Auto con targa estera sequestrata anche con doppia residenza
Le sanzioni per i residenti in Italia che guidano veicoli con targa estera si applicano in modo restrittivo e non escludono quelle doganali ( se il mezzo è immatricolato in uno Stato extra-Ue), la schedatura preventiva dei clienti dei noleggi non va fatta per alcuni autocarri e bus e pure gli eredi in attesa di perfezionare il passaggio di proprietà hanno la responsabilità solidale sulle infrazioni stradali ora prevista per l’intestatario temporaneo. Sono alcune tra le istruzioni più importanti del ministero dell’Interno sulla stretta per le targhe estere e le altre norme del decreto sicurezza (Dl 113/2018) che riguardano la circolazione stradale. Sono contenute nella circolare 300/A/245/19/149/2018/06, di ieri. Istruzioni anche dettagliate, che però non risolvono tutti i problemi connessi al Dl, soprattutto sulle targhe estere: oltre ad approfondimenti da condurre con la Motorizzazione, occorrerà correggere la norma.
Targhe estere
La circolare avverte che le norme doganali non solo si applicano ancora, ma hanno anche «preminenza» rispetto al Codice della strada. Quindi, il veicolo non sarà sequestrato dagli organi di polizia stradale, ma da Guardia di finanza o uffici delle Dogane. In quest’ultimo caso, al termine del sequestro, non ci dovrà essere restituzione all’interessato, ma andrà avvisato un organo di polizia affinché proceda con le nuove sanzione introdotte dal Dl, fino eventualmente alla confisca.
Il sequestro previsto dalle norme va qualificato come amministrativo, quindi le sanzioni per chi circola nonostante il mezzo gli sia stato solo affidato in custodia sono quelle previste dall’articolo 213 del Codice.
Per calcolare i 60 giorni di residenza in Italia dopo i quali ora scatta il divieto di guida con targa estera, si considera la residenza anagrafica. Ma la circolare ammette in alternativa la residenza normale, ovviamente per i soli cittadini Ue. Nei casi dubbi durante il controllo su strada, l’interessato dovrà riempire un modulo in cui dichiara o autocertifica la sua residenza attuale e la data in cui l’ha assunta; se dichiara di risiedere all’estero, deve indicare anche una dimora temporanea o un domicilio in Italia. Si faranno poi accertamenti.
Interpretazione restrittiva per chi ha doppia residenza: la sola presenza nei registri anagrafici italiani (se gli agenti la scoprono) comporta le sanzioni, che quindi si applicano pure a chi ha anche residenza estera.
Le deroghe previste dal Dl sono tassative. Quindi, tra i documenti che consentono anche a chi risiede in Italia la guida di un veicolo con targa estera non ci può essere un atto di comodato redatto dall’intestatario straniero o qualunque altro atto non citato dal nuovo articolo 93 del Codice della strada.
Le sanzioni si possono pagare con lo sconto del 30% entro cinque giorni, ma se poi l’interessato non mette il veicolo in regola entro 180 giorni (ipotesi in cui si arriva alla confisca, che esclude lo sconto), si perde il diritto: la somma già versata sarà considerata solo un acconto e la sanzione raddoppia rispetto al consueto minimo.
Il fatto che il nuovo articolo 93 ponga il limite dei 60 giorni di residenza non mette comunque al riparo da tutte le sanzioni chi si è appena stabilito in Italia: resta applicabile l’articolo 132 del Codice della strada (peraltro anch’esso modificato dal decreto sicurezza), che consente per un solo anno la permanenza sul territorio nazionale di un veicolo con targa estera. Quindi, nei (rari) casi in cui si riesca a dimostrare la data di inizio della permanenza con elementi che smentiscano la presunzione spesso adottata nella prassi (secondo cui l’arrivo del mezzo in Italia coincide con il cambio di residenza dell’intestatario), possono comunque scattare le sanzioni previste dall’articolo 132.
Visto che il mezzo ha targa estera, tutte le sanzioni vanno pagate seduta stante (anche a titolo di cauzione, se s’intende fare ricorso), pena il fermo amministrativo che termina solo col versamento del dovuto o in ogni caso dopo 60 giorni. Lo prevede da sempre l’articolo 207 del Codice. Ma che cosa accade quando il trasgressore non paga la sanzione ora prevista per i residenti in Italia che circolano con targa estera? Vanno applicati contemporaneamente sia questo fermo sia il sequestro previsto per questa specifica infrazione dall’articolo 93? La circolare afferma che è preferibile il solo fermo, “congelando” il sequestro fino a quando il fermo resta efficace (altrimenti occorrerebbe redigere un verbale di sequestro per un veicolo che non può essere sottoposto alla relativa procedura, essendo obbligatoriamente oggetto di fermo). Ma poi i 180 giorni dopo i quali scatta la confisca per chi non targa il mezzo in Italia né lo riporta all’estero non iniziano a decorrere da quando il sequestro diventa operativo al posto del fermo: il conto parte sempre dalla data dell’infrazione. Inoltre, nonostante il fermo scatti subito, il trasgressore deve essere autorizzato a prelevare le targhe, in modo da poter già avviare la nazionalizzazione in Italia o richiedere le targhe provvisorie per il rimpatrio.
Quando il trasgressore non paga subito ma in un momento in cui ha già attivato queste procedure, deve comunque stare attento a ritirare il mezzo sequestrato (che si trova affidato al custode-acquirente) entro i cinque giorni successivi alla comunicazione di deposito. Altrimenti scatta comunque l’automatismo previsto, secondo cui dopo i cinque giorni il veicolo diventa di proprietà del custode-acquirente.
Quando invece nazionalizzazione o rimpatrio non sono stati avviati, è l’interessato a dover prendere in custodia il veicolo entro cinque giorni (pagando le spese di deposito) e l’organo di polizia disporrà il sequestro previsto dall’articolo 93 affidando il mezzo a persone idonea.
Più morbida l’interpretazione sull’obbligo di tenere a bordo documenti che dimostrino l’esistenza di condizioni per fruire della deroga: un contratto di leasing con società Ue o See che non ha una sede in Italia o rapporto di lavoro o collaborazione di un residente in Italia con un’impresa Ue o See senza sedi in Italia che ha concesso in comodato al lavoratore un mezzo con targa estera. La circolare afferma che non si può realmente pretendere la presenza a bordo di tali documenti (nonostante dalla norma si potesse anche dedurre il contrario), per cui non si può applicare la sanzione di solito prevista dall’articolo 180 del Codice per la mancanza di documenti obbligatori. La carenza può essere gestita con la consueta procedura di richiesta informazioni delineata dallo stesso articolo: si assegna un termine al conducente e, se esse non vengono fornite, si applicano le sanzioni che sarebbero scattate sin dall’inizio se si fosse subito accertata l’inesistenza di documenti, titoli, requisiti eccetera.
Larghi anche i criteri sul leasing, ammesso anche a persona giuridica con sede in Italia. In questo caso, come conducente si ammette un dipendente, socio o collaboratore o una persona con «cariche sociali documentate». È prevedibile però che, nell’ampia varietà di casistiche cui così si apre la porta, restino situazioni incerte. In ogni caso, va ricordato che con il decreto sicurezza il leasing è stato di fatto “promosso” a scappatoia ufficialmente riconosciuta per continuare a utilizzare veicoli con targa estera eludendo tributi e altri oneri italiani.
È confermato che le nuove sanzioni si applicano anche a casi che nulla hanno a che fare con l’elusione fiscale e di altri obblighi, che è lo scopo primario della norma: basta anche guidare per un semplice giro l’auto di un parente venuto in vacanza dall’estero. Ma i veicoli con targa CD, CC, EE e AFI Official si considerano italiani.
Confermato esplicitamente pure che la normativa non si applica agli italiani iscritti all’Aire (Anagrafe italiani residenti all’estero): la circolare richiama l’articolo 134, comma 1, del Codice della strada, che consente loro di mantenere in Italia veicoli con targa estera a loro intestati.
I vuoti che restano
La circolare non può affrontare altre questioni molto spinose che derivano da come è formulato il decreto sicurezza. Dalla scappatoia del leasing alle procedure per nazionalizzare il veicolo o rimpatriarlo, fino al problematico status dei veicoli con targa San Marino e Vaticano.
Non sono state stabilite procedure ad hoc, per cui c’è il paradosso che chi vuole nazionalizzare deve segnalare la sua pratica all’agenzia delle Entrate come se avesse acquistato un veicolo che in realtà è già suo da tempo. Spesso capita che il proprietario del veicolo non sia il guidatore ma qualcuno che vive nei Paesi dell’Est, che per le norme italiane dovrebbe essere lui a curare la nazionalizzazione o cedere il mezzo a chi lo utilizza realmente in Italia. Qui non è ancora chiaro quali documenti vadano prodotti, per cui di fatto c’è il rischio che si firmino dichiarazioni anche a nome di persone assenti, anche perché gli uffici della Motorizzazione non hanno mezzi per controllare e ancora peggiore è il rischio di bloccare tutto in assenza di soluzioni garantite. Poi però il veicolo va anche iscritto al Pra, dove non è detto che venga accettata la stessa documentazione che va bene alla Motorizzazione: la prassi dell’ente richiederebbe la presentazione di documenti più “garantiti”, come fatture, atti notarili. C’è poi il problema che per nazionalizzare l’Italia ha fissato un requisito contrario alle norme Ue: prevede che il mezzo risulti già radiato all’estero, mentre la direttiva 99/97 stabilisce che invece debba essere cancellato nello Stato di provenienza solo dopo aver ottenuto i documenti dello Stato di destinazione.
Non va meglio a chi decide di rimpatriare il veicolo: dato il ritiro di targhe e documenti, occorre chiedere alla Motorizzazione quelli provvisori (il foglio di via col percorso da seguire sino al confine italiano e la cosiddetta targa di cartone). Li si ottiene, ma poi non si riesce a trovare una polizza Rc auto temporanea: le assicurazioni italiane non sono ancora pronte per questa situazione particolare (normalmente le targhe di cartone vengono utilizzate da soggetti qualificati e affidabili, come costruttori, enti di ricerca eccetera). Non resta che cercarsi una compagnia nel Paese di origine, che sia disposta ad assicurare il mezzo sul solo numero di telaio. Chi non ci riesce sta ricorrendo al trasporto con bisarche. E qualcuno, se il mezzo vale poco, lo sta abbandonando in autostrada, dove c’è la certezza che venga rimosso a spese del gestore della strada e messo in sicurezza, evitando le complicazioni e i costi di una demolizione a cura del proprietario.
Esenzioni dalla schedatura
La schedatura dei clienti dei noleggi non va fatta per veicoli trasporto merci conto terzi con peso complessivo oltre le 3 tonnellate e per bus con più di nove posti locati con conducente.
Documento: Circolare Dl 113-2018