quanto è stato proprio il ritardo a rendere rilevante la sopravvenienza.

V. L'impatto potenziale della decisione in commento appare senz'altro notevole.

Da un lato, l'attuale situazione emergenziale si caratterizza per un alto numero di disposizioni normative che assicurano benefici o agevolazioni in ambiti di limitata estensione temporale.

Esportando ad esse la stessa ratio, ne deriva la possibilità dei privati di rivendicare il mancato ottenimento dei benefici che fosse causato da ritardi procedimentali.
Dall'altro lato, e come sopra cennato, la medesima logica appare esportabile alla ipotesi, non infrequente, in cui il fatto impeditivo derivi non già da una disposizione di legge, ma da mutamenti del quadro pianificatorio amministrativo.

* di Fabio Andrea Bifulco, Studio Legale Bifulco

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©

Correlati

Pietro Alessio Palumbo

Norme & Tributi Plus Diritto

Responsabilità PA - Risarcimento danni - Danno da ritardo - Lesione da interessi legittimi - Provvedimento illegittimo - Inosservanza dolosa o colposa nella conclusione del procedimento Amministrativo - Responsabilità da fatto illecito aquiliano e non da inadempimento contrattuale - Liquidazione del danno - Valutazione - Art. 2056 cc - art. 1223 e 1227 cod. civ.

Consiglio di Stato