Responsabilità

Assicurazioni, legittima la clausola che subordina il ristoro alla riparazione del danno

Per la Cassazione, ordinanzan. 22621/2020, la clausola non è vessatoria e non vìola il codice del consumo

di Francesco Machina Grifeo

È legittima la clausola assicurativa che subordini il pagamento per il danno parziale all'effettiva riparazione. Lo ha stabilito la Terza Sezione civile della Cassazione, con l'ordinanza n. 22621 depositata il 16 ottobre, respingendo il ricorso presentato dal proprietario di un natante contro Unipol Sai. Confermata dunque la decisione della Corte di appello di Lecce che aveva rigettato la richiesta di indennizzo per 71mila euro, pari all'intero ammontare del danno subito dalla imbarcazione rivenduta a terzi come relitto, dopo che essa era stata rinvenuta semiaffondata al largo delle acque di Pisticci, successivamente ad un furto nel porto di Taranto dove era ancorata.

Per il giudice di secondo grado infatti non era configurabile né l'ipotesi di "perdita totale" (ex articolo 19 delle Condizioni Generali di Contratto allegate alla polizza), né quella di "abbandono" (ex articolo 20 delle C.G.A.) del natante, mentre si realizzava l'ipotesi di "danni parziali", regolata dall' articolo 21 C.G.A, con diritto all'indennizzo subordinato «non solo al verificarsi dell'evento dannoso, ma anche all'effettuazione di riparazioni da parte dell'assicurato, pacificamente mai effettuate prima della vendita dello scafo a terzi«.

Né la clausola, chiara nel suo contenuto, aveva carattere vessatorio. Essa non determinava infatti una limitazione di responsabilità rispetto al rischio assicurato, quanto piuttosto ne specificava "l'estensione e portata" in caso di danno parziale, rilevando che nel contratto di assicurazione «il rischio viene a configurarsi come possibilità dell'assicuratore di dover effettuare la prestazione risarcitoria non solo al verificarsi dell'evento previsto, ma, altresì, al concretizzarsi delle specifiche modalità positivamente o negativamente indicate».

In tal modo, osserva, la Cassazione «si comprime anche il rischio di attività speculative in danno della compagnia assicuratrice». Diversamente, le clausole abusive «sono quelle che limitano le conseguenze della colpa o dell'inadempimento o escludono il rischio garantito».

Così come infondata deve ritenersi la violazione della disciplina del Codice del consumo, secondo cui per aversi "abusività" della clausola, essa deve arrecare al consumatore «uno svantaggio unilaterale, non compensato da un corrispondente sacrificio imposto al professionista». Dunque, per circoscrivere l'area dell'«eccessivo squilibrio»», tale da rendere manifesto il carattere abusivo di una clausola contrattuale, ai sensi della normativa consumeristica, «non rileva tanto che sulla parte incomba un "eccessivo onere patrimoniale" ai fini dell'ottenimento dell'indennizzo (come invece dedotto dal ricorrente nel caso in esame), ma che non sussista una valida ragione sul piano causale per apporla (iuxta causa)» . Ma poiché, prosegue la decisione, la clausola di cui si discute «tende a coprire proprio la necessità della riparazione in caso di danno parziale, ai fini del recupero della funzionalità del bene assicurato, e dunque a rivalere il danneggiato della effettiva perdita subita, essa non pone una condizione impossibile a carico dell'assicurato e/o ad esclusivo favore di una sola parte».

ln definitiva, anche alla luce della normativa europea sui consumatori, conclude la Cassazione: «la clausola contenuta in un contratto di assicurazione, in virtù della quale viene specificamente prevista la non operatività dell'assicurazione contro i danni a determinate "condizioni", non impossibili per l'assicurato, come nel caso della liquidazione del "danno parziale" esclusivamente a seguito di spese di riparazione effettivamente sostenute, non ha carattere vessatorio qualora sia intesa a fissare preventivamente le prestazioni essenziali del contratto assicurativo; pertanto, essa non è soggetta ad approvazione per iscritto ex art. 1341, co.2, cod. civ. ed è meritevole di tutela ove non determini una situazione di eccessivo squilibrio tra le parti sul piano causale, ex art. 1322 , co. 1, cod. civ. o ex art. 33 co. 1 cod. cons.».

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