Amministrativo

Associazioni riconosciute, il requisito patrimoniale non può venir meno

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di Andrea Alberto Moramarco

Il patrimonio di un'associazione riconosciuta deve essere adeguato rispetto alle finalità che l'ente vuole perseguire. Se viene meno la consistenza minima del patrimonio, allora l'associazione non può continuare ad esistere come ente dotato di autonomia patrimoniale perfetta e deve essere cancellato dal registro delle persone giuridiche. Lo ha affermato il Tar Trieste con la sentenza 603/2014.

La vicenda - Il caso riguardava un'associazione riconosciuta operante nella tutela dell'ambiente che era stata oggetto di un provvedimento prefettizio con cui si disponeva la cancellazione dal registro delle persone giuridiche di cui all'articolo 1 del Dpr 361/2000 per «insufficienza del patrimonio» rispetto ai fini associativi. Per la Prefettura il patrimonio minimo di cui avrebbe dovuto disporre l'associazione riconosciuta, anche alla luce delle finalità per le quali è stata istituita e dell'ambito territoriale di svolgimento delle attività, sarebbe dovuto essere di almeno 60mila euro. Per l'associazione, invece, non esisterebbe alcuna imposizione normativa sul patrimonio minimo delle associazioni riconosciute e, nel caso di specie, l'apporto dei volontari renderebbe possibile le attività associative pur con pochi mezzi economici.

Le motivazioni - Il Tar condivide le ragioni che hanno portato il Prefetto alla cancellazione dell'associazione dal registro delle persone giuridiche. I giudici amministrativi ricordano la differenza che sussiste tra associazioni non riconosciute e associazioni riconosciute: quest'ultime hanno personalità giuridica, cui consegue l'autonomia patrimoniale perfetta. Ciò vale a dire che delle obbligazioni dell'ente risponde esclusivamente l'ente con il proprio patrimonio e a tal fine l'associazione è tenuta a «costituire e conservare una garanzia patrimoniale, ex articolo 2740 c.c., che sia adeguata in rapporto al tipo di attività svolta». Il patrimonio iniziale perciò deve essere congruo rispetto agli scopi dell'associazione ed essere gestito in maniera tale da «non mettere in pericolo la possibilità per i creditori di essere soddisfatti da parte dell'associazione».
E nella fattispecie, anche se non esiste una norma che fissa il requisito minimo patrimoniale per un associazione riconosciuta, il Tar afferma che il patrimonio dell'associazione è ben al di sotto degli «standard minimi» necessari per la tutela dei terzi, in quanto l'avanzo attivo non era mai stato superiore a 8mila euro, ed inoltre che i rendiconti consultivi sono «privi di quei minimi requisiti di forma che ne consentono di ritenerli idonei a certificare e documentare la situazione economica dell'associazione».

Tar Friuli Venezia Giulia – Sezione I - Sentenza 1 dicembre 2014 n. 603

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