Atti di bullismo più gravi se li commette un amico
Il Tribunale di Forlì riconosce alla vittima un risarcimento di 20mila euro a titolo di danno morale
Se a commettere gli atti di bullismo è una persona che si reputa un amico le condotte sono ancora più odiose per la capacità di minare la fiducia nel prossimo della vittima. Lo ha stabilito il Tribunale di Forlì (giudice Valentina Vecchietti), con la sentenza 962 del 21 settembre 2021 che ha riconosciuto un risarcimento di 20mila euro in via equitativa, a titolo di danno morale, in favore di un ragazzo diciassettenne, nato con fragilità psichiche, picchiato e umiliato da un amico e due conoscenti.
La vittima fu invitata a casa proprio dall’amico con la scusa di giocare a un videogioco. Ma cominciarono le violenze. Il ragazzo fu costretto a fare la doccia fredda ancora vestito, mentre gli altri tre gli sottraevano il cellulare per riprendere la scena e inviare un messaggio volgare a una sua cara amica con lo scopo di isolarlo e compromettere il rapporto affettivo con la ragazza. La vittima fu poi picchiata e costretta, dietro minacce, a leccare uno sputo per terra. La scena fu ripresa col telefonino da uno dei ragazzi, che lo minacciò di divulgare il video se avesse raccontato l’episodio a qualcuno. Infine il ragazzo venne buttato fuori di casa facendolo rotolare nel fango, ma al padre raccontò di essere caduto dalle scale per paura delle ripercussioni.
La vicenda scatenò nel ragazzo, che a scuola era assistito da un insegnante di sostegno, una forte vergogna, acuita dalla paura della diffusione del video, e i pugni provocarono lividi, escoriazioni e la rottura dell’apparecchio per i denti.
Solo dopo qualche tempo lo studente trovò il coraggio di raccontare l’episodio alla sorella che lo riferì ai genitori. Da qui i processi civile e penale davanti al Tribunale per i minorenni.
La pronuncia, emessa in sede civile, esamina le conseguenze delle violenze tra pari, ponendo l’accento sul disagio provato dalla vittima quando gli episodi sono commessi da chi sembrava essere un amico e conosceva le sue difficoltà. «È evidente - scrive il giudice - come le condotte in oggetto, perpetrando una grave intrusione nella sfera personale» di chi le subisce, a livello fisico (botte e violenze) e psichico (utilizzo del cellulare, offese) appaiono particolarmente pregiudizievoli e idonee a provocare intense sofferenze, in una persona che già, per proprie condizioni personali, patisce difficoltà nel rapportarsi con gli altri». Il danno morale poi è più grave se a commettere i fatti è un gruppo, che agisce con reciproco sostegno, commettendo violenze univocamente direzionate.
Le condotte, qualificabili nel complesso come atti di bullismo, e singolarmente come minacce, percosse, violenza privata e ingiurie, costituiscono illeciti, anche penalmente rilevanti, e perciò suscettibili di fondare una responsabilità risarcitoria anche in ambito civilistico, in base agli articoli 2043 e 2059 del Codice civile.