Penale

Anche in caso di "aberratio criminis" può configurarsi il reato continuato

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di Giuseppe Amato

Non vi è ragione per negare la configurabilità dell'unitarietà del disegno criminoso che fonda la disciplina del reato continuato, allorché uno dei reati facenti parte dell'ideazione e programmazione unitaria abbia avuto un esito aberrante rispetto all'originaria determinazione delittuosa, in quanto per un mero errore esecutivo l'evento voluto dall'agente si sia verificato in danno di una persona diversa da quella alla quale era rivolta l'offesa: tale evenienza non muta, infatti, i termini dell'accertamento dell'elemento psicologico richiesto per l'integrazione della continuazione, che deve riguardare la riconducibilità a una comune e unitaria risoluzione criminosa del fatto-reato così come in origine programmato, il cui contenuto volitivo, attuativo di quella risoluzione, rimane uguale e non subisce alcuna modifica per il solo fatto che l'oggetto materiale della condotta è accidentalmente caduto su una persona diversa. Lo ha stabilito la Cassazione con la sentenza 28 gennaio 2019 n. 4119.

La Corte per giungere alle conclusioni di cui in massima è partita dal rilievo che l'aberratio ictus, prevista dall'articolo 82 del codice penale, che si verifica quando, per errore nell'uso dei mezzi di esecuzione del reato o per altra causa, l'offesa - tipica della fattispecie criminosa - è cagionata a una persona diversa da quella alla quale era diretta, postula la completa estraneità dell'errore, nel quale è incorso l'agente, al momento ideativo e volitivo del reato, e dunque alla relativa determinazione delittuosa, in quanto l'errore incide esclusivamente sull'oggetto materiale della condotta, la quale, invece di ledere il bene - interesse della persona nei cui confronti l'offesa era diretta (e voluta), lede il medesimo bene di una persona diversa.

Per l'effetto, ha ulteriormente argomentato la Cassazione, l'accertamento dell'elemento psicologico del reato deve essere effettuato con riferimento alla persona nei cui confronti l'offesa era diretta (e non a quella effettivamente lesa) e, quindi, il dolo deve sussistere esclusivamente (operando altrimenti il differente istituto del concorso di reati) nei riguardi della vittima programmata dell'azione delittuosa, avendosi poi, per una sorta di fictio iuris, la translatio del medesimo elemento psichico nei confronti della diversa persona concretamente offesa.

Parimenti, l'aggravante della premeditazione è compatibile con il reato commesso in danno di persona diversa da quella alla quale l'offesa era diretta; così come analogamente compatibile è, in materia, il concorso morale, nell'omicidio della persona diversa da quella alla quale l'offesa era diretta, del soggetto che non ha materialmente eseguito l'azione delittuosa nel corso della quale si è verificata l'aberratio, in quanto l'errore esecutivo non ha alcuna incidenza sull'elemento soggettivo del partecipe morale essendosi comunque realizzata l'azione concordata con l'autore materiale, il cui esito aberrante è privo di rilevanza ai fini della qualificazione del reato sotto il profilo oggettivo e soggettivo.

Da queste premesse, la Cassazione ha concluso, nei termini sopra riportati, per la compatibilità dell'istituto della continuazione anche in caso di aberratio ictus, valorizzando in proposito l'esigenza dell'apprezzamento della comune e unitaria risoluzione criminosa, a prescindere dagli esiti derivati, per errore in una delle vicende incriminate.

Cassazione - Sezione I penale – Sentenza 28 gennaio 2019 n. 4119

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