Il CommentoProfessione e Mercato

Anticipare la crisi a partire dal capitale umano: scomporre e fronteggiare la complessità

Precoce diagnosi della crisi, strategia di turnaround efficace, bilanciamento delle capacità produttive con soluzioni innovative orientata alla flessibilità e alla resilienza; la vitalità di lungo periodo di un'azienda è contraddistinta dal capitale umano e dal suo grado di resistenza al cambiamento

di Serena Brenci Pallotta e Paolo Fratini (*)

Con la pubblicazione in G.U. dello schema di decreto legislativo recante codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza in attuazione della Legge 19 ottobre 2017, n. 155 può dirsi, in itinere , nonostante i successivi rinvii nel debutto delle procedure di allerta, nel nostro ordinamento, un percorso di "stimolo coercitivo" volto all'emersione tempestiva dello stato di crisi aziendale con gli strumenti degli:
- adeguati assetti organizzativi, amministrativi e contabili;
- segnalazioni di creditori qualificati;
- indicatori della crisi elaborati dal cndcec [1].

Nell'ambito delle procedure volontarie invece, più recentemente il decreto legge 24 agosto 2021 n. 118 introduce lo strumento della composizione negoziata della crisi.

Tornando al decreto attuativo della legge delega n.155 del 2017, il legislatore nel definire lo stato di crisi attinge a piene mani dalla dottrina aziendalistica, da cui riprende termini e concetti che trasla nella definizione di cui all'art 2 dove definisce la crisi come "lo stato di difficoltà economico-finanziaria che rende probabile l'insolvenza del debitore, e che per le imprese si manifesta come inadeguatezza dei flussi di cassa prospettici a far fronte regolarmente alle obbligazioni pianificate".

Si richiama quindi – relativamente all'aspetto economico - una inadeguatezza dei componenti positivi di reddito alla remunerazione dei fattori prodottivi, in altri termini la difficoltà è configurabile come la situazione per cui l'apprezzamento del mercato dei prodotti o dei servizi dell'azienda è insufficiente in termini di quantità e prezzo, o piuttosto la produzione è caratterizzata da inefficienze che erodono i margini.
Altro elemento preso in considerazione è la difficoltà finanziaria (intesa come differenza tra incassi e pagamenti).

Il legislatore quindi individua nella divergenza dall'equilibrio economico - finanziario la probabilità di una insolvenza futura intesa come "lo stato del debitore che si manifesta con inadempimenti od altri fatti esteriori, i quali dimostrino che il debitore non è più in grado di soddisfare regolarmente le proprie obbligazioni."

Tornando alla definizione di crisi si coniugano nell'impostazione legislativa quindi due elementi genetici della stessa (difficoltà economico - finanziaria) con l'elemento sintomatico, di natura finanziaria legato alla inadeguatezza dei flussi di cassa prospettici, con ciò affermando che la crisi origina dalla dimensione economico – finanziaria ma è caratterizzata da elementi sintomatici esclusivamente legati alla seconda dimensione.

In uno scenario in cui è a rischio la sostenibilità dei debiti e la continuità aziendale negli orizzonti temporali indicati dalla norma, lo stato di crisi è già evidente e perdurante, pertanto intempestivo appare l'alert che il legislatore vuole far scattare, intempestività che scaturisce anche dal valore soglia che gli stessi indicatori dovrebbero assumere nei vari settori.

Seppure quindi il legislatore adotta un approccio aziendale alla crisi d'impresa, si distanzia significativamente dalla dottrina che individua nel momento di incubazione della crisi il momento in cui intervenire, l'approccio della precoce diagnosi della crisi – che contrariamente a quanto evidenziato dal Guatri – anche per una coerenza lessicale, non mostra manifestazioni rinvenibili da analisi su dati storico contabili, si basa su un esame dei dati prospettici.

Affidabili sistemi di budgeting e reporting evidenziano congiuntamente o alternativamente:
• crescenti coefficienti di impiego di manodopera e materie prime;
• riduzioni delle quantità di prodotto/servizio vendute;
• aumento dell'incidenza dei costi indiretti di produzione.

Anche prescindendo dall'approccio basato sui dati prospettici dei sistemi di controllo di gestione, la teoria aziendalistica mostra modalità previsive e strumenti più articolati di quelli dettati nel codice della crisi. Tali metodologie trovano la loro sistematizzazione nei seguenti documenti:
• principio di revisione ( ISA Italia ) 570 continuità aziendale;
• principio n° 11 delle norme di comportamento del Collegio sindacale delle società quotate del CNDCEC;
• l'OIC 6, ristrutturazione del debito e informativa di bilancio.

Schematizzando la dottrina aziendale utilizza, anche congiuntamente tre metodologie per prevedere una insolvenza futura:
• sistemi di scoring [2] ;
• approccio basato sugli indici di bilancio interpretati caso per caso da un analista;
• cd indicatori sintetici.

Ci si riferisce a solo titolo esemplificativo al rapporto tra la Posizione Finanziaria Netta[3] e l'EBITDA, [4] che consente il confronto in via sintetica tra il debito finanziario e una grandezza, seppure grossolana, comunque rappresentativa dei flussi annuali al servizio dello stesso, con lo scopo di fornire una prima indicazione di quanti anni potrebbero occorrere perché il debito possa essere rimborsato.

Nonostante le critiche di cui sopra, va comunque dato atto al legislatore che in ogni caso l'emersione, ancorché tardiva, risulterebbe comunque anticipata rispetto alla "reazione spontanea" che imprenditori ed amministratori hanno negli ultimi decenni dimostrato. Ad una fase in cui la crisi è conclamata nei fatti ma ostinatamente negata con un atteggiamento che meriterebbe un approccio socio-psicologico che disveli le cause di tale allarmante cecità, si sussegue una lunga fase di immobilismo pressoché totale che può essere evocativamente rappresentato da un composto e rassegnato corteo funebre che accompagna l'impresa al suo destino ormai ineluttabile.

L'estremo tentativo di ricorrere ad uno degli strumenti previsti dalla legge è nella stragrande maggioranza dei casi destinato a naufragare per l'assoluta intempestività con cui viene posto in essere.

Ne consegue che se il legislatore ha fatto un passo verso la "tempestiva" emersione della crisi le preoccupazioni circa l'efficacia dello strumento Ocri portano l'imprenditore a dover anticipare la reazione alla crisi in questo supportato da professionisti adeguatamente preparati.

L'obbligo di segnalazione previsto dagli articoli 14 e 15 del decreto legislativo n. 14 del 12 gennaio 2019, inizialmente fissato al 15 agosto 2020 è stato ad oggi differito all'1.1.2024

L'emergenza sanitaria determinata dalla pandemia in corso ha avuto quali primi effetti quello di procrastinare l'entrata in vigore di due delle disposizione di maggiore impatto economico e culturale contenute nel c.d. Codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza, vale a dire l'obbligo di segnalazione da parte degli organi di controllo societari e di creditori pubblici qualificati di fondati indizi di crisi aziendale.

Uno degli obiettivi del legislatore, in attuazione anche della normativa dell'Unione Europea [5], è quello di è quello di garantire «alle imprese e agli imprenditori sani che sono in difficoltà finanziarie la possibilità di accedere a quadri nazionali efficaci in materia di ristrutturazione preventiva che consentano loro di continuare a operare, agli imprenditori onesti insolventi o sovraindebitati di poter beneficiare di una seconda opportunità mediante l'esdebitazione dopo un ragionevole periodo di tempo, e a conseguire una maggiore efficacia delle procedure di ristrutturazione, insolvenza ed esdebitazione, in particolare attraverso una riduzione della loro durata».

La modifica degli assetti societari (ma in verità di tutti gli enti collettivi) è finalizzata a predisporre un sistema e una cultura che realizzi l'obiettivo prioritario del Codice, ovvero quello di permettere l'emersione anticipata della crisi, per sostenere e avviare il prima possibile soluzioni di risanamento quando l'impresa è ancora in grado di risanarsi e prima che essa diventi irrimediabilmente insolvente. "La crisi viene così collocata all'interno del più ampio sistema di gestione e controllo dei rischi, che costituisce oggi il perno della gestione e delle strategie dell'impresa".

Tornando alla necessità di muoversi proattivamente rispetto ai dettami della norma, l'impianto disegnato dal legislatore evidenzia un sistema di indici destinato a generare valanghe di segnalazioni con moltissimi falsi positivi, dove purtroppo però il falso positivo difficilmente sarebbe inquadrato come tale, ma finirebbe per generare una sorta di profezia auto-avverantesi, ove la stessa segnalazione potrebbe essere elemento determinante della disgregazione aziendale.
In altri termini, il semplice ingresso nelle stanze dell'organismo di composizione della crisi potrebbe facilmente aggravare definitivamente la situazione di un'impresa in difficoltà temporanea (o in una situazione di squilibrio perdurante e ormai connaturato). Si pensi agli effetti collegati ad una crisi di fiducia del sistema - in caso di fuga, peraltro probabile, di notizie circa l'avvenuta convocazione di fronte all'OCRI, dell'imprenditore in crisi.

Con riferimento alle suaccennate situazioni di squilibrio o inefficienza perduranti ma non letali, si pensi ad esempio: all'endemico ricorso all'indebitamento a breve termine, con elevati valori di scoperto di conto corrente, tali per cui il passivo corrente è superiore all'attivo a breve termine; alla cronica sottocapitalizzazione delle PMI; all'elevata incidenza degli oneri finanziari in presenza di un ciclo produttivo particolarmente lungo o con clienti dai tempi di pagamento biblici (leggasi PA). Quante di queste situazioni sono riscontrate, magari anche simultaneamente per lunghi periodi misurabili in lustri in imprese ad oggi ancora in bonis? Trattasi peraltro di situazioni che vanno ad influire negativamente sui valori di tre dei cinque indici previsti per l'individuazione dello stato di crisi.

L'imprenditore, se vuole avere una ragionevole possibilità di sopravvivere, deve reagire tempestivamente non solo perché la tempestività è la migliore arma per il ritorno alla creazione di valore ma anche perché l'intervento del sistema normativo – OCRI – nonostante le buone intenzioni del legislatore può rivelarsi controproducente, salvo che funga da "spauracchio" e determini reazioni motu proprio dell'imprenditore anticipate rispetto alle segnalazioni.

Una strategia di turnaround è funzionale quando l'azienda in crisi ha in suo possesso risorse attualmente sottoutilizzate e che necessitano di essere sviluppate in maniera armonica e sinergica. Per realizzare ciò, è necessario che le risorse aziendali abbiano una capacità inespressa di creare valore, tuttavia spesso queste risorse non emergono per i seguenti motivi:
¬ Carenza di imprenditorialità e managerialità;
¬ Assenza di mezzi finanziari idonei;
¬ Fattori esterni e congiunturali.

Se esistono risorse "inespresse" o delle motivazioni che possano far ipotizzare il ritorno alla creazione di valore dell'azienda in crisi può iniziare in vari stadi un processo che deve essere schematizzato come segue:
o Riconoscimento del declino/crisi e adozione di nuova leadership;
o Valutazione/analisi e scelta del turnaround fra diverse opzioni;
o Stabilizzazione della crisi;
o Ristrutturazione finanziaria e negoziazione con gli stakeholder;
o Riorganizzazione e rinnovamento strategico/gestionale;
o Recupero o rilancio sostenibile nel tempo e nuova creazione di valore [6].

La strategia, o le strategie, di turnaround che l'impresa adotta al fine di evitare la crisi dovranno essere supportati dall'attivazione anche di strumenti negoziali nei confronti dei terzi soggetti coinvolti ovvero: gli istituti bancari, i fornitori, i clienti, il personale dipendente e i collaboratori.
Posto che i debiti derivanti da rapporti di mutui ipotecari, leasing, finanziamenti a lungo e breve termine, scoperti di conto corrente, anticipazioni e simili rappresentano una delle voci più pesanti del passivo delle imprese, di ogni dimensione, le trattative con le banche sono di fondamentale importanza.

La possibilità di rinegoziazione dei mutui ipotecari, anche se prevista dal c.d Bersani bis , come ogni altra richiesta relativa ai rapporti bancari, è sottoposta all'autonomia privata con la conseguenza che l'imprenditore dovrà cercare di addivenire a soluzioni concordate con la banca al fine fronteggiare le difficoltà insorte e stabilire un nuovo equilibrio economico giuridico.

In tali situazioni si parla generalmente di rinegoziazione inteso come nuovo bilanciamento degli oneri e dei vantaggi derivanti da un contratto, rimesso alla libera iniziativa delle parti, essendo uno strumento previsto dal codice civile solo in determinate circostanze e sottoposto ai principi generali previsti dagli articoli 1374 e 1375 codice civile e dall'articolo l'art. 1467 c.c., per i contratti ad esecuzione continuata o periodica, ovvero differita.

La soluzione stragiudiziale e anticipatoria posta in essere dall'imprenditore dovrà, pertanto, essere gestita tramite accordi con i singoli istituti, sulla base delle strategie di turnaround precedentemente individuate.

Anche ove si fallisse nella strategia extraconcorsuale, anche nell'utilizzo degli strumenti ex lege è necessaria la complementarietà giuridico-aziendale.

Nell'alveo di questo filone si inserisce anche il nuovo istituto della composizione negoziata della crisi, su cui il legislatore sembra puntare molto, sicuramente tra gli aspetti positivi c'è il cd test di autovalutazione prodromico all'accesso all'istituto, che dovrebbe far acquisire consapevolezza all'imprenditore, perplessità sull'effettivo ampio utilizzo della norma in questione sono legate oltre alla endemica ritrosia con cui l'imprenditore approccia alla problematica della crisi di impresa, anche al fatto che sarà accompagnato da un professionista che non può scegliere.

Il codice della crisi prevedeva inoltre, già prima del correttivo di cui al D.L. 118/21 tra strumenti di regolazione della crisi dell'imprenditore, anche due fattispecie di accordi ovvero gli strumenti negoziali stragiudiziali costituiti dagli accordi in esecuzione di piani attestati di risanamento, regolati dall'articolo 56, che ricalcano il piano di risanamento attualmente disciplinato dall'articolo 63 comma 3 lett. d) L.F. e strumenti soggetti ad omologazione costituite dagli accordi di ristrutturazione dei debiti, regolati dagli articoli 57 e seguenti, che ricalcano l'accordo di ristrutturazione disciplinato dall'articolo 182 bis. L.F.

In una strategia di turnaround efficace la prima fase di ristrutturazione necessita della possibilità di attingere alle cause che hanno portato alla crisi della società, prima del recupero vero e proprio della redditività aziendale, al fine di non disperdere attenzione e tempo nei confronti di quei "sunk costs" che non sottendono utili risorse da valorizzare.

Del resto la stessa definizione di "crisi" [7] presuppone un accurato discernimento del problema, prima di orientarsi ad un cambiamento, sempre indispensabile in sua presenza.

I pillar fondanti nella gestione del cambiamento aziendale erano rinvenibili nel «modello delle 4 P» come People, Process, Platform, Place già in fase pre-covid, la survey annuale dell'osservatorio di Assochange 2017 individuava utilmente nelle motivazioni alle iniziative di cambiamento i seguenti fattori: riduzione dei costi-efficientamento (38,8%), nuove esigenze dei clienti (31,1%), trasformazione digitale (28%), innovazione tecnologica (20%).

Un case study dell'Harvard Business Review Italia del giugno 2019[8] fa emergere come le organizzazioni debbano fronteggiare pressioni competitive su più fronti e non possano restare focalizzate solo sulla performance di breve periodo, massimizzando redditività, efficienza e riduzione dei costi, ma debbano puntare ad una vitalità di lungo periodo grazie ad un approccio ambidestro[9] .

Si tratta di bilanciare le capacità correnti tipiche dell'exploitation, quali la massimizzazione della produttività, dell'efficienza operativa e del benessere organizzativo con la sperimentazione di soluzioni innovative tipiche dell'exploration, che possano sostenere l'innovazione di settore e la competitività, grazie ad una visione orientata alla flessibilità e alla resilienza.

Affinché questo secondo versante dell'approccio ambidestro sia possibile le barriere maggiori sono anche quelle che fanno la differenza nella sostenibilità di lungo periodo: il capitale umano e il suo grado di resistenza al cambiamento.

Mi riferisco alla resistenza al cambiamento perché trattasi della determinante maggiore che inibisce lo sviluppo della creatività, quindi dello spirito di iniziativa (essenziale per anticipare crisi esogene all'impresa) e lo sviluppo della coesione della squadra di lavoro (essenziale per fare fronte comune alle difficoltà esogene ed endogene all'impresa, mediante condivisione di dati utili e comunicazione efficace). La salvaguardia di un sano clima aziendale, la promozione di una cultura d'impresa coerente e capace di creare senso di appartenenza sono anche i primi indicatori di un marketing interno che funziona, favorendo l'attraction verso nuovi talenti e l'awareness del brand aziendale.

Un sistema orientato al performance management per raggiungere una piena aderenza fra risultati e obiettivi non può prescindere dalla realizzazione delle competenze tecniche e trasversali del suo capitale umano.

È proprio dello scorso 11 gennaio 2022 la notizia che sarà avviato un programma sperimentale triennale per abilitare l'utilizzo e la valorizzazione delle competenze non cognitive nella scuola, che è a tutti gli effetti la prima "palestra sociale" in cui si allenano le due attitudini del confronto con la diversità altrui e della partecipazione nel lavoro in team.

Per competenze non cognitive o life skills si intendono quelle caratteristiche personali dell'individuo, che entrano in gioco quando questi viene sollecitato dall'ambiente organizzativo circostante, al quale rimanda come risposta un feedback, che risente degli schemi acquisiti – in modo più o meno funzionale– dalla persona stessa.

Le competenze trasversali, come la capacità di gestire le emozioni, la gestione dello stress, la comunicazione efficace, l'empatia, il pensiero creativo e quello critico, la capacità di prendere decisioni e quella di risolvere problemi (il problem solving), sono considerate basilari perché influiscono sulla modalità con cui ciascuno trasforma le proprie conoscenze apprese in abilità comportamentali.

Secondo il "modello organizzativo 231" con l'aggiunta di un nuovo comma all'art. 2086 c.c. l'identificazione, la misurazione, la gestione e il monitoraggio dei principali rischi aziendali divengono strettamente connessi alla costruzione di adeguati assetti organizzativi, amministrativi e contabili, che ampliano le sfere di interesse aziendale e le persone direttamente coinvolte nel far emergere i segnali insorgenti della crisi d'impresa prima che questa diventi irreversibile: le abilità comportamentali tecniche - e le life skills apprese, che le rafforzano - acquisiscono un'importanza centrale al pari dell'efficacia comunicativa fra il livello decisionale e quello operativo.

La circolarità del processo comunicativo, secondo i principali assiomi coniati dal Mental Research Institute di Palo Alto (Watzlawick et al.)[10] asserisce che "non si può non comunicare" e che "ogni comunicazione ha un aspetto di contenuto e uno di relazione: l' aspetto relazionale qualifica il contenuto (metacomunicazione)". Quest'ultimo assunto traduce l'effetto pratico secondo il quale uno stesso messaggio comunicativo ha probabilità di avere o non avere successo nei confronti del destinatario a seconda delle parole che utilizzeremo e della disposizione empatica che qualifica il tono della relazione che intercorre in quel momento fra i due interlocutori.

Questo meccanismo chiarisce il motivo per cui l'efficienza di mezzi e tecnologie non si traduce necessariamente in efficacia del processo se le persone coinvolte nel funnel di vendita, ad esempio, sono in un clima emotivo teso e ostile fra di loro.

Il clima emotivo aziendale determina il grado di apertura per cui il singolo dipendente d'impresa, anello focale di tutti i processi di sana gestione produttiva, amministrativa e contabile che ne derivano, è disposto a ridisegnare i suoi personali confini emotivi per adattarsi [11] all'ambiente sociale aziendale e al contempo per lasciare che tale ambiente influenzi i propri valori e schemi acquisiti.

Se questo grado di apertura si mantiene nel tempo ad alto livello, grazie ad un clima aziendale positivo, influisce positivamente sulla motivazione intrinseca [12] (che viene dal piacere personale di adoperarsi in un'attività), sul senso di appartenenza e quindi sul livello di resilienza che ciascuno riserva alla causa comune della propria azienda, efficientando il sistema anche e soprattutto nei periodi di crisi.

Tale approccio costruisce una leadership diffusa o team leadership ("non solo in capo al capo") che si sostanzia in: responsabilità diffusa, motivazione del team verso livelli di prestazione maggiori, anticipamento del cambiamento grazie alla proattività personale e alla sinergia collaborativa coi colleghi.
Altrimenti, in mancanza di questo approccio, il collante principale fra dipendente e organizzazione resterebbe soltanto l'aspetto remunerativo, fattore insufficiente ad alimentare le dosi di motivazione e appartenenza che permettono la serenità personale e la crescita produttiva aziendale.

Il concetto di leadership, con la presa di coscienza della costante dell'incertezza e del cambiamento come regola, ha evoluto la sua definizione rispetto a come veniva concepita negli anni '80, quando era prettamente transazionale, ovvero basata su azioni correttive e ricompense per far leva sulla motivazione estrinseca [ 13] (indotta dalla gratificazione esterna): si è sviluppata come trasformazionale (ispirazione e fiducia nel e derivante dal leader) per essere ad oggi davvero efficace solo come leadership empowering e team leadership [14] la prestazione del team è stata analizzata secondo tre parametri:
1. efficacia percepita del team nel raggiungere i risultati (aspetto qualitativo legato alla collective efficacy [15] , ossia la convinzione condivisa dai membri di un gruppo nella loro capacità complessiva di organizzare ed eseguire i corsi di azione necessari per produrre un determinato livello di risultati)
2. produttività del team nello svolgimento delle attività (aspetto quantitativo)
3. apprendimento dei membri del team

I risultati condotti nell'ambito della team leadership suggeriscono che, in generale, i comportamenti orientati alle persone (person-focused) hanno un impatto superiore sulla prestazione della squadra rispetto ai comportamenti orientati ai compiti (task-focused): i task focused hanno un impatto elevato solo sull'efficacia percepita del team, mentre i person-focused incidono su tutti e tre i parametri di prestazione del team e rappresentano gli unici predittori dell'apprendimento. [16]

Ad oggi la crisi aziendale risente anche delle conseguenze pandemiche, che stanno avendo inevitabili ripercussioni sugli impianti produttivi (es. rincaro del gas con tariffa media dell'energia elettrica stimata per le imprese nel 2022 pari a 150 euro per MWh contro la media del 2021 pari a 125,5 euro per MWh) e sulla disgregazione del team in presenza, per il ricorso allo smart working che ha rivelato luci e ombre di un'organizzazione del lavoro alla quale molte imprese non erano sufficientemente preparate.

La mancata compresenza in spazi di lavoro condivisi ha fatto emergere quanto i concetti di leadership diffusa non fossero abbastanza allenati per far fronte ad una autonomia organizzativa dei membri del team, che siano già consapevoli dei risultati da raggiungere a fronte degli obiettivi da formulare, sia in squadra che individualmente per la gestione del proprio tempo quotidiano.

Le ripercussioni negative possiamo sintetizzarle per semplicità sui due estremi in base alla variabile ageing: i baby boomers (sessantenni) più legati al rapporto diretto e fisico con colleghi e collaboratori e tendenzialmente meno a proprio agio con la comunicazione web based, abituati a richiedere feedback costanti per monitorare l'avanzamento del lavoro dei propri sottoposti (col rischio di trasformare lo smart working di questi ultimi in un controllo continuo da remoto); i giovani della Z Generation (ventenni) sprovvisti di un supporto motivazionale sull'obiettivo, alla ricerca della propria identità all'interno di quella aziendale e al contempo desiderosi di sviluppare spirito di iniziativa, che si sono sentiti smarriti rispetto al clima relazionale e ostacolati nella possibilità di organizzare in modo autonomo e proficuo una nuova work-life integration.[17]

Stephen Covey, educatore e uomo d'affari, sostenne che «management è efficienza nel salire la scala del successo; la leadership determina se la scala è appoggiata al muro giusto»

Alla luce dello scenario odierno si rendono fondanti alcuni punti chiave per allenare la leadership in un contesto aziendale, possibilmente mediante il supporto di un consulente esterno, che ha un'ottica imparziale rispetto ai meccanismi interni:
1. Co-creazione dei valori dell'impresa e fondazione di un clima aziendale in cui siano chiari i ruoli di chi sta implementando gli aspetti di innovazione (exploration), rispetto a chi è orientato all'implementazione del core business (exploitation), definendo e condividendo che cosa ci si aspetta da chi e quali conseguenze derivano dalla sua prestazione.
2. Sviluppo delle competenze chiave, che sono una risorsa individuale ma anche una potenzialità modificabile dalle condizioni del contesto: quindi una risorsa collettiva e relazionale [18] .
3. Feedback prestativo: l'osservatore riconosce una competenza per valorizzare i progressi del singolo e del team e riferisce rispetto ad azioni disfunzionali al raggiungimento dei compiti utili, non penalizzando l'errore e separando la persona dall'errore compiuto. Una tecnica comunicativa molto efficace in questo senso è il feedback fenomenologico perché riferisce rispetto a ciò che si è visto e ascoltato senza giudizio di merito, riportando il proprio personale sentire rispetto all'evento (fenomeno accaduto).
4. Sviluppo dell'Assertività (saper dire di sì e di no in modo netto e al contempo garbato e rispettoso di sé e dell'altro) e dell'Empatia nelle relazioni professionali fra il livello decisionale e quello operativo.

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* A cura di Serena Brenci Pallotta, Dott.ssa in economia aziendale e counselor professionista organizzativo-aziendale, iscritta Reico n.1129 - Formatrice in benessere organizzativo, sviluppo dell'autoefficacia, orientamento professionale e bilancio di competenze.
Paolo Fratini, Professore a contratto Università degli Studi di Perugia - Dottore commercialista - revisore legale
Componente commissione «crisi d'impresa e sovraindebitamento» dell'Unione Nazionale delle Camere Civili


[1] Con esplicito riferimento alla tematica della tempestiva emersione della crisi, fulcro indiscusso della normativa introdotta col nuovo codice della crisi e dell'insolvenza, la tematica riguarda innanzi tutto la previsione di cui all'art 13, relativamente al quale il documento presentato dal CNDCEC fornisce un approccio metodologico che si articola nelle seguenti fasi:
Fase 1: verifica dello squilibrio patrimoniale attraverso la misurazione del patrimonio netto con frequenza trimestrale e sulla base di un bilancio infra-annuale. Se il patrimonio netto è negativo ne deriva automaticamente l'esistenza di fondati indizi di crisi,  e quindi la ricorrenza dell'obbligo di segnalazione. Se il patrimonio netto è positivo si passa alla fase 2;
Fase 2: calcolo del rapporto tra flussi attesi e impegni finanziari (cosiddetto DSCR), sulla base di un budget di tesoreria con orizzonte almeno semestrale. In merito al calcolo di questo indice, il documento del CNDCEC presenta due approcci diversi nella metodologia di costruzione, ma identici nel risultato: il DCSCR deve essere maggiore di 1 quando i flussi attesi a numeratore sono sufficienti a coprire gli impegni assunti a denominatore, per cui in questa situazione non ricorre obbligo di segnalazione; al contrario, se il DSCR è inferiore all'unità, il sindaco e il revisore dovranno procedere alla segnalazione all'OCRI;
Fase 3: in caso di inaffidabilità del budget di tesoreria (e conseguentemente del DSCR), devono essere esaminati gli indici sottostanti e, solamente in caso di superamento delle soglie distinte per tipologia di settore di appartenenza per tutti i cinque indici riportati sotto, si dovrà procedere alla segnalazione
a) indice di sostenibilità degli oneri finanziari, in termini di rapporto tra gli oneri finanziari ed il fatturato;
b) indice di adeguatezza patrimoniale, in termini di rapporto tra patrimonio netto e debiti totali;
c) indice di ritorno liquido dell'attivo, in termini di rapporto da cash flow e attivo;
d) indice di liquidità, in termini di rapporto tra attività a breve termine e passivo a breve termine;
e) indice di indebitamento previdenziale e tributario, in termini di rapporto tra l'indebitamento previdenziale e tributario e l'attivo.
[2] Tra i quali il più noto è sicuramente lo "Z-Score" sviluppato da Robert Altman, che si pone l'obiettivo di analizzare la probabilità di fallimento di un'impresa di tipo industriale.
Questo indicatore piuttosto longevo (risalente difatti al 1967 e di cui è possibile trovare molte interpretazioni on line) è determinato attraverso l'insieme di cinque sottoindici:
Z = 1.2X1+1.4X2+3.3X3+0.6X4+1.0X5
La facilità di calcolo dello "Z-score" risiede nel fatto che i dati necessari possono essere facilmente estrapolati dal bilancio d'esercizio. Le variabili di cui sopra sono infatti così determinate:
•X1: Capitale circolante netto / Totale attività;
•X2: Utili non distribuiti / Totale attività;
•X3: EBIT / Totale attività;
•X4: Valore di mercato del capitale netto / Totale debiti;
•X5: Fatturato / Totale attività.
Un valore di Z inferiore a 1,8 significa che l'impresa sta probabilmente andando verso una crisi irreversibile.
Imprese con indici superiori a 3 hanno probabilità di default più ridotte.
Un indice compreso tra 1,8 e 2,9 posiziona invece la società in una zona grigia, in cui non risulta ancora chiara la situazione e il cui quadro va approfondito con ulteriori strumenti di analisi
[3] La posizione finanziaria netta è data dalla differenza tra i debiti finanziari, indipendentemente dalla scadenza temporale, le attività finanziarie a breve e le disponibilità liquide. 
[4] Earnings Before Interest, Taxes, Depreciation and Amortisation e' una misura ampiamente utilizzata nel calcolo dei flussi di cassa per l'impresa. Rappresenta una misura di margine operativo lordo e consente di verificare se l'azienda realizza profitti positivi dalla gestione ordinaria, impiegato come misura di risultato operativo nel calcolo dei flussi di cassa da attivita' operative.
[5] DIRETTIVA (UE) 2019/1023 DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO del 20 giugno 2019 riguardante i quadri di ristrutturazione preventiva, l'esdebitazione e le interdizioni, e le misure volte ad aumentare l'efficacia delle procedure di ristrutturazione, insolvenza ed esdebitazione, e che modifica la direttiva (UE) 2017/1132 (direttiva sulla ristrutturazione e sull'insolvenza). In materia di armonizzazione delle procedure di gestione della crisi e dell'insolvenza del datore di lavoro con le forme di tutela dell'occupazione e del reddito dei lavoratori, si ricordano la Carta sociale europea di Strasburgo del 3 maggio 1996 ratificata ai sensi della legge 9 febbraio 1999, n. 30, che si occupa dell'attuazione dei diritti e delle libertà oggetto della Convenzione di salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali; la direttiva 2008/94/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 22 ottobre 2008 relativa alla tutela dei lavoratori subordinati in caso d'insolvenza del datore di lavoro e alla direttiva 2001/23/CE del Consiglio del 12 marzo 2001 come interpretata dalla Corte di Giustizia dell'Unione europea concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative al mantenimento dei diritti dei lavoratori in caso di trasferimenti di imprese, di stabilimenti o di parti di imprese o di stabilimenti.
[6] M. MASCIOCCHI, Il turnaround management. Come recuperare e rilanciare le aziende. Il sole 24 ore, Milano,2007
[7] dal lat. crisis, gr. κρίσις «scelta, decisione, fase decisiva di una malattia», der. di κρίνω «distinguere, giudicare»
[8] Donnarumma S.A., Palmigiani P., Cerruti C., Binci D. (2019), "Sviluppo del capitale umano e ambidexterity", Harvard Business Review Italia, giugno
[9] Leoni, F. (2018), "L'azienda ambidestra", Harvard Business Review Italia, giugno
[10] Watzlawick et al. (1971): Pragmatica della comunicazione umana
[11] L'adattamento è un equilibrio tra individuo e ambiente sociale, che si ottiene mediante meccanismi omeostatici, attraverso processi di assimilazione (incorporazione nei propri schemi mentali degli apporti ambientali) e di accomodamento (modificazione del comportamento sulla base delle richieste dell'ambiente). J.Piaget, 1967
[12] Trabucchi P. Perseverare è umano. Milano: Garzanti; 2012
[ 13] Trabucchi P. Perseverare è umano. Milano: Garzanti; 2012
[14] Argentero P., Cortese C.G. Psicologia delle organizzazioni. II edizione. Milano: Raffaello Cortina Editore; 2018] (co-costruzione dei significati e della responsabilità, autodeterminazione/autonomia, manutenzione della cultura organizzativa).
Nello studio di Burke e colleghi[ Wageman R., Fisher C.M., Hackman J.R. (2009) «Leading teams when the time is right: finding the best moments to act.», Organizational Dynamics, Jul-Sept, vol. 38 3, pp 192-203
[15] Bandura A., Self-efficacy: the exercise of control. New York: Freeman; 1997
[16] Guenzi P., Ruta D., Team Leadership. Milano: Egea; 2010
[17] Boccalari R. (2021), "Generational diversity e smart working", Direzione del personale AIDP, marzo
[18] Varchetta G., (2018), "Le competenze, una mappa per orientarsi", Direzione del personale AIDP, dicembre] che nel contesto aziendale specifico ha talvolta bisogno di privilegiare l'abilità più spiccata di ciascuno per il fine della squadra, anziché supportare tutti nel miglioramento generalizzato (goal setting). Il costrutto di competenze interpretato in una prospettiva relazionale ha nel riconoscimento un nucleo di responsabilità reciproche[ Fondazione Agnelli, Le competenze, una mappa per orientarsi. Bologna: Il Mulino; 2018