Assicurazione contro gli infortuni, contratto da interpretare a favore del lavoratore
La Corte di cassazione, ordinanza n. 3013 depositata oggi, accogliendo il ricorso di un dirigente detta le linee guida per l’interpretazione delle clausole ambigue
Le clausole di un contratto, nel caso di assicurazione contro gli infortuni nell’ambito di un rapporto di lavoro, vanno sempre valutate “in modo complessivo” e qualora, così considerate, presentino un “margine di ambiguità”, allora esse vanno interpretate in senso favorevole al contraente che non le abbia predisposte, nel caso il lavoratore. La Corte di cassazione, ordinanza n. 3013 depositata oggi, ha così accolto (con rinvio) il ricorso di un dirigente d’azienda contro Generali Italia che gli aveva negato l’indennizzo in quanto non aveva provato che la perdita del posto sarebbe derivata dalla malattia professionale.
Il caso era quello di un manager assunto dall’Anas come dirigente con contratto biennale con il benefit di un contratto di assicurazione contro il rischio di infortuni e malattie. Prima della scadenza dei due anni, aveva ricevuto una proposta di assunzione a tempo indeterminato, tuttavia nelle more del perfezionamento era stato colpito da un infarto ed a causa dei postumi non si diede seguito all’assunzione. Chiesto il pagamento, Generali lo rifiutò sostenendo che il contratto subordinava il diritto all’indennizzo alla circostanza che l’infortunio o la malattia avesse comportato la risoluzione del rapporto di lavoro. Nel caso specifico, invece, il rapporto sarebbe cessato per la scadenza del termine e non già in conseguenza dell’infarto.
Proposto ricorso, il tribunale gli diede ragione ma poi la Corte di appello ribaltò il verdetto non essendovi la prova del nesso tra risoluzione e malattia, concludendo dunque che la fine del rapporto era avvenuta per ragioni organizzative. A questo punto, l’ex dipendente è ricorso in Cassazione sostenendo, tra l’altro, l’erronea interpretazione del contratto che, contrariamente a quanto sostenuto dalla compagnia, non subordinava affatto il pagamento dell’indennizzo alla circostanza che la malattia avesse determinato l’interruzione del rapporto.
La Terza sezione civile, nell’accogliere il motivo, afferma che il contratto conteneva “ambiguità apparentemente non spiegabili”. Da un lato, infatti (art. 1) effettivamente subordinava il pagamento dell’indennizzo alla condizione che l’evento lesivo avesse “comportato la risoluzione del rapporto di lavoro in atto fino a quel momento”. L’art. 16 delle condizioni generali di polizza, tuttavia, imponeva all’assicurato nel caso di sinistro di allegare alla richiesta di indennizzo “la documentazione attestante l’avvenuta cessazione del rapporto di lavoro in conseguenza dell’invalidità (solo nel caso che ciò avvenga)”. E allora, argomenta la Corte, stabilire che la prova della risoluzione del rapporto va allegata alla richiesta di indennizzo “solo se sia avvenuta” lascia chiaramente intendere che possano esservi casi in cui l’indennizzo sia dovuto anche se la risoluzione del rapporto non sia avvenuta. Analoga ambiguità si ravvisa nel successivo art. 18, il quale consentiva all’assicuratore di accertare l’invalidità “nel caso in cui non si sia verificata la cessazione del rapporto di lavoro”. Anche tale previsione, prosegue la Corte, non è conciliabile con l’art. 1: se infatti non si fosse verificata la cessazione del rapporto di lavoro nessun indennizzo era teoricamente dovuto, e nessuna invalidità perciò l’assicuratore era tenuto ad accertare.
Ragione per cui, afferma la decisione, la Corte d’appello è effettivamente incorsa nel duplice vizio, da un lato, di interpretare il contratto senza valutare le clausole in modo complessivo; e dall’altro di non rilevare che le clausole, unitariamente valutate, presentavano un evidente margine di ambiguità. E allora, a fronte di una simile incertezza, conclude la Cassazione, “la Corte d’appello ha effettivamente violato l’art. 1370 c.c., interpretando il contratto in senso favorevole al predisponente, ma senza dare alcun conto, in motivazione, né di tale ambiguità, né della possibilità e, soprattutto, degli specifici argomenti per superarla, in un senso o nell’altro”. Tale articolo, infatti, rubricato “Interpretazione contro l’autore della clausola”, prevede che: “Le clausole inserite nelle condizioni generali di contratto o in moduli o formulari predisposti da uno dei contraenti s’interpretano, nel dubbio, a favore dell’altro”.