Civile

Al curatore l’obbligo di presentare il bilancio se il debitore non lo redige

Una volta compilato, è tenuto ad allegarlo alla relazione ex articolo 130; il suo operato è sottoposto al controllo del giudice e del comitato dei creditori

di Filippo D’Aquino

Un ambito del Codice della crisi particolarmente conservativo è quello della governance delle procedure e, in particolare, ruolo e poteri del curatore come amministratore della procedura di insolvenza. Il legislatore ha inciso sulla responsabilizzazione degli organi di gestione in tema di durata e costi (articolo 2, comma 1, lettera l della legge 155/2017), ma è rimasto fedele all’impianto consolidatosi all’esito del Dlgs 5/2006.

Secondo questo modello, conforme al diritto dell’Ue, il debitore insolvente è spossessato e la gestione dei suoi “affari” è attribuita a un terzo amministratore (articolo 128), designato giudizialmente e soggetto, alla stregua di un ausiliario del giudice, a controllo giudiziale (articoli 1 e 7, comma 2, lettera c del Regolamento Ue 2015/848) e a vigilanza del comitato dei creditori (articolo 58°, considerando Regolamento Ue 2015/848). Il curatore mantiene questo difficile equilibrio, da un lato come avente causa del debitore insolvente e, dall’altro, come terzo rappresentante della massa dei creditori.

Al primo aspetto si ascrive la gravosa disposizione che impone al curatore di redigere il bilancio dell’ultimo esercizio, ove il debitore non vi provveda (articolo 198, comma 2), bilancio che va allegato alla relazione ex articolo 130 (la vecchia relazione ex articolo 33, legge fallimentare). Disposizione questa, che va nella stessa direzione delle norme fiscali, che impongono al curatore l’obbligo di presentare la dichiarazione Iva dell’anno solare precedente la procedura (articolo 8, comma 4, Dpr 322/1998), quella relativa alla frazione del periodo di imposta in corso all’apertura della procedura (articolo 74-bis, Dpr 633/1972) e la dichiarazione dei redditi della stessa frazione (articolo 5, comma 4, Dpr 322/1998).

Al curatore incombe inoltre – secondo la giurisprudenza prevalente e in assenza di norma espressa - anche l’obbligo di redigere la dichiarazione dei redditi del periodo di imposta precedente l’apertura della liquidazione (Cassazione, 5623/2021 e anodinamente Cassazione, 25487/2022), benché si sia rilevato (in senso contrario) che il rapporto di imposta non possa traslarsi da contribuente a curatore (Cassazione, 11590/2021).

Di particolare interesse appaiono le disposizioni che vedono il curatore come rappresentante della massa, al pari di uno statutory trustee, in cui il beneficiario è costituito dalla massa indistinta dei creditori. Conformemente alla delega (articolo 7, comma 2, lettera b, legge 155/2017), il curatore è ex lege (come indicato nella sentenza di apertura della liquidazione) autorizzato a rivolgersi, nell’interesse dei creditori, ai gestori di banche dati pubbliche e finanziarie (articolo 49, comma 3, lettera f), nonché a banche dati “ulteriori” per ricostruire le operazioni compiute dal debitore nel quinquennio anteriore all’apertura della procedura (articolo 130, comma 2), così risolvendosi alcuni dubbi emersi nella prassi sull’applicazione alle procedure concorsuali della disciplina di diritto comune (Guida alla legge fallimentare, Il Sole 24 Ore, 2016, pagine 152-153).

Nella stessa direzione pare indirizzarsi la norma che consente eccezionalmente al curatore di essere «difensore di sé stesso» nei giudizi tributari, assumendo la difesa del contribuente se ne ha la qualifica e se questo induce un risparmio di spesa nell’interesse dei creditori (articolo 128, comma 3).

Il curatore rafforza, inoltre, il ruolo di cerniera tra tribunale concorsuale e giudizi che involgano la posizione dell’imprenditore o gli organi gestori dell’impresa. Difatti è, tuttora, tenuto a redigere la relazione al giudice (articolo 130), più dettagliata che in passato, avente funzione retrospettiva di quanto accaduto prima dell’apertura della procedura. Alla relazione si aggiungono i rapporti periodici riepilogativi (“prospetti semestrali”, articolo 130, comma 9), aventi, invece, funzione prospettica dell’andamento della procedura. Non più inviati al registro delle imprese, questi ultimi vanno comunicati ai creditori, ai titolari di diritti reali e anche al debitore, nel rispetto del principio di delega secondo cui va assicurato il diritto di «informazione, accesso e partecipazione» del soggetto “insolvente” (articolo 7, comma 9, lettera c, legge delega).

Ibrida appare, sotto questo profilo, la disposizione secondo cui anche debitore e creditori possono chiedere la sostituzione del curatore «al fine di evitare conflitti di interessi», che va nella direzione - auspicata dal diritto dell’Unione (21° articolo, considerando Regolamento Ue 2015/848) e imposta dalla legge delega (articolo 7, comma 2, lettera a, legge 155/2017) - di adottare disposizioni per risolvere potenziali conflitti di interesse.

Infine, vanno segnalate le disposizioni sulla digitalizzazione, come l’istituzione del registro nazionale delle procedure (articolo 125), l’Albo dei gestori (articolo 356, attuato con Dm 3 marzo 2022, in corso di popolamento), la gestione dei mandati di pagamento (articolo 131) e il registro delle “operazioni” relative all’amministrazione della procedura (articolo 136).

Il registro sostituisce il precedente, in forma cartacea, che doveva essere vidimato da un membro del comitato dei creditori (nella prassi dal giudice delegato) ed equivale a una sorta di prima nota. Con l’eliminazione della vidimazione cartacea (un curioso caso in cui un pubblico ufficiale come il curatore si faceva attestare la cronologia delle operazioni da privato o giudice), la vidimazione è effettuata dal curatore, che vi appone mensilmente una “marca temporale”. Essendo la modifica normativa legata a quest’aspetto, deve ritenersi che le “operazioni” contenute in questa prima nota siano esclusivamente quelle di carattere contabile.

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