Civile

Alla Consulta l'imputazione per trasparenze dei redditi delle società di persone

di Giuseppe Melis e Federico Rasi

Con la recente ordinanza n. 148 del 2019, la Ctp di Genova ha rimesso alla Consulta la questione di legittimità costituzionale dell'articolo 5 del Tuir che prevede l'imputazione per trasparenza dei redditi prodotti dalle società di persone. Il casus belli è quello del socio accomandante di una Sas la cui conoscenza dell'andamento sociale viene impedita dal socio accomandatario. Da qui la lamentata impossibilità di disporre dei redditi societari. La Consulta dovrà pronunziarsi sulla compatibilità tra il porre in queste ipotesi l'obbligazione tributaria a carico del socio e il principio di capacità contributiva ex articolo 53 della Costituzione.

Non è la prima volta che il principio di trasparenza forma oggetto di scrutinio costituzionale. La Consulta (ordinanza 53/2001) lo ha ritenuto legittimo nell'ipotesi di reddito illecitamente sottratto dagli amministratori della società di persone. Il profilo della tassazione del reddito indipendentemente dalla sua percezione evoca altresì la vicenda della tassazione dei redditi da locazione nell'ipotesi di conduttore moroso, che pure ha interessato la Consulta (sentenza 362/2000).

Nel caso in esame gli spazi di intervento apparirebbero tuttavia più ridotti. Da un lato, infatti, appartiene alla fisiologia dell'impresa che agli utili maturati non corrisponda necessariamente una disponibilità di mezzi patrimoniali distribuibili a seguito dell'approvazione del rendiconto. Dall'altro lato, è indiscusso il diritto del socio a percepire la sua parte di utili dopo l'approvazione del rendiconto, il quale è immediatamente azionabile in giudizio: è peraltro proprio tale circostanza a legittimare tradizionalmente in ambito fiscale il principio di trasparenza, infatti non applicabile alle società di capitali in cui la distribuzione degli utili è rimessa alla decisione assembleare e trasforma in diritto ciò che prima era mera aspettativa.

Tuttavia, la duplice circostanza che nelle Sas l'approvazione del rendiconto spetti ai soli soci accomandatari (Cassazione 15304/2007) e che essa condizioni il diritto soggettivo agli utili, potrebbe anche indurre alla conclusione che la sua mancata approvazione in presenza di un socio accomandante cui sia impedita la conoscenza dell'andamento sociale e della stessa dimensione quantitativa del reddito, finisca per rendere inefficace la tradizionale giustificazione costituzionale del principio di trasparenza.

Se si tiene conto che la giurisprudenza di legittimità (Cassazione 1261/2016) ritiene applicabile alle società di persone la disposizione sulla responsabilità diretta degli amministratori nei confronti dei soci di cui all'articolo 2395 del Codice civile proprio nell'ipotesi di mancata presentazione del rendiconto, il punto decisivo risiederà nel bilanciamento tra la ratio del principio di trasparenza, alquanto traballante nelle ipotesi di funzionamento patologico delle Sas attinenti alla formazione ed approvazione del rendiconto, e i rimedi giurisdizionali concessi al socio accomandante nei confronti dell'accomandatario inadempiente.

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