Civile

Arbitro bancario (Acf), i risparmiatori si fanno assistere dall’avvocato

Ieri la Relazione annuale dell’organismo Consob letta dal Presidente Barbuzzi. L’accesso diretto non ferma la richiesta di assistenza legale. Cala il contenzioso; risarcimento medio di 35mila euro

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di Francesco Machina Grifeo

Il contenzioso tra risparmiatori e intermediari è in calo e nel 2023, per la prima volta dal 2017, i ricorsi pervenuti all’arbitro per le controversie finanziarie (Acf) sono scesi sotto la soglia dei 1.000 (963): Lo ha detto ieri Gianpaolo Barbuzzi, presidente dell’Arbitro bancario finanziario della Consob, nel Discorso di presentazione della Relazione annuale . Il sostanziale dimezzamento del contenzioso rispetto ai primi due anni di attività è però una buona notizia per Barbuzzi: “Attesta finalmente il definitivo venir meno del contenzioso ’seriale’, generato dall’onda lunga delle crisi bancarie dello scorso decennio”, che ha fortemente gravato sull’operatività dell’Acf nel primo triennio.

Nel 2023 sono stati conclusi 1.237 i procedimenti attivati dai ricorsi dei risparmiatori e la percentuale di accoglimento si è attestata al 56,8%, rispetto al 64,1% del 2022, e sono stati riconosciuti risarcimenti per oltre 13 milioni di euro. “Sale, così, a 156 milioni di euro il totale delle somme sinora riconosciute a favore dei risparmiatori, con un valore medio dei risarcimenti di quasi 35mila euro pro-capite”.

Sotto il profilo territoriale, oltre il 45% dei ricorrenti è “risultato composto da cittadini residenti in regioni del Nord Italia”, primato assoluto alla Lombardia. Seguono, a debita distanza (poco più del 30%), gli investitori retail residenti nel Sud Italia. Infine, le regioni del Centro, con una percentuale di ricorrenti di poco superiore al 20%”. In aumento, pur restando modesta, la presenza di ricorrenti residenti all’estero.

Rilevante anche il divario di genere. “I ricorrenti uomini sono stati, infatti, il 63%” e segnala il presidente dell’Acf “la cointestazione dei rapporti patrimoniali, raramente si traduce in una cogestione effettiva della ricchezza finanziaria”. “La primazia del marito emerge con evidenza, tanto che sono stati portati alla nostra attenzione casi in cui solo il cliente-uomo è stato profilato all’intermediario, pur trattandosi di investimenti formalmente cointestati”. Tale modus operandi però sottolinea Barbuzzi “non è in linea con gli orientamenti ESMA e già da solo può radicare la responsabilità dell’intermediario sotto il profilo risarcitorio”.

Anche il 2023, inoltre, ha visto come ricorrenti soprattutto i risparmiatori meno giovani “con gli over cinquantacinque protagonisti assoluti, quali promotori di quasi il 70% dei nuovi procedimenti avviati”.

Inoltre, nonostante il procedimento davanti all’ACF abbia accessibilità diretta da parte degli interessati, in oltre il 60% dei ricorsi presentati lo scorso anno i risparmiatori “hanno conferito mandato a professionisti, in massima parte avvocati, per farsi rappresentare dinanzi all’Arbitro”. Se si tiene conto dell’intero periodo di operatività, circa 7.000 degli oltre 11.000 ricorsi pervenuti sono stati veicolati dai ricorrenti avvalendosi dell’assistenza di un terzo.

“Certamente - afferma Barbuzzi - pesa l’inadeguato livello di conoscenze finanziarie di base di gran parte dei ricorrenti che, oltretutto, si trovano a dover fare i conti con una normativa - quella in tema di prestazione dei servizi d’investimento - ad alto tasso di tecnicalità”. “Ma entra in gioco anche la “rilevanza economica degli interessi coinvolti, se si tiene conto che nel 2023 il valore medio unitario delle controversie è stato di quasi 50 mila euro, con non isolati casi di richieste risarcitorie vicine o pari al valore massimo di competenza del Collegio”.

Se dunque l’auspicio dell’Arbitro è quello di un “maggior utilizzo diretto dello strumento”, Barbuzzi aggiunge che “non vanno sottovalutati i benefici che la presenza di esperti e di operatori del diritto può arrecare nella fase del contraddittorio, laddove è capace di tradursi in un miglior apporto di elementi valutativi a disposizione del Collegio”.

Per Barbieri l’Acf ha dato buona prova di poter svolgere un “funzione alternativa al rito giudiziario”, avendo “intercettato e drenato una fetta di contenzioso consistente che, in sua assenza, sarebbe stata portata all’attenzione del giudice civile”. Ma anche, prosegue, una funzione “complementare” se si pensa ai casi di micro-conflittualità, “per i quali i costi di accesso al sistema della giustizia possono operare come efficace fattore dissuasivo, lasciando così privi di tutela interessi comunque giuridicamente rilevanti”. Per questi casi, aggiunge, potrebbe anche prefigurarsi un “iter accertativo semplificato, in grado di coniugare l’esigenza di tutelare ogni interesse con l’economicità dell’azione”.

Se poi ci sono approdi condivisi con la giurisprudenza civile in tema di prestazione dei servizi d’investimento, “sono rilevabili, tuttavia, ambiti in cui emergono sensibilità diversamente graduate”. Per esempio, in tema di informativa precontrattuale: “il nostro orientamento, piuttosto granitico oramai, è che l’intermediario debba mettere il cliente, e ciò a prescindere dal suo profilo d’investitore più o meno evoluto, in condizione di effettuare una scelta ‘in concreto’ informata”, illustrando “chiaramente e preventivamente le caratteristiche e i rischi insiti nello specifico strumento finanziario”. Sono invece “variegate” le posizioni sul punto della giustizia civile.

Altro punto di attrito sono i contratti derivati. L’orientamento ACF è che la violazione da parte dell’intermediario di obblighi informativi “non vada ad incidere sulla causa del contratto, non potendo dunque condurre alla sua nullità, rilevando semmai sotto il profilo risarcitorio. La posizione delle SS.UU. della Suprema Corte è di segno apprezzabilmente diverso”.

In punto di quantificazione del risarcimento, poi, l’Acf tende “a fare un uso non sporadico dell’art. 1227 c.c., che onera il creditore di porre in essere comportamenti attivi funzionali a mitigare l’entità del danno. Crediamo che un comportamento esigibile anche da parte di investitori al dettaglio sia quello di attivarsi per tempo, senza rifugiarsi ex ante in una passività d’azione che si tramuti, ex post, in iniziative di tipo rivendicatorio”.

Ancora, in sede di accertamento del nesso di causalità tra evento e danno, “l’approccio valutativo – prosegue Barbuzzi - è di chiara intonazione pragmatica. Il nesso è stato così escluso laddove il profilo dell’investitore è risultato “tanto evoluto da poter ragionevolmente escludere che egli avesse operato in modo non consapevole, pur in presenza di comportamenti violativi ascrivibili all’intermediario”. La Cassazione invece ha fissato una presunzione legale di sussistenza del nesso di causalità, fatto salvo il caso che l’intermediario sia in grado di dimostrare che il cliente si sarebbe in ogni caso orientato nel senso di porre in essere l’operatività controversa.

E allora, conlude Barbuzzi: “un’attività di fine tuning, potrebbe consentire di erogare un “servizio giustizia” munito, nel complesso, di un più elevato grado di certezze. Il che non può che andare a beneficio dei cittadini-investitori e delle imprese. In definitiva, del nostro sistema Paese”.

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