Pronunciandosi in materia di telefonate “supplementari”, la Corte costituzionale riafferma la finalità rieducativa della pena e il divieto costituzionale di introdurre o mantenere regimi penitenziari differenziati e più severi nei confronti di detenuti per i quali non sia stata accertata, in termini di attualità, la concreta pericolosità sociale.
Con la sentenza n. 85/2024, depositata lo scorso 13 maggio, la Corte costituzionale ha deciso la questione di costituzionalità sollevata dal magistrato di sorveglianza di Padova con ordinanza n. 122 del 2 agosto 2023.
Il giudice patavino dubitava della legittimità costituzionale dell’art. 2 quinquies, comma 1, del D.L. n. 28 del 2020, convertito, con modificazioni, dalla L. 25 giugno 2020, n. 70, nella parte in cui prevede che l’autorizzazione ai colloqui con i figli minori non può essere concessa...
Argomenti
I punti chiave
- Una norma nata nel corso dell’emergenza Covid
- Il giudice rimettente rileva l’irragionevolezza della normativa censurata
- Agli occhi della Corte, chi collabora con la giustizia deve accedere al regime penitenziario ordinario alla stregua dei detenuti comuni
- La norma censurata incide anche sul preminente interesse dei figli minori d’età
- L’integrazione a opera della Corte del disposto normativo dichiarato illegittimo
- Le importanti affermazioni di principio della Consulta
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di Mariaflora Di Giovanni - Presidente dell'Unione nazionale dei giudici di pace (Unagipa)