Penale

Atti sessuali con minori, presunta l’attendibilità del bambino con capacità a testimoniare

L’aspetto innovativo della condanna sta nel fatto che comprende perché la vittima degli abusi abbia protetto il suo carnefice difendendolo fino al punto di negare il suo vissuto nonché il su narrato

di Paola Rossi

In caso di reato di atti sessuali con minori è necessario affrontare e sciogliere il nodo della capacità a testimoniare della piccola vittima. Infatti, non solo esistono strumenti di cautela nel raccogliere la testimonianza della piccola vittima, atti a scongiurare fenomeni di vittimizzazione secondaria, ma sono anche dettate “linee guida” giurisprudenziali, derivate dalla psicologia, al fine di valutare atteggiamenti o stati d’animo del minore come indicatori positivi o meno della sua attendibilità.

In particolare, nei casi di abusi sessuali su bambini emergono circostanze contraddittorie quali, per fare un esempio su tutte, l’attaccamento affettivo o il senso di protezione del minore verso l’adulto abusante manifestatosi al momento di doverlo accusare di quell’atto che magari non è neanche compreso come di natura sessuale a causa della fisiologica immaturità e della fiducia spesso riposta verso la persona che, poi, si rivela pedofila.

Nel caso deciso dalla sentenza n. 4616/2024 dal Tribunale penale di Roma, sezione V con la condanna dell’imputato, la parte offesa del reato ex articolo 609 quater del Codice penale aveva 8 anni e gli abusi – consistiti fondamentalmente in abbracci e baci con la lingua – erano durati fino ai 10 anni di età, momento in cui la bambina aveva avuto intimo bisogno di raccontare tali ricorrenti episodi alla madre.

Nel caso concreto il Pm aveva richiesto la consulenza tecnica sulla capacità a testimoniare della piccola come raccomanda - in maniera non vincolante per il giudice - la Carta di Noto in caso di vittime infradodicenni. L’esito positivo della valutazione del consulente aveva rafforzato la base dell’accusa mossa dalla stessa minore contro l’imputato. Infatti, chiarisce la sentenza che il narrato della piccola vittima è sorretto dalla medesima presunzione di veridicità applicabile a qualsiasi testimonianza. Il giudice deve solo rilevare eventuali contraddizioni con altre prove di eguale valenza e nel caso di deposizione del minore è tenuto all’ulteriore esame critico della sua capacità a testimoniare.

Sia nel racconto alla madre sia successivamente, in sede di testimonianza protetta, era emersa tanto la preoccupazione della piccola per le conseguenze che avrebbe subito l’imputato a causa delle sue rivelazioni quanto la sua necessità intima di esprimere che lei comunque voleva bene all’uomo sessantenne che l’avvicinava abitualmente sul pianerottolo in quanto vicino di casa.

Come sempre - a fronte di quelle che possono apparire contraddizioni - la difesa di chi è accusato di un così odioso delitto si appunta sulla mancanza di credibilità della parte offesa in quanto, appunto, apparentemente contraddittoria e per questo non credibile.

Ma va detto che, al contrario, non incide sulla verità del racconto di un bambino la manifestazione di sentimenti contraddittori nel muovere un’accusa o raccontare esperienze magari non connotate da violenza costrittiva, ma di cui il bambino percepisce senza capirla l’ambiguità del comportamento dell’adulto pedofilo che di norma avvicina la piccola vittima con metodi melliflui e accattivanti. A ciò, si deve aggiungere che nell’infanzia lo stimolo sessuale non è diverso da qualsiasi altro stimolo venga provato. Cioè la connotazione di inviolabilità della sfera sessuale non è anticipatamente compresa dai bambini abusati anche se lo stato d’animo che segue alla condivisione della propria sfera sessuale con un adulto gli disvela piano piano l’ingiustizia dell’atto commesso dall’adulto. L’attenzione per il carnefice se non addirittura l’affetto verso di lui sono invece tipici sintomi dell’essere stati vittima di abusi che toccano la sfera più intima della persona e che sono socialmente fonte di vergogna anche per chi li subisce.

L’odioso fenomeno della pedofilia è anche fonte di rischio di repliche del reato proprio da parte di chi ha subito da piccolo l’intrusione di un adulto nella propria sfera sessuale.

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